Articolo Sito - Consultorio Psicologico Antera Roma

Articolo Sito

Il vostro contributo può essere davvero prezioso, può dare un'opportunità di cura a chi non può accedere alla psicoterapia per difficoltà economiche o a chi fa fatica a dare continuità al suo percorso, trovandosi costretto a diluire le sedute nel tempo o ad interrompere totalmente il supporto psicologico.

Cosa fare per destinare il 5×1000 al Consultorio Antera?

Qualsiasi contribuente può sostenere le associazioni di promozione sociale (APS) attraverso il meccanismo del 5×1000.

E' molto semplice: tutti i modelli per la dichiarazione dei redditi (Modello Unico, 730, CUD, ecc.) contengono un apposito riquadro dedicato al 5 PER MILLE.

Bastare firmare nella casella “SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE ISCRITTI NEL RUNTS DI CUI ALL’ART. 46, C. 1, DEL D.LGS. 3 LUGLIO 2017, N. 117, COMPRESE LE COOPERATIVE SOCIALI ED ESCLUSE LE IMPRESE SOCIALI COSTITUITE IN FORMA DI SOCIETA’, NONCHE’ SOSTEGNO DELLE ONLUS ISCRITTE ALL’ANAGRAFE”.

Inserisci il Codice Fiscale del CONSULTORIO ANTERA APS:  97283680581

Quanto costa destinare il mio 5X1000 a Consultorio Antera APS?

Non costa nulla, ma può fare davvero la differenza.

In realtà, l’importo è già stato pagato, ma la dichiarazione dei redditi vi dà l'opportunità di decidere che le vostre tasse vadano a supportare chi si trova in difficoltà economiche e non può prendersi cura adeguatamente della sua salute psicologica o magari non riesce a sostenere il proprio figlio che necessità di aiuto psicoterapeutico.

 

Si legge nell'articolo 1 della L.56/89: "La professione di Psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito".

Lo Psicologo opera sia nel settore privato (come libero professionista o esercitando in strutture private e/o convenzionate), che nel settore pubblico (Aziende U.S.L., Servizi socio-sanitari dei Comuni, Province, Regione ed altri Enti locali).

Lo strumento principale è il colloquio, che può avvalersi anche di strumenti di misurazione come test, questionari e scale di misurazione.

Lo psicoterapeuta può essere sia psicologo, che medico.

Se psicologo, lo psicoterapeuta ha, dopo essersi laureato e abilitato, conseguito la specializzazione e la qualificazione in psicologia clinica e psicoterapia, il che significa che oltre agli approfondimenti specialistici propri della specializzazione clinica, egli ha seguito per almeno 4 anni una formazione qualificante psicoterapeutica, in uno dei vari indirizzi della psicoterapia.

In particolare, inoltre, per divenire psicoterapeuta, egli si è sottoposto ad un'analisi personale, sia per sperimentare in prima persona su di sè l'applicazione della psicoterapia e sia per individuare e risolvere le proprie discrasie psicologiche, prima che gli venga consentito di cominciare a seguire dei pazienti.

Da alcuni anni in Italia questo percorso è stato regolamentato per legge, per cui attualmente la specializzazione e la qualificazione in psicoterapia, dopo la laurea, possono e devono essere conseguite, sia presso le scuole di specializzazione universitarie e sia presso le scuole private che abbiano ottenuto il riconoscimento dallo Stato.

In ogni caso, durante la fase finale di formazione, il futuro psicoterapeuta normalmente comincia a seguire i primi pazienti sotto la supervisione dei didatti e normalmente è prassi diffusa e in alcuni casi obbligo, che il terapeuta già qualificato, si sottoponga a supervisione clinica e personale, periodicamente, per tutta la sua vita professionale.

Se medico, lo psicoterapeuta segue dopo la laurea e l'abilitazione, esattamente lo stesso percorso già descritto per lo psicologo.

Nel suo caso, però, gli è possibile, oltre che conseguire la specializzazione in psicologia clinica, scegliere di conseguire in alternativa la specializzazione in psichiatria o altro.

Una volta formatosi, lo psicoterapeuta, da qualsiasi delle due facoltà universitarie provenga, è uno specialista qualificato alla diagnosi e cura dei disturbi psichici e delle malattie mentali.

Lo psicoterapeuta psicologo può affiancarsi ad una o più figure mediche.

Nel caso in cui si ritenga necessaria la somministrazione degli psicofarmaci, è importante che ciò non avvenga da parte del medico in funzione isolata rispetto alla contemporanea psicoterapia: una buona sinergia fra psicoterapeuta e medico psichiatra risulta essere fondamentale.

Formazione continua

Gli Psicologi che sono impegnati nelle strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale o in strutture private convenzionate hanno per legge l'obbligo di una formazione continua specifica, attraverso il cosiddetto programma E.C.M.” (Educazione Continua in Medicina) che si basa su “crediti formativi” valutati dal Ministero della Salute.

Anche agli Psicologi liberi professionisti, quali sono quelli che formano l'equipe del Consultorio Antera APS, sono tenuti, come professionisti sanitari, alla formazione continua accreditata dal Ministero della Salute attraverso l’obbligo formativo ECM.

Al di là degli obblighi di legge, gli Psicologi hanno da sempre una tradizione che porta a dedicare un congruo periodo di tempo alla propria formazione continua attraverso corsi, convegni, seminari e la supervisione di casi clinici. Tutto ciò sia per garantire a se stessi le capacità professionali richieste dalla rapida evoluzione che la Psicologia ha subito in questi anni, sia per garantire ai cittadini risposte e prestazioni corrette, competenti ed efficaci.

Che cos'è il mobbing?

Il mobbing è un fenomeno ormai molto diffuso in Italia e consiste in un vero e proprio terrorismo psicologico nell’ambiente lavorativo.

Questo fenomeno si viene a creare attraverso un processo di azioni conflittuali, comportamenti più o meno apertamente scorretti e persecutori, atteggiamenti ostili e poco etici, in cui la persona attaccata (il cosiddetto “mobbizzato”) è messa in una posizione di debolezza e di mancanza di difese, aggredita con quotidiani attacchi esercitati dal “mobber” (superiori o colleghi) protratti nel tempo, il cui fine è l’espulsione della vittima dal luogo di lavoro.

Si possono distinguere due tipi di mobbing: quello verticale (o bossing), in cui la violenza psicologica viene effettuata da un superiore, e quello orizzontale, quando l'azione discriminatoria è messa in atto dai colleghi.

La vittima di questa violenza si viene così a trovare in una condizione di isolamento sociale e di emarginazione, con forti ripercussioni sulla sua salute psicologica, psicofisica, e sull’ambiente esterno al posto di lavoro, coinvolgendo quindi anche la famiglia (“doppio mobbing”).

Caratteristiche del mobbing

Gli avvenimenti mobbizzanti devono ricorrere con una determinata frequenza (almeno una volta a settimana) e nell'arco di un lungo periodo di tempo (almeno per sei mesi).

Si inizia con un saluto negato, battute che sono insulti, scherzi troppo pesanti, i colleghi ignorano o guardano male il dipendente, i capi sono insoddisfatti, il lavoro non procede e l'ansia di sbagliare aumenta gli errori commessi.

Altre pratiche diffuse sono fornire volontariamente attrezzature di lavoro di scarsa qualità, computer e stampanti che si guastano, arredi scomodi, ambienti male illuminati, spesso si rende irreperibile anche l'assistenza tecnica.

Anche l'assoggettamento gerarchico ad un collega meno esperto, l'interrompere una discussione in corso nel momento in cui la vittima entra nella stanza, il tagliarlo fuori da attività nelle quali era coinvolto sono strategie per creare una forte quantità di stress in modo da allontanarlo definitivamente dall’ambiente lavorativo.

Cause ed effetti del mobbing

Gli effetti sul mobbizzato sono molteplici. A livello psicofisico i più frequenti sono disturbi del sonno (insonnia ed ipersonnia), disturbi dell’alimentazione (anoressia e bulimia), emicranie, tic nervosi, dermatiti, gastriti, ansia, stress, attacchi di panico e disturbi dell’umore.

Se vi accorgete che da soli non riuscite a sopportare troppo carico di stress, potrebbe essere di fondamentale supporto una psicoterapia.

Mobbing associazioni

Come accennato sopra, esistono strutture fondate con il preciso scopo di salvaguardare le vittime di mobbing.

Citiamo alcune di queste associazioni al fine di orientare le persone interessate:

  • MOBBING d.i.c.: Associazione Nazionale contro il Mobbing;
  • PRIMA: Associazione italiana contro mobbing e stress psicosociale;
  • Movimento Italiano Mobbizzati Associati: Associazione indipendente per prevenire e combattere la violenza morale sui luoghi di lavoro;
  • Osservatorio Nazionale Mobbing-Bossing: associazione senza fini di lucro per la difesa, la tutela e l’assistenza a coloro che subiscono violenza psicologica sul posto di lavoro.
La sindrome del burnout

Il burn out (letteralmente vuol dire “scoppiato”, “bruciato”, “esaurito”) è definito come una sindrome di esaurimento emotivo, cedimento psico-fisico e ridotta realizzazione personale, che può insorgere in coloro che svolgono una professione basata sulla "relazione d'aiuto" tra operatore e utenti "disagiati".

Tali attività lavorative implicano un intenso coinvolgimento emotivo, responsabilità morali e stress molto elevati, che spesso, se non sussistono adeguate misure di prevenzione, possono indurre sensazioni di ansia, paura, frustrazione o disperazione. In casi estremi tale sindrome può implicare gravi danni psicopatologici (insonnia, problemi coniugali o familiari, incremento nell’uso di alcol o farmaci) e deteriorare la qualità delle cure o del servizio prestato dagli operatori.

Sono molti i professionisti socio-sanitari a rischio di burn-out, ma quelli più esposti sembrano essere operatori di comunità, educatori, insegnanti, riabilitatori psichiatrici, assistenti sociali e infermieri, in quanto sono professionalità caricate da una duplice fonte di stress: il loro stress personale e quello della persona aiutata.

Ciò che può influenzare lo sviluppo del burn out è l’interazione tra le caratteristiche del soggetto e l’ambiente, che determina una risposta più o meno positiva che può andare da una condizione di adattamento, ad una di disadattamento fino allo sviluppo del burn out.

Burnout come affrontarlo

Quando ci si accorge di essere vittime della sindrome da burn out è molto importante fermasi e capire che richiedere un aiuto può dare un valido sostegno.

Può essere molto importante rivolgersi ad un medico o ad una struttura per effettuare una diagnosi o trovare forme di prevenzione a ricadute o al riproporsi dei sintomi tipici. I più efficaci metodi di cura e prevenzione sono quelli che riguardano il singolo individuo e l’organizzazione in cui questo lavora.

Sul piano individuale è importante mantenere vivo il contatto con i colleghi di lavoro, organizzare bene i propri compiti, dedicarsi di più al tempo libero e, se necessario, chiedere aiuto a professionisti esterni, come ad esempio a psicologi.

Migliorare, invece, la struttura socio-organizzativa è fondamentale per chi è responsabile delle risorse umane, in quanto previene il disagio del lavoratore e dunque migliora la qualità globale del servizio.

Consigli per chi soffre di burnout

L’aiuto più efficace per la persona è sicuramente un intervento da parte di un professionista, che possa fornire strumenti che permettano una comprensione del problema e del legame tra il proprio comportamento ed il contesto lavorativo.

Una volta acquisite e messe in pratica le modalità più efficaci di comportamento, è molto utile valutare anche quanto tempo si sta dedicando al lavoro più del dovuto e dedicarsi maggiormente a se stessi, ai familiari e agli amici.

Inoltre, si può cercare di far diventare un’abitudine il dedicare più tempo a se stessi, concedendosi totale rilassamento e sviluppando i propri interessi, senza tornare ai problemi legati al lavoro.