CHE COS’E’ L'OBESITÀ
L’obesità è una malattia cronica determinata da un eccesso di massa grassa distribuita in maniera differente nei vari distretti corporei. Per parlare di obesità l’eccesso di peso deve superare del 20% il peso ideale per l’altezza, anche se il parametro più semplice e più utilizzato per definire il grado di obesità è l’Indice di Massa Corporea, che ricordiamo si calcola con la seguente formula:
peso (in Kg): altezza al quadrato (in m)
Ricordando che la normalità è considerata compresa tra 18,5 e 24,9, oltre quest’ultimo punteggio distinguiamo:
- Sovrappeso: Indice di Massa Corporea compresa tra i valori 25 e 29,9
- Obesità moderata di primo grado: Indice di Massa Corporea compresa tra i valori 30 e 34,9
- Obesità severa di secondo grado: Indice di massa Corporea compresa tra i valori 35 e 39,9
- Obesità grave di terzo grado: Indice di Massa Corporea superiore a 40.
In base a tali parametri risulta essere alquanto diffusa e a differenza di anoressia e bulimia non ha un esordio specifico in adolescenza: infatti in circa il 75% dei casi è una condizione che ha inizio prima dei sei anni di età. Certamente il periodo adolescenziale costituisce un momento delicato per il soggetto obeso, che può sperimentare una motivazione del tutto personale a rivolgersi ad uno specialista e ad intraprendere una dieta, anziché subire passivamente le pressioni dei familiari.
L’obesità non viene definita in maniera univoca: l’orientamento comune è che al di sopra di un certo peso corporeo la si debba considerare una patologia cronica al pari del diabete o dell’ipertensione arteriosa, poiché i soggetti obesi risultano avere un’aspettativa di vita ridotta ed una qualità della stessa compromessa.
La distinzione che a noi interessa tra Disturbo d’Alimentazione incontrollata e obesità è in realtà molto sottile: non tutte i soggetti obesi hanno una condotta caratterizzata da abbuffate compulsive così come sono state descritte precedentemente, mentre praticamente tutti i pazienti affetti da Disturbo d’Alimentazione incontrollata sono in sovrappeso o obesi. Di fatto avviene che anche questi ultimi, quando richiedono una terapia, lo fanno prima di tutto per ridurre il loro peso, esattamente come i pazienti obesi, e dall’altra parte gli specialisti e le strutture sanitarie non sempre si preoccupano di effettuare una distinzione tra presenza e assenza di abbuffate compulsive, distinzione che comunque è piuttosto sfumata. Di fatto il discorso dell’incapacità di controllarsi sembra essere comune ai due disturbi, e l’approccio medico tradizionale per la terapia dell’obesità, basato solo su una restrizione calorica per il breve o medio termine, produce, oltre al fallimento nel mantenimento del peso raggiunto, anche l’acuirsi di problematiche a carico della sfera psicologica e comportamentale: sensi di colpa, fallimento, bassa autostima, vergogna, depressione e paradossalmente incapacità a controllarsi che sfocia nell’abbuffata.
CARATTERISTICHE DELL'OBESITÀ
L’obesità è una malattia cronica determinata da un eccesso di massa grassa distribuita in maniera differente nei vari distretti corporei. Per parlare di obesità l’eccesso di peso deve superare del 20% il peso ideale per l’altezza, anche se il parametro più semplice e più utilizzato per definire il grado di obesità è l’Indice di Massa Corporea, che ricordiamo si calcola con la seguente formula:
peso (in Kg): altezza al quadrato (in m)
Ricordando che la normalità è considerata compresa tra 18,5 e 24,9, oltre quest’ultimo punteggio distinguiamo:
- Sovrappeso: Indice di Massa Corporea compresa tra i valori 25 e 29,9
- Obesità moderata di primo grado: Indice di Massa Corporea compresa tra i valori 30 e 34,9
- Obesità severa di secondo grado: Indice di massa Corporea compresa tra i valori 35 e 39,9
- Obesità grave di terzo grado: Indice di Massa Corporea superiore a 40.
In base a tali parametri risulta essere alquanto diffusa e a differenza di anoressia e bulimia non ha un esordio specifico in adolescenza: infatti in circa il 75% dei casi è una condizione che ha inizio prima dei sei anni di età. Certamente il periodo adolescenziale costituisce un momento delicato per il soggetto obeso, che può sperimentare una motivazione del tutto personale a rivolgersi ad uno specialista e ad intraprendere una dieta, anziché subire passivamente le pressioni dei familiari.
L’obesità non viene definita in maniera univoca: l’orientamento comune è che al di sopra di un certo peso corporeo la si debba considerare una patologia cronica al pari del diabete o dell’ipertensione arteriosa, poiché i soggetti obesi risultano avere un’aspettativa di vita ridotta ed una qualità della stessa compromessa.
La distinzione che a noi interessa tra Disturbo d’Alimentazione incontrollata e obesità è in realtà molto sottile: non tutte i soggetti obesi hanno una condotta caratterizzata da abbuffate compulsive così come sono state descritte precedentemente, mentre praticamente tutti i pazienti affetti da Disturbo d’Alimentazione incontrollata sono in sovrappeso o obesi. Di fatto avviene che anche questi ultimi, quando richiedono una terapia, lo fanno prima di tutto per ridurre il loro peso, esattamente come i pazienti obesi, e dall’altra parte gli specialisti e le strutture sanitarie non sempre si preoccupano di effettuare una distinzione tra presenza e assenza di abbuffate compulsive, distinzione che comunque è piuttosto sfumata. Di fatto il discorso dell’incapacità di controllarsi sembra essere comune ai due disturbi, e l’approccio medico tradizionale per la terapia dell’obesità, basato solo su una restrizione calorica per il breve o medio termine, produce, oltre al fallimento nel mantenimento del peso raggiunto, anche l’acuirsi di problematiche a carico della sfera psicologica e comportamentale: sensi di colpa, fallimento, bassa autostima, vergogna, depressione e paradossalmente incapacità a controllarsi che sfocia nell’abbuffata.
COME AFFRONTARE L'OBESITÀ E IL DISAGIO PSICOLOGICO CHE NE DERIVA
L’obesità non comporta una minaccia diretta per la vita dell’individuo; solo nel caso in cui vi sia un eccesso di peso superiore al 60% l’intervento è urgente. Certamente, però, essa risulta comunque compromettere la qualità di vita dei soggetti che ne sono affetti ed indirettamente essere causa di morte, dal momento che comporta tutta una serie di complicanze mediche gravi.
Le misure terapeutiche attualmente applicabili devono suscitare la partecipazione attiva del paziente per poter essere realmente efficaci, e tale partecipazione non può che essere motivata dal riconoscimento di un’insoddisfazione legata non soltanto a preoccupazioni di tipo estetico, ma anche al malessere sperimentato prima e dopo le abbuffate (qualora presenti), alla noia, alla solitudine, al vuoto depressivo, cui spesso segue l’atto del mangiare (sottoforma del continuo piluccare, dell’iperfagia e della polifagia). Questa presa di coscienza spesso avviene in adolescenza, momento in cui la motivazione al cambiamento è talmente alta da comportare una maggiore probabilità di successo. Tale cambiamento non si attua ricorrendo ad una dieta restrittiva “fai da te”. E’ ampiamente riconosciuto che la restrizione è causa di perdita di controllo e quindi di abbuffate. Questo comporta un circolo vizioso di fallimenti che alimentano bassa autostima, vergogna, depressione, incapacità di controllarsi. Occorre rivolgersi ad uno specialista, o meglio ancora un centro specializzato in cui si attui un programma che vada oltre la dieta e guardi alla persona con i suoi vissuti, idee e convinzioni sulle quali eventualmente intervenire attraverso un adeguato intervento sul piano psicologico, educativo e comportamentale, attuabile unicamente attraverso un’equipe di professionisti specialisti in diversi campi.
CONSIGLI PER CHI SOFFRE D'OBESITÀ
L’obesità non comporta una minaccia diretta per la vita dell’individuo; solo nel caso in cui vi sia un eccesso di peso superiore al 60% l’intervento è urgente. Certamente, però, essa risulta comunque compromettere la qualità di vita dei soggetti che ne sono affetti ed indirettamente essere causa di morte, dal momento che comporta tutta una serie di complicanze mediche gravi.
Le misure terapeutiche attualmente applicabili devono suscitare la partecipazione attiva del paziente per poter essere realmente efficaci, e tale partecipazione non può che essere motivata dal riconoscimento di un’insoddisfazione legata non soltanto a preoccupazioni di tipo estetico, ma anche al malessere sperimentato prima e dopo le abbuffate (qualora presenti), alla noia, alla solitudine, al vuoto depressivo, cui spesso segue l’atto del mangiare (sottoforma del continuo piluccare, dell’iperfagia e della polifagia). Questa presa di coscienza spesso avviene in adolescenza, momento in cui la motivazione al cambiamento è talmente alta da comportare una maggiore probabilità di successo. Tale cambiamento non si attua ricorrendo ad una dieta restrittiva “fai da te”. E’ ampiamente riconosciuto che la restrizione è causa di perdita di controllo e quindi di abbuffate. Questo comporta un circolo vizioso di fallimenti che alimentano bassa autostima, vergogna, depressione, incapacità di controllarsi. Occorre rivolgersi ad uno specialista, o meglio ancora un centro specializzato in cui si attui un programma che vada oltre la dieta e guardi alla persona con i suoi vissuti, idee e convinzioni sulle quali eventualmente intervenire attraverso un adeguato intervento sul piano psicologico, educativo e comportamentale, attuabile unicamente attraverso un’equipe di professionisti specialisti in diversi campi.
PSICOTERAPIA E OBESITÀ
Un serio trattamento dell’obesità dovrebbe fondarsi sia su una valutazione nutrizionale e del comportamento alimentare e su un programma cognitivo-comportamentale finalizzato alla modifica dello stile di vita e l’acquisizione di abilità comportamentali per la gestione dei risultati ottenuti. Il successo a lungo termine sarà più probabile se la perdita di peso sarà secondaria alla modifica delle idee e dei comportamenti disfunzionali che determinano l’instaurarsi e il mantenimento dell’obesità. La sola dieta dimagrante è più facilmente soggetta a recidiva, con la riacquisizione dei chili persi (90-95% dei casi.). L’obiettivo deve essere invece raggiungere e mantenere un calo ponderale modesto, ma gestibile ed utile ad un miglioramento delle condizioni di salute (riduzione del 10-20% del peso iniziale). Per questo il trattamento dovrebbe prevedere anche un programma educativo volto alla modifica del comportamento alimentare, alla promozione dell’attività motoria, oltre che alla modifica del peso corporeo. Il paziente dovrebbe essere coinvolto attivamente in tutte le fasi della terapia, informato, educato, sostenuto come in un percorso di riabilitazione. L’obiettivo primario non è il calo ponderale, ma il benessere e il miglioramento della qualità della vita. La dieta drastica, l’imposizione di un controllo rigido porta inevitabilmente alla perdita di controllo con una conseguente assunzione calorica non programmata né controllata. Invece l’obiettivo è proprio l’acquisizione della capacità di controllarsi che si raggiunge sostituendo la dieta con la regola che prevede anche la trasgressione, una trasgressione che va preventivamente programmata: soltanto abituandosi ed allenandosi alla sua gestione si è in grado di sperimentare la piacevolezza del controllo. Provare il piacere di riuscire a controllarsi permette di uscire dai fallimenti e dai sensi di colpa. E’ un percorso lungo, difficile, ma possibile attraverso la gestione di un programma affidato a più operatori che si prendono cura della persona nella sua globalità.
TERAPIA FARMACOLOGICA E OBESITÀ
Per completare il discorso sembra doveroso specificare che spesso la terapia dell’obesità prevede la somministrazione di farmaci. Chiaramente stiamo parlando di casi particolarmente gravi soprattutto di un mero sostegno alle misure terapeutiche fin qui esposte, che rappresentano il cardine della cura.
I farmaci utilizzati appartengono a tre classi:
- Ormoni tiroidei;
- Diuretici;
- Psicotropi e anoressanti.