Presso la Libreria Matrioska di Fiumicino i professionisti del Consultorio Antera Onlus offrono uno spazio di incontro gratuito venerdi 24 novembre rivolto a tutti i genitori che desiderano supportare i propri figli nello svolgimento dei compiti a casa. Verranno condivisi strumenti e suggerite tecniche efficaci per agevolare l'apprendimento e l'organizzazione del lavoro scolastico.
Si apre un nuovo anno scolastico e milioni di alunni si trovano in questi giorni di fronte ai cancelli spalancati verso il fatidico primo giorno di scuola. Molto spesso i più preoccupati sembrano essere proprio i genitori che vediamo lì accanto a loro, o poco distanti o a tormentarsi andando a lavoro, “aggiustando” la distanza a seconda dell'età dei figli. Le ansie, le aspettative, i dubbi e i buoni propositi sembrano accomunare, con piccole differenze, un po' tutte le mamme e i papà, è importante poterli accompagnare in questo nuovo inizio, modulando le proprie ansie e i propri timori, accogliendo i loro possibili e comprensibili turbamenti delle prime settimane e partendo da subito col piede giusto.
E' importante dare spazio in famiglia alla tematica “ritorno a scuola”, dandogli il giusto rilievo, soprattutto nei passaggi da un ciclo scolastico all'altro, facendo attenzione a non sminuire l'evento, ma neanche dando la percezione di un momento dai “contorni apocalittici”. Può essere utile provare a vedere con i loro occhi, condividendo quelli che sono stati i timori e le emozioni dei genitori quando a loro volta si son trovati a fronteggiare l'inizio della scuola, favorendo una comunicazione più aperta a livello emotivo. Attenzione però a non caricare eccessivamente i bambini e i ragazzi delle proprie preoccupazioni, comunicandole in primis all'altro genitore con cui fare squadra: i figli non dovranno preoccuparsi di rassicurare mamma e papà, ma solo di essere rassicurati.
Sapersi destreggiare fra la protezione verso i propri figli e la spinta all'autonomia non è sempre facile, ma la scuola offre un'ottima opportunità per farli sperimentare a diversi livelli: dall'organizzazione del materiale scolastico, alla pianificazione dei compiti a casa, senza dimenticare la socializzazione. Resistere ad esempio alla tentazione di preparare ai più piccoli della primaria lo zaino e farli partecipare attivamente fin dai primi giorni li abitua ad una maggiore responsabilità e li rassicura sul “sentirsi pronti”, quando quello zaino lo riapriranno in classe l'indomani. Per quanto riguarda l'annosa questione del diario da controllare: che sia cartaceo o elettronico poco importa, è fondamentale a qualsiasi età che l'alunno sia parte attiva nel sapere cosa gli è stato assegnato, meglio che gli sfugga di fare qualcosa di cui però si è interessato, piuttosto che i compiti a casa siano dominio esclusivo delle chat dei genitori.
Nell'epoca dei social network è fondamentale non dimenticare l'importanza per gli alunni del fare rete su un piano più reale che virtuale. Può essere di aiuto avere ad esempio la possibilità di condividere con alcuni vecchi compagni di classe il passaggio da un ciclo scolastico all'altro, senza che però diventi un “imperativo categorico” se non vi è la possibilità di farlo, stimolando sempre la curiosità verso i nuovi compagni da conoscere e con cui potersi frequentare anche dopo scuola. Utile anche incoraggiare il poter studiare insieme, in due o in piccoli gruppi, favorendo un apprendimento fra pari, dando loro la possibilità di organizzarsi e negoziare delle regole condivise. Sarà molto più prezioso imparare a fare questo, piuttosto che apprendere una nozione in più aiutati da un adulto.
I rapporti fra scuola e famiglia non sono sempre facili, a livello culturale si ha l'impressione di essere passati da un'indiscussa fede negli insegnanti e nel riconoscimento pieno del loro ruolo, ad una attuale continua messa in discussione del loro operato. Anche su questo l'arduo compito dei genitori è trovare l'equilibrio fra monitorare sempre con attenzione la vita in classe dei figli e non andare a intaccare l'autorità degli insegnanti, squalificando quanto fanno, soprattutto in modo esplicito di fronte a bambini e ragazzi. Poter avere un buon filo comunicativo con il corpo docente non è sempre di facile realizzazione, ma è davvero importante, ricordando sempre che costruire un'alleanza con gli insegnanti, un'alleanza fra adulti, favorisce di gran lunga il percorso di crescita dei propri figli.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-IV), fornisce i seguenti criteri per effettuare la diagnosi di Disturbo oppositivo- provocatorio:
A. Una modalità di comportamento, negativistico, ostile e provocatorio che dura da almeno 6 mesi, durante i quali sono stati presenti 4 (o più) dei seguenti:
Nota. Considerare soddisfatto un criterio solo se il comportamento si manifesta più frequentemente rispetto a quanto si osserva tipicamente in soggetti paragonabili per età e livello di sviluppo.
B. L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.
C. I comportamenti non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un disturbo psicotico o di un disturbo dell’umore.
D. Non sono soddisfatti i criteri per il disturbo della condotta, e, se il soggetto ha 18 anni o più, non risultano soddisfatti i criteri per il disturbo antisociale di personalità.
Nella quotidianità questi criteri si traducono con la messa in atto da parte del bambino di comportamenti tirannici e drammaticamente vincolanti nei confronti del genitore, il quale sente di aver perso la propria autorevolezza e il controllo educativo sul figlio; la relazione tra genitore e bambino è centrata sulla sfida e la provocazione, con atteggiamenti reciprocamente minaccianti e punitivi. Nel corso dell’interazione quotidiana sono ingaggiate lotte sfibranti sulle questioni più svariate, quali il vestiario, l’alimentazione, il gioco, i compiti, in cui il contenuto da contendere diventa irrilevante. I sintomi del disturbo sono tipicamente più evidenti nelle interazioni con gli adulti o i coetanei che il bambino conosce bene. Il soggetto con disturbo oppositivo-provocatorio non si considera irritante, ma giustifica il proprio comportamento come una risposta a richieste o a circostanze irragionevoli. L’ostilità viene espressa disturbando deliberatamente gli altri o con aggressioni verbali. Le manifestazioni del disturbo sono quasi inevitabilmente espresse nell’ambiente familiare, ma non necessariamente a scuola o nella comunità.
Dal momento che la diagnosi riguarda soggetti in età evolutiva, la cui personalità non è ancora sufficientemente strutturata, occorre essere particolarmente cauti nella valutazione dell’eventuale presenza di un disturbo oppositivo-provocatorio: infatti il comportamento oppositivo costituisce una tipica manifestazione di certi stadi dello sviluppo. Affinché si possa formulare una diagnosi di questo tipo è necessario che i comportamenti si manifestino più frequentemente ed abbiano conseguenze più consistenti rispetto a quelle tipicamente osservate in altri soggetti che si trovano allo stesso livello di sviluppo.
Prima di tutto occorre ribadire che il comportamento provocatorio è una manifestazione tipica di alcuni stadi di sviluppo, quali la prima fanciullezza e l’adolescenza: in questi casi si tratta di un fenomeno transitorio destinato ad attenuarsi spontaneamente e comunque non dovrebbe determinare importanti difficoltà nella vita scolastica e sociale del soggetto. Se però la modalità di comportamento oppositiva-provocatoria persiste per un notevole periodo di tempo (più di 6 mesi) e comporta un’effettiva compromissione nelle capacità del bambino di affrontare le normali attività scolastiche e sociali, allora occorre rivolgersi ad uno specialista, ed anzi attendere ulteriormente non è opportuno, dal momento che un intervento tempestivo produce spesso esiti positivi.
Il trattamento è multimodale e prevede sia un intervento individuale sul bambino, sia interventi familiari, extrafamiliari, eventualmente anche psicofarmacologici.
Psicoterapia individuale
L’intervento individuale sul bambino avviene mediante analisi del gioco, ristrutturazione cognitiva, volta a modificare le convinzioni distorte alla base del suo comportamento disadattivo, e training di problem solving, cioè acquisizione di strategie funzionali ad operare delle scelte più adeguate di cui si può essere responsabili. Importantissimo risulta il lavoro sull'autocontrollo, la promozione della capacità di esplorare in forma di gioco o in attività strutturate, e la riflessione sul rapporto tra i propri pensieri e i propri sentimenti da un lato e i comportamenti dall’altro. L’intervento psicologico individuale ha anche lo scopo di preparare l’ingresso in terapia di gruppo.
Psicoterapia di gruppo
La terapia di gruppo è finalizzata all’acquisizione di alcune competenze fondamentali per affrontare adeguatamente le relazioni interpersonali, quali l’abilità di autogestione, la capacità di cogliere il punto di vista altrui, di trovare soluzioni adeguate per affrontare i problemi legati a conflitti sociali, e di gestire la rabbia.
Psicoterapia familiare
A quanto detto finora si accompagnano interventi di sostegno e di terapia familiare al fine di costruire, se possibile, un clima migliore per il bambino e soprattutto al fine di rendere esplicito il significato che il comportamento del bambino ha all’interno delle dinamiche familiari: a tal fine si adottano strategie di Autosservazione e Percorsi Psicoeducativi per i genitori (Parent training). Partendo dal presupposto che è molto difficile per un adulto insegnare a un bambino come superare le emozioni negative se egli stesso non ha acquisito una certa padronanza su di esse, l’intervento si propone di aiutare il genitore a capire e trasformare quegli aspetti della propria emotività che influiscono negativamente sulla sua pratica educativa. Se i genitori imparano a calmare se stessi saranno maggiormente in grado di influenzare positivamente i propri figli favorendo in essi l'acquisizione di modi positivi di pensare, di sentirsi e di comportarsi.
Alcuni atteggiamenti disfunzionali che vengono presi in considerazione sono la tendenza, da parte del genitore, a biasimare e condannare il bambino per i suoi comportamenti indesiderabili, oltre alla tendenza ad esigere in modo assoluto che il bambino si comporti in un certo modo, con le conseguenti reazioni di rabbia e di ostilità. Altri errori di pensiero affrontati riguardano la tendenza ad anticipare secondo modalità catastrofizzanti il possibile verificarsi di qualche evento negativo per il bambino, con conseguenti reazioni di apprensione e iperprotettività. La maggior parte dei genitori tende ad effettuare valutazioni globali su di sé o sui figli, etichettando spesso il proprio bambino come "cattivo", "maleducato", "disobbediente". Per questo è importante che i genitori imparino a distinguere le valutazioni sul comportamento da quelle sulla persona. Inoltre vengono discussi diversi metodi attraverso cui il genitore può aiutare il bambino a superare la bassa tolleranza alla frustrazione: fornire un esempio positivo e affrontando con calma la propria frustrazione (evitando ad esempio di infuriarsi quando il bambino si comporta in modo disobbediente); mostrare di comprendere i sentimenti di frustrazione del bambino e fornire una valutazione razionale dell'evento; manifestare fiducia nei confronti del bambino quando questi si trova a fronteggiare un evento frustrante; manifestare apprezzamento quando il bambino mostra maggior capacità di aspettare il conseguimento di qualche gratificazione o di affrontare qualcosa di spiacevole.
Interventi sull’ambiente scolastico
Per i bambini in età scolare spesso si organizza anche un contratto comportamentale con gli insegnanti e/o educatori, che sono in tal modo coinvolti nel monitorare alcuni obiettivi educativi pianificati nel rapporto con i genitori e con il bambino.