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Hikikomori: Quando la quarantena diventa un “piacere”

 

Con il termine hikikomori si tende a descrivere una sindrome che colpisce giovani e giovanissimi. Il significato della parola hikikomori, termine giapponese che deriva dal verbo hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi),  è “stare in disparte, isolarsi”. Questo termine nasce per definire un fenomeno caratterizzato principalmente da ritiro sociale, una volontaria reclusione dal mondo esterno, isolamento e rifiuto totale non solo per ogni forma di relazione, ma anche per la luce del sole.

Il disturbo, descritto ed osservato primariamente in Oriente, ad oggi non è ancora una diagnosi ufficiale del DSM-5 anche se per la sua pervasività richiede l’intervento sinergico di professionisti della salute mentale.

 

Hikikomori: quali sono i sintomi?

Nonostante non esista ancora un’ufficiale definizione dell’hikikomori a livello internazionale, il Ministero della salute Giapponese (MHLW) ne ha indicato alcune caratteristiche e sintomi specifici:

  • Stile di vita centrato all’interno delle mura domestiche senza alcun accesso a contesti esterni.
  • Nessun interesse verso attività esterne (come frequentare la scuola o avere un lavoro).
  • Persistenza del ritiro sociale non inferiore a sei mesi.
  • Nessuna relazione esterna mantenuta con compagni o colleghi di lavoro.
  • Si esclude la diagnosi di hikikomori qualora sia presente un disturbo psichiatrico di maggiore gravità che possa sovrapporsi ai sintomi di ritiro sociale (schizofrenia, ritardo mentale, depressione maggiore) o altre cause che possano meglio spiegare il ritiro sociale.

Questa tipologia di sintomi, per quanto caratteristici, possono variare per intensità e frequenza. La vita dei giovani hikikomori si svolge all’interno della loro casa o camera da letto e le uniche interazioni con l’esterno avvengono attraverso internet, l’utilizzo di chat, social network e videogame; gli hikikomori evitano qualsiasi tipo di relazione e comunicazione diretta con altri individui.

 

Diagnosi di hikikomori

Essendo il ritiro sociale e l’isolamento sintomi comportamentali trasversali a diverse diagnosi psichiatriche, particolare importanza riveste la diagnosi differenziale.

In particolare entrano in diagnosi differenziale con l’hikikomori:

  • Disturbi d’ansia: in particolare il disturbo d’ansia sociale.
  • Disturbi dell’umore: in particolare disturbi dello spettro depressivo.
  • Disturbi psicotici come la schizofrenia.
  • Disturbo evitante di personalità.

 

Come riconoscere un ragazzo con hikikomori

Nonostante sia un disturbo variegato sembra essere predominante in soggetti che presentano alcune caratteristiche:

  • Giovane tra i 14  i 30 anni
  • Estrazione sociale medio-alta
  • Sesso maschile (nel 90% dei casi)
  • Figlio unico
  • In genere genitori entrambi laureati in cui uno dei due genitori, in genere il padre, risulta assente in famiglia e spesso ricopre incarichi dirigenziali.

Gli hikikomori presentano in genere un completo e totale isolamento sociale, un rifiuto di una qualunque tipologia di rapporti interpersonali non solo esterni ma anche all’interno del proprio nucleo familiare. Spesso le interazioni sociali sono nulle anche con i genitori conviventi, le uniche interazioni sociali con loro si concretizzano nei momenti in cui viene passato il piatto con il pasto all’interno della stanza da letto (Moretti, 2010).

Spesso gli hikikomori presentano alterazione dei ritmi circadiani, il disagio psichico può essere espresso anche attraverso forme di aggressività e scoppi di rabbia. Inoltre, uno studio recente ha dimostrato come tra gli hikikomori sia associato un elevato rischio di suicidio, hanno più probabilità di essere maschi, hanno una storia di abbandono scolastico e hanno precedenti trattamenti psichiatrici  (Yong & Nomura, 2019).

 

Hikikomori: quali le possibili cause?

Tra le principali cause dell’hikikomori sono state elencate (Moretti, 2010):

  • Forte disagio all'interno del contesto familiare e sociale.
  • Interdipendenza fra genitori e figli.
  • Forti pressioni psicologiche da parte dei genitori esercitate sui figli.
  • Severità del sistema educativo scolastico: il fenomeno dell’hikikomori si sviluppa solitamente dopo che il giovane ha trascorso un lungo periodo di assenza da scuola.
  • Essere stati vittime di forme gravi di “bullismo scolastico”.
  • Timidezza.

 

Come affrontare e curare la sindrome di hikikomori

La cura dell’hikikomori è ancora lontana dall’essere definita e varie strategie terapeutiche sono state provate. Spesso questi trattamenti includono un lavoro sul contesto, sulla famiglia e sulle relazioni in generale oltre ad un percorso di psicoterapia individuale (Ranieri, 2016).

Simile a molte altre condizioni psichiatriche, la cura dell’hikikomori spesso implica una combinazione di psicoterapia e psicofarmacologia (Teo, 2010). La terapia familiare deve comprendere sia il paziente che i suoi genitori, il trattamento cognitivo-comportamentale dovrebbe trattare l’ansia sociale, il senso di inadeguatezza e la bassa autostima.

Il percorso di cura prevede anche esercizi di esposizione alle situazioni temute, esposizione che dovrebbe essere finalizzata ad aumentare gradualmente il contatto sociale. Per coloro che sono ad un livello di auto-reclusione, il primo passo di solito dovrebbe comportare visite domiciliari ripetute al fine di attirare hikikomori fuori dalle loro stanze. Altra strategia potrebbe essere il ricorso alle terapie on-line.

A livello farmacologico la cura dell’hikikomori prevede spesso l’uso di antidepressivi.

Visto lo scarso numero di studi sia di trattamenti psicoterapeutici sia psicofarmaclogici, è ancora difficile definire strategie di intervento chiare e generalizzabili. Molto spesso quindi la scelta del percorso terapeutico migliore viene definito caso per caso, analizzando nello specifico le diverse caratteristiche del paziente.

 

Cosa fare se si sospetta un caso di hikikomori

Nel caso di sospetto hikikomori è fondamentale fare riferimento al proprio medico di fiducia e nel caso ad uno specialista. Il trattamento psicologico e farmacologico deve essere iniziato il più precocemente possibile, cercando di ridurre soprattutto le difficoltà iniziali alla cura tipiche dei pazienti con ritiro sociale.

In questi casi è possibile vincere le resistenze iniziali con un trattamento, almeno inizialmente, a domicilio. Inoltre, grazie allo sviluppo delle nuove teconologie, è possibile ipotizzare di ridurre le resistenze iniziali attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici per la videoconferenza.

Il Consultorio Antera Onlus  può offrire un supporto specializzato alle famiglie che vivono un a situazione di disagio legata alla sindrome di hikikomori, valutando per ogni situazione la specificità di un intervento che possa essere supportivo

Capire ed aiutare i bambini durante la quarantena a casa: intervista alla maestra Maria Laura, insegnante della scuola dell'infanzia

In questo tempo abbiamo avuto accesso ad una incredibile mole di contenuti che “suggerivano” ai genitori come stare in relazione con i propri figli in quarantena, come occupare il tempo , quali attività portare avanti etc…, oggi però noi vogliamo riflettere su quanto accaduto e cosa accade ora, nella “fase tre”, nella mente dei bambini, quali pensieri li attraversano e cosa è successo dentro di loro.

Vogliamo proporvi una cosa diversa dal consueto articolo, abbiamo pensato di mettere in luce un punto di vista di chi sta con i bambini molte ore al giorno e che in questo periodo di quarantena non ha smesso mai di farlo anche se “ in modalità virtuale”: abbiamo così chiesto un'opinione ad una insegnante della scuola d’infanzia che da sempre è in prima linea vicino ai bambini e alle loro famiglie, volendo così approfondire la fascia di età  3-5 anni.

Sembra essere stato molto complesso fare una scuola da casa.

Come è stato possibile organizzare questi due spazi condensandoli in uno e spesso delegando ai genitori la funzione di insegnante?

 

Maestra Laura, come hanno vissuto i bambini questo periodo della quarantena secondo quanto ha potuto osservare nella relazione a distanza con i suoi piccoli alunni?

Come hanno approcciato i bambini la didattica a distanza?  Quali le maggiori difficoltà?

La didattica a distanza soprattutto per le fasce di età 3-5 e 6-8 è stata abbastanza fallimentare, i bambini i primi giorni hanno risposto ai video inviati, hanno eseguito le schede o i lavoretti proposti, poi tutto è andato scemando. Ovvio, perché molte attività soprattutto per queste fasce di età richiedono lo stare insieme, il confronto, il lavorare in piccoli gruppi, arrivare all'esito finale del lavoro anche attraverso il gioco, tutte cose che a casa non si hanno. Non solo, ma non tutti hanno gli strumenti adeguati, e chi li ha non sempre era capace di usarli per la didattica a distanza. Non c’è scuola a questa età senza potersi parlare e guardarsi negli occhi, senza potersi esprimere ed esternare le proprie emozioni.

 

Ci sono stati dei cambiamenti nella relazione tra l’insegnante e il bambino?

I bambini cercano ed hanno cercato molto le insegnanti, ma soprattutto i loro amici, ci dicono esplicitamente: ”mi mancano i miei compagni”, mancano loro tutti , anche quelli con cui di solito bisticciano, perché nel bisogno di sperimentare le relazioni tra i pari, si sono sentiti intrappolati in qualcosa di innaturale che ha fatto sperimentare loro un grande senso di frustrazione che è cresciuto nel tempo.

 

Tra la famiglia e gli insegnanti? Come è cambiata la comunicazione?

Sicuramente per la scuola dell’infanzia la comunicazione non è stata delle migliori: telefonate, messaggi e mail con i genitori e sappiamo bene, che senza un rapporto diretto vis a vis,  spesso si creano fraintendimenti. Rabbia a ragion dovuta, perché sia i genitori, sia gli insegnanti si sono sentiti catapultati in un mondo non loro. Da una parte i genitori a fare didattica, una didattica che ha creato tanto stress, soprattutto ai piccoli che non riuscivano ad identificare nel genitore un insegnante, dall'altra gli insegnanti  “veri” deprivati anche loro degli strumenti didattici costituiti dal rapporto faccia a faccia, “ fisico”, fatto di abbracci e coccole con i piccoli, sostituiti dalle parole attraverso un video, oppure dall'invio  di  semplici schede. Tutto questo è risultato per noi insegnanti molto complesso e demotivante.

 

Quali sono gli elementi che nella mente dei bambini si sono modificati a seguito di questa esperienza?

Nella mente dei bambini soprattutto è cambiato il modo di relazionarsi, sembra che anche loro siano stati influenzati “dalla paura del contagio”, quando esternamente mi è capitato di osservali a distanza, ho notato che spesso  nel momento in cui si trovano vicini si osservano e non si vanno  incontro  spontaneamente, come accadeva prima, questo non fa proprio parte della natura dei bambini, inoltre mina la loro creatività.

 

Cosa è mancato maggiormente ai bambini dello spazio scolastico?

Dello spazio scolastico sono mancati maggiormente i loro “angoli di gioco”, ben strutturati, ma anche la possibilità del gioco libero con quei giochi che sono sempre più belli di quelli che hanno a casa, proprio perché li vivono con gli altri amici. E' mancato loro anche lo spazio del giardino per giocare insieme ai compagni.

 

Questa esperienza cosa ci ha fatto capire maggiormente dei bambini?

Questa esperienza ci ha fatto capire l’importanza e la bellezza della scuola e quanto è necessario investire nelle risorse umane e concrete della vita scolastica. I bambini hanno diritto al loro spazio, ad ambienti belli, sani, spaziosi, dove attraverso materiali, scoperte, gioco possono fare le loro conquiste che poi li porteranno a crescere. Investire nella scuola è rendere i bambini più autonomi, più sicuri e, più felici.

 

Quali segni ha lasciato la quarantena sulla mente dei bambini

Da questo confronto possiamo evincere come sia stato davvero difficile per i bambini comprendere ed affrontare questo isolamento e come la prima agenzia sociale-educativa quale è la scuola sia stata impossibilitata a svolgere pienamente il suo compito. I bambini portano dentro di loro il segno di questa confusione della dimensione alterata del tempo, della mancanza di relazione e di contatto e un arresto rispetto alla concreta possibilità di promuovere un apprendimento che si potenzia nel contatto diretto con le insegnanti e i compagni.

Reazioni di rabbia, di instabilità emotiva, di chiusura verso l’esterno possono essere “fisiologiche”, ma  possono seriamente mettere in difficoltà il bimbo e la sua famiglia, per questo la nostra associazione rimane disponibile ad offrire uno spazio di consulenza che  è possibile effettuare anche on-line.

Spesso chiedere aiuto per il proprio figlio in un momento così delicato e incerto può essere determinante in termini di qualità della vita familiare.

 

 

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