Consultorio Antera

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Pratica clinica aumentata grazie alla Realtà virtuale

Utilizzo in psicoterapia di esperienze immersive attraverso il visore

 

Il Consultorio Antera Aps, attraverso la formazione continua dei membri della sua equipe, ha ampliato i suoi servizi con la possibilità di usufruire della nuova tecnologia della realtà aumentata: gli psicoterapeuti utilizzano in seduta esperienze immersive tridimensionali, attraverso l'uso di appositi visori, amplificando l'efficacia delle tecniche terapeutiche tradizionali.

 

Come può essere usata in psicoterapia la realtà virtuale?

La realtà virtuale viene usata sfruttando il meccanismo di simulazione, così si generano vere e proprie esperienze trasformative in grado di aumentare ed arricchire la nostra esperienza, intervenendo sulle dimensioni sensoriali, cognitive ed emozionali che la caratterizzano.

A livello cognitivo ed emotivo, il paziente passa dal ruolo di passivo ricettore e osservatore di un’esperienza, a quello di vero e proprio protagonista.

Utilizzando il senso di presenza indotto dalla realtà virtuale, è più facile sviluppare esperienze informative nuove, realistiche e credibili riguardanti il mondo circostante, fornendo alla persona la percezione di essere presente in quel dato momento e contesto.

La realtà virtuale è uno strumento il cui apporto principale può essere cercato nell’importanza che in psicoterapia viene data all’immaginazione e alla memoria.

La Psicologia Aumentata utilizza infatti contesti virtuali che uniscono la dimensione creativa e artistica oltre a quella tecnologica. Il risultato genera vere e proprie storie di trasformazione, che vanno ad arricchire la pratica clinica (aumentata per l’appunto), in cui il paziente è immerso in metafore concepite da psicologi/psicoterapeuti, che hanno creato le storie immersive proposte, per favorire la conoscenza di sé.

 

L'uso della metafora come strumento centrale

L'uso della metafora è fondamentale e quasi irrinunciabile in ogni approccio psicoterapeutico, anche la realtà virtuale si  basa sulla centralità di stimoli metaforici, creando esperienze trasformative. Grazie alla narrazione esperienziale  attraverso l'uso del visore, è possibile guidare il paziente in storie coinvolgenti, vissute in prima persona, in cui viene data l’opportunità di lasciarsi coinvolgere emotivamente in racconti metaforici, che stimolino intuizioni, e conducano alla creazione di nuovi significati, portando così a dei cambiamenti.

 

Quando può essere utilizzata la realtà virtuale?

E' possibile utilizzare tale strumento sia nelle fasi iniziali del percorso di psicoterapia, che in fasi successive:

  • all'inizio del percorso può essere molto utile per far emergere le difficoltà e i bisogni del paziente, tracciando così insieme gli obiettivi da perseguire;
  • dopo aver lavorato in psicoterapia su alcuni temi e nodi importanti per la persona, può aiutare ad amplificare e rafforzare gli obiettivi già raggiunti.

 

Puoi approfondire ulteriormente l'utilizzo della Realtà Virtuale in psicoterapia attraverso il nostro articolo Realtà Virtuale e Psicologia

 

Il termine realtà virtuale (RV) è stato coniato nel 1989 dal genio informatico Jaron Lanier, fondatore della prima industria di realtà virtuale. Questa tecnologia è stata innanzitutto concepita come una combinazione di hardware e software in grado di creare ambienti tridimensionali interattivi che simulino esperienze di vita quotidiana (Riva, 2006; Schultheis & Rizzo, 2001). Esistono molte definizioni di realtà virtuale, ma quella maggiormente condivisa dal panorama scientifico la considera un sistema di dispositivi informatici in grado di generare un nuovo tipo d’interazione uomo-computer (Steuer, 1992; Ellis 1994).

 

Due sono i concetti chiave legati all’uso e alla implementazione della realtà virtuale: il grado di immersione e la presenza (Riva, Davide, & IJsselsteijn, 2003).

  • Da un punto di vista tecnologico, l’immersività definisce il grado (da non immersivo a completamente immersivo) con cui l'utente è isolato dal mondo reale nel momento in cui interagisce con gli ambienti virtuali.  I sistemi completamente immersivi prevedono un completo assorbimento sensoriale degli utenti nel mondo tridimensionale generato dal computer, grazie in genere a caschetti (o visori) virtuali, e a sensori di posizione (tracker). Si tratta di sistemi avanzati di tracciamento del corpo degli utenti che consentono la sincronizzazione tra i movimenti degli utenti e i corrispettivi cambiamenti negli ambienti virtuali (in tempo reale).
  • Da un punto di vista psicologico, il valore aggiunto della realtà virtuale rispetto ad altre esperienze sintetiche è la sensazione di presenza, ovvero la sensazione di “essere realmente lì” all'interno dell'ambiente creato digitalmente che sostituisce le percezioni reali (Riva, 2022).

 

La sensazione di presenza offerta dalla realtà virtuale la rende un ottimo strumento per la valutazione e il trattamento dei disturbi psicologici.

Come spiegato da Riva, "utilizzando il senso di presenza indotto dalla realtà virtuale, è più facile sviluppare esperienze informative nuove, realistiche e credibili riguardanti il mondo circostante e di dimostrare all'individuo che ciò che ha ritenuto essere vero in effetti è il risultato della sua mente” (Riva, Baños, Botella, Mantovani e Gaggioli, 2016).

La possibilità di azione offerta dalla VR fornisce al soggetto la percezione di essere presente in quel dato momento e contesto.

A livello cognitivo ed emotivo, passa dal ruolo di passivo ricettore e osservatore di un’esperienza a quello di protagonista della stessa.

Lauria (1997) definisce l’esperienza VR come “l’essere al centro della prospettiva di osservazione ed essere, nello stesso tempo, al centro della sua costruzione”.

L’immersione in un ambiente VR permette all’utente di avere particolari forme di stimolazione sensoriale sulle quali egli è in grado di creare modelli di rappresentazione, basati sulla modalità di relazione fra se stesso e l’ambiente.

A conferma di quanto detto sono state individuate due categorie di variabili che influenzano tale prospettiva: la peculiarità dell’utente e le caratteristiche dei supporti tecnologici.

Relativamente alle peculiarità dell’utente, tra le variabili psicologiche che possono influenzare la presenza troviamo: livello di concentrazione verso i compiti richiesti; le precedenti esperienze con la VR; le aspettative rivolte verso l’esperienza mediata; il senso e il grado di importanza assegnati all’evento esperito; la capacità di assorbimento e di dissociazione.

 

Realtà virtuale e psicoterapia

Il connubio tra realtà virtuale e psicologia nasce nel 1995, quando Larry Hodges del Georgia Technology Institute, e Barbara Rothbaum, dell’Emory University School of Medicine pubblicarono sull’AmericanJournal of Psychiatry uno studio condotto per curare l’acrofobia, ovvero la paura delle altezze.

Da allora sono stati fatti passi da gigante in quella e in altre direzioni: gli ambienti ricreati mediante le nuove tecnologie della realtà virtuale rappresentano un ulteriore contesto di interazione sociale, grazie al quale si rende possibile per l’utente sperimentare emozioni, azioni, mettersi in gioco con le proprie paure, le difficoltà, i comportamenti disfunzionali, facendo così emergere, nel contesto protetto di un laboratorio sperimentale, il materiale cognitivo che ne sta alla base.

 

La realtà virtuale è uno strumento il cui apporto principale può essere cercato nell’importanza che in psicoterapia viene data all’immaginazione e alla memoria, aspetti entrambi che dipendono molto dal soggetto.

Il paziente deve semplicemente indossare un casco da realtà virtuale e viene immerso nella situazione simulata. 

Tutta l’impostazione teorica e metodologica si basa sull’assunto che le persone immerse in questo tipo di realtà sperimentino “presenza”, ciò sensazione di essere in un ambiente virtuale senza essere consapevole della mediazione della tecnologia, che appare completamente trasparente.

Grazie alla duttilità e alla possibilità di programmare l’ambiente e variarne le caratteristiche, gli ambienti VR sono da considerarsi come una speciale forma di role-playing.

 

Al soggetto, infatti, che non ha ancora trovato una modalità di interazione adeguata con l’ambiente reale, viene offerta la possibilità di apprendere e sperimentare nuove strategie di adattamento, grazie all’esposizione agli stimoli negativi che gli provocano il disagio psicologico e le conseguenti alterazioni comportamentali, con lo scopo di alleviare la sintomatologia correlata al disturbo di cui soffre, aumentando il livello di autostima, di autoefficacia e di sicurezza con tecniche di gestione delle contingenze, relative al controllo del panico, all’evitamento dei rituali compulsivi, della messa in atto di comportamenti auto-protettivi e di sentimenti autosvalutanti.

 

L’utente si confronterà con le situazioni temute, percepite come minacciose o ansiogene, e imparerà a gestirle progressivamente, secondo un programma di esposizione concordato.

 

In questo modo, la persona è messa nelle condizioni di sperimentare in maniera pratica che l’idea che ha di sé e del mondo non è qualcosa di assoluto ma di meramente soggettivo, in quanto frutto di proiezioni mentali, interpretazioni cognitive e rappresentazioni simboliche che possono essere modificate. L’ambiente virtuale diventa così la base sicura, strutturata e controllata, dalla quale partire per esplorare, provare sentimenti, immaginare, rivivere sensazioni e pensieri (presenti o passati) che psicologicamente lo destabilizzano.

 

Esperienza trasformativa

Il meccanismo di simulazione che accomuna mente e realtà virtuale rende questa tecnologia una vera e propria esperienza trasformativa in grado di aumentare ed arricchire la nostra esperienza, intervenendo sulle dimensioni sensoriali, cognitive ed emozionali che la caratterizzano (Gaggioli, 2015). La realtà virtuale è in grado di generare esperienze trasformative capaci di indurre una nuova consapevolezza nel soggetto, accompagnandolo in una revisione e ristrutturazione del sistema di credenze e di valori (Gaggioli et al., 2019).

Numerose meta-analisi hanno mostrato come: gli ambienti VR sono in grado di evocare le medesime reazioni ed emozioni delle situazioni vissute nel mondo reale; il senso di presenza è fortemente correlato alla possibilità di interagire con le componenti dell’ambiente virtuale, favorendo la concentrazione e il coinvolgimento del paziente; la generalizzazione di attribuzioni e di credenze transita, dalle esperienze guidate nella VR a situazioni dell’ambiente reale.

Le esperienze emotive generate dall’esperienza in realtà virtuale sono essenziali nel processo di trasformazione, perché permettono all’utente di elaborare una nuova consapevolezza del contesto fisico e sociale in cui è inserita e costruire quindi nuovi significati.

Gli ambienti virtuali sono quindi una via di mezzo fra la stanza del terapeuta (massima protezione) e l’ambiente esterno (altamente minaccioso).

La potenza terapeutica di tale contesto è che situazioni, difficoltà, eventi e conseguenze possono essere sperimentate, poiché, pur sperimentando, non accade nulla al paziente, che grazie a ciò si sente libero di esplorare e di sperimentare.

 

È nell’utilizzo trasformativo della realtà virtuale che promuove esperienze di catarsi emotiva finalizzate ad un cambiamento profondo che si inserisce la Psicologia Aumentata, un innovativo modello di integrazione della realtà virtuale nella psicologia, che si basa sulle ultime frontiere della ricerca psicologica e impiega le esperienze immersive come vere e proprie narrazioni virtuali applicabili in ambito psicologico e psicoterapeutico per facilitare il processo di cambiamento.

La Psicologia Aumentata utilizza contesti virtuali che integrino la dimensione creativa e artistica oltre a quella tecnologica. Il risultato genera vere e proprie storie di trasformazione, che vanno ad arricchire la pratica clinica (aumentata per l’appunto), in cui il paziente è immerso in metafore concepite da psicologi/psicoterapeuti per favorire la conoscenza di sé.

Con la metafora, l’esperienza trasformativa diventa terapeutica.

Attraverso lo storytelling immersivo, ovvero la narrazione esperienziale di una storia, è possibile andare al di là della mera esposizione in realtà virtuale, e guidare il paziente in storie coinvolgenti, vissute in prima persona, in cui viene data l’opportunità al paziente di impegnarsi emotivamente in narrazioni e ricostruzioni metaforiche, che stimolino intuizioni, e conducano alla creazione di nuovi significati.

 

Il Consultorio Antera Aps offre fra i suoi servizi anche la possibilità di usufruire della nuova tecnologia della realtà aumentata, utilizzando in seduta esperienze immersive tridimensionali, attraverso l'uso di appositi visori.

CHE COSA È L'INSONNIA?

L’ insonnia indica la difficoltà di addormentarsi, la sensazione di non essere capaci di dormire o l'impossibilità di permanere addormentati per tempi sufficientemente lunghi per potersi riposare. Si può parlare di insonnia solo nei casi in cui la scarsità di sonno causa reali problemi fisici o mentali alla persona, ma non quando un soggetto dorme poco e si sente comunque riposato e soddisfatto del sonno.

 

CARATTERISTICHE DELL'INSONNIA

In base alla durata, possiamo distinguere l’insonnia:

  • occasionale/situazionale: ha una durata di pochi giorni o episodica e compare in situazioni di stress o cambiamenti di abitudini. Si risolve spontaneamente;
  • episodica: che dura almeno un mese, ma meno di tre, e tende a risolversi spontaneamente o adottando semplici accorgimenti comportamentali e/o rimedi fitoterapici;
  • persistente: ha una durata di più di tre mesi;
  • ricorrente: caratterizza da almeno due episodi di durata variabile, nell'arco di un anno. Tutte le forme di insonnia che durano più di un mese sono considerate "croniche";

 

CAUSE DELL'INSONNIA

Una prima distinzione che deve essere effettuata rispetto alle cause è certamente tra insonnia primaria o non organica (quando il paziente è sano e non ci sono cause apparenti che giustifichino l’insonnia) e secondaria (quando l’insonnia è dovuta ad altre malattie fisiche o altri problemi psicologici, come la depressione). Effettuata questa distinzione, uno dei motivi che più di frequente determina l'insonnia è sicuramente la condizione psicologica e mentale della persona: la rabbia, l'ira, l'ansia, lo stress, l'incapacità di gestire le situazioni sono cause comuni a tante persone che soffrono d'insonnia.

Durante la notte tutti attraversano cicli di sonno diversi tra di loro e normalmente si passa da momenti di veglia ad altri di sonno senza rendersene conto. Ci possono essere dei risvegli che durano anche ore.

L'insonnia può manifestarsi anche con la tendenza a svegliarsi troppo presto alla mattina e questa forma è piuttosto frequente nelle persone anziane. Invecchiando, il sonno diventa più leggero e la prima luce del giorno o i primi rumori che provengono dall'esterno sono sufficienti a svegliare la persona, ma certamente bisogna tener presente che con il passare degli anni il bisogno fisico di sonno cambia e le ore necessarie al riposo diminuiscono. Lo svegliarsi presto può essere considerato come un evento naturale se la persona si sente comunque bene, riposata, attiva e partecipe. Quando il risveglio precoce è accompagnato dalla sensazione di malessere e di stanchezza si può parlare di una forma d'insonnia.

L'insonnia determinata dal risveglio precoce può essere associata alla depressione. Il sintomo tipico della depressione endogena (non causata da eventi esterni) è proprio l'insonnia, perché questa patologia altera l'orologio biologico e il sonno assume caratteristiche particolari: orari strani o sonno piuttosto disturbato. In questi casi l'insonnia richiede un trattamento medico, che con specifici farmaci corregge il ritmo alterato del sonno. Gli effetti comuni dell'insonnia, in qualsiasi forma si manifesti, sono simili: stanchezza, apatia, nervosismo, instabilità emotiva, mancanza di concentrazione, diminuzione del rendimento e una sensazione di malessere fisico generale. Se all'origine dell'insonnia ci sono un cattivo stato di salute o problemi di natura strettamente fisica il non dormire causa un peggioramento della situazione

 

Insonnia e ansia:

L’ansia può causare ed aumentare le problematiche connesse al sonno: avere l’ansia di non dormire alimenta l’insonnia che, a sua volta, porta ulteriore ansia in un circolo vizioso in cui la stanchezza aumenta.

L’ansia può scaturire dalla sensazione/paura che una persona può avere nel non controllare tutte le situazioni potenzialmente pericolose o ansiogene. L’essere iper – vigili o ansiosi contribuisce ad incrementare i meccanismi che promuovono la veglia ostacolando, di conseguenza, il sonno.

L’insonnia può, dunque, essere la manifestazione di un forte stress dove si manifesta la preoccupazione per problemi personali, relazionali e lavorativi.

Il soggetto, per gestire tale problematica, può mettere in atto dei comportamenti disfunzionali che alimentano ulteriormente i disturbi.

Tra questi, il rimuginare sulle conseguenze dannose portate dallo scarso sonno e i tentativi di trovare una soluzione che possa consentire alla persona di dormire adeguatamente, può portare alla preoccupazione circa gli esiti dello scarso sonno sulla vita quotidiana in termini di energie e concentrazione.

 

Consigli su come gestire l’insonnia:

È importante prendersi cura della qualità del sonno e, a tal fine, potrebbe essere utile prendere dei piccoli accorgimenti come:

  • Alzarsi dal letto se non si riesce a dormire e dedicarsi a qualche attività rilassante in attesa che arrivi la sensazione di stanchezza e sonno;
  • Stabilire una routine rilassante prima di andare a dormire (tisana, bagno caldo etc);
  • Evitare pasti pesanti;
  • Limitare l’utilizzo di smartphone o tablet prima di dormire per evitare ulteriori sollecitazioni;

 

INSONNIA: TERAPIA

Il Consultorio Antera - con i suoi terapeuti con diverse formazioni ed orientamenti - permette alla persona di comprendere i sintomi e lavorare sulle risorse latenti e svilupparne di nuove per fronteggiare gli stati ansiosi connessi all’insonnia. In tal senso, può essere utile accompagnare la persona nella distinzione tra reazioni fisiologiche del corpo (palpitazioni, aumento del battito cardiaco) e le situazioni che li hanno causate. In tal modo, comprendendo il significato dei sintomi ansiosi, si può declinare il lavoro sulle cause che li hanno determinati così da poterne attenuare la portata.

Quando l’insonnia è persistente e si manifesta con effetti molto gravi tali da interferire con il normale funzionamento della vita diurna della persona si può valutare l’opportunità di una terapia farmacologica (sonniferi, ipnotici, ansiolitici) che va assunta con precauzione, dietro prescrizione e monitoraggio di uno specialista.

Essere genitori: una tappa obbligata?

Avere o non avere figli è un diritto che tutti dovrebbero poter esercitare senza giudizi o critiche. Alcune persone scelgono di non averne per motivi sociali, economici, ambientali o di altro tipo. Molti adulti e coppie che decidono di non avere figli vivono una vita molto soddisfacente. Tuttavia, nella società c'è ancora uno stigma legato all'essere senza figli, in particolare nel caso delle donne che non diventano madri e l'attuale clima politico sembra aumentare tale condanna. La pressione sociale è ancora tanta e spesso manca la sensibilità nei confronti di un argomento così delicato e intimo.  Ma le nuove generazioni sono sempre più consapevoli che la genitorialità non deve per forza essere una tappa obbligata e che scegliere una progettualità senza figli può  essere  una fra le molteplici possibilità di vivere la propria vita.

 

Alcuni dati su chi sceglie di non avere figli

Secondo l'Istat dal 2016 sono in aumento le donne childfree, ossia le donne che decidono consapevolmente di non avere figli. Infatti, negli ultimi anni sempre più donne manifestano il desiderio di non volere figli, tra incertezza del futuro e desiderio di libertà e di autonomia. Dalle ricerche emerge come siano sono soprattutto le donne laureate a non volere figli e a non prevedere la maternità nel loro progetto di vita. D'altro canto, la pandemia, i problemi climatici e gli attuali conflitti bellici in Ucraina e  in Medio-Oriente, hanno aggravato la situazione, generando incertezza sul futuro, contribuendo ad una maggiore percezione della crisi e spaventando le coppie riguardo la possibilità di mantenere un figlio o di farlo crescere in una situazione compromessa.

 

Childless, childfree: quali differenze

Quando si parla di persone che non hanno figli, ci sono alcune definizioni importanti da chiarire.

In inglese, al contrario che in italiano, esistono due parole che possono essere utilizzate: childless e childfree. La prima si riferisce a persone che desiderano avere figli ma non li hanno; la seconda si riferisce a persone che hanno scelto di non avere figli. Childfree è quindi la parola che enfatizza al meglio l’intenzionalità e la volontà di non avere figli ed è il termine che riconosce davvero quanto le persone childfree non siano “meno” (less) di altre.

 

Perchè scegliere di non avere figli: motivazioni da rispettare, piuttosto che da indagare

Possono esserci molte motivazioni dietro alla scelta di non voler diventare genitori. Piuttosto che approfondire le possibili motivazioni psicologiche sottostanti, rischiando di avallare il messaggio per cui “qualcosa deve essere andato storto” nella vita di quella persona per essere giunti a formulare una scelta di questo tipo, preferiamo soffermarci sulle difficoltà psicologiche legate alla difficile accettazione sociale di non volere figli. A nessuno che voglia diventare genitore si chiede “Perché lo vuoi?”, mentre chi decide di non averne è costretto a misurarsi con le domande degli altri,  a vivisezionare le motivazioni, a scandagliare dentro di sé paure e bisogni. Un percorso che in realtà sarebbe auspicabile anche per chi sceglie di diventare genitore, per una piena assunzione di responsabilità, perché le motivazioni che portano a volere un figlio purtroppo non sono sempre così sane, e non è detto che “donare la vita” sia di per sé dimostrazione di generosità e capacità di amare.

 

E gli uomini che non vogliono figli?

Nonostante sia importantissimo studiare e analizzare la percentuale di donne childfree, statistiche simili non sono state pubblicate  per quanto riguarda gli uomini. Diversi studiosi hanno ricondotto  l’assenza di studi specifici su uomini childfree  al fatto che nella società occidentale, la scelta di non avere figli da parte dei maschi non è considerata così degna di nota o “anormale”: su di loro non viene applicato lo stesso stigma che subiscono le donne, tanto da non venire attenzionati negli studi, perlomeno fino ad oggi.

 

Generatività: non solo diventare genitori, ma tante sfaccettature possibili

Sentirsi ed essere generativi non è reso visibile esclusivamente dal mettere al mondo un figlio. Fare un figlio rientra di certo in questa categoria, ma non è l'unico modo possibile per esprimere la propria generatività, ne quello elettivo. Si può essere generativi nel proprio lavoro, in ambito artistico attraverso la propria creatività, in quello scientifico con piccole e grandi scoperte o innovazioni. Insomma si può essere generativi in senso pratico e tangibile o in modo più astratto, dal prendersi cura delle proprie piante in balcone, al generare spazi di confronto e nuove idee all'interno di un gruppo.

Ciò che accomuna tutte queste esperienze così variegate è sicuramente la presenza di una dimensione di crescita e della possibilità di dare il proprio contributo a qualcosa di altro da noi, che in parte ci appartiene e in parte no, qualcosa di cui ci possiamo occupare e prendere cura, e che probabilmente non potrebbe esistere senza di noi, almeno inizialmente, ma che comunque ha una propria dimensione indipendentemente da noi che abbiamo contribuito a crearlo: un film, un quadro, un libro, un gruppo che si “arricchiscono” nel tempo con i loro spettatori, lettori, partecipanti, una scoperta scientifica che si ramifica nel tempo in ulteriori scoperte.

E' importante sintonizzarci con la nostra generatività, assecondandone le diverse forme e coltivandola secondo i nostri desideri.

ESSERE GENITORI OGGI: TRA SFIDE E RISORSE

Diventare genitori è un evento trasformativo importante per la coppia e per i singoli individui che  determina a volta effetti maturativi e a volte disorganizzanti.

Tenendo conto della coppia, l'arrivo del primo figlio, comporta una grossa ristrutturazione, sia perchè da due si diventa tre, sia perchè bisogna imparare a considerare il partner nel ruolo di padre o madre.

A livello individuale si inizia a fare i conti con l'identificazione dei propri modelli genitoriali e allo stesso tempo ciascuno si confronterà con il proprio sé infantile. Per alcuni questo potrebbe richiedere una “riparazione”, se si sente di aver subito “danni” (per esempio se da piccoli non si è ricevuto molto affetto, si potrebbe aver la tendenza a dare al figlio tanto affetto in modo iperprotettivo oppure si potrebbe vedere il figlio come rivale).

Winnicott pediatra e psicoanalista, afferma che il mestiere di genitore è un qualcosa che la coppia inizia per gioco, accorgendosi solo più tardi di quanto sia difficile.

 

COSA SIGNIFICA ESSERE MAMMA?

La gravidanza, in particolar modo la prima, è un evento importante nella vita di una donna.

Secondo i comuni stereotipi sociali, la donna incinta è necessariamente felice, pronta ad accogliere la nuova vita che verrà, ma questo contrasta spesso con la realtà, poiché le donne si trovano a far fronte sia ad un cambiamento fisico e ormonale importante, sia ad un cambiamento psicologico: sono più vulnerabili e sensibili e ciò può esporle a volte a soffrire di umore triste, può portarle a sentirsi inadeguate, incapaci, culminando in alcuni casi in veri e propri stati depressivi.

A tal proposito Genny Mangiameli descrive due tipologie di donne, diverse a seconda di come vivono i bisogni durante la gravidanza: le facilitatrici, che si abbandonano di più allo sconvolgimento emotivo della gravidanza accettandone tutti i cambiamenti e le regolatrici, che invece tendono a contrapporsi ad esso, hanno difficoltà a rinunciare alla propria autonomia e il bambino viene vissuto come invasore scatenando un conflitto interiore molto forte. Fra queste due polarità possono esistere infinite sfumature, che possono variare nel corso del percorso di gravidanza.

La cosa importante non è doversi sentire per forza felici, ma ascoltare dentro di sé le emozioni, così da poterle accogliere e non sentirsi meno brave, solo perchè ci si sente tristi, si ha paura, non si è felici come ci si aspetta o si aspettano gli altri.

 

 

COSA SIGNIFICA ESSERE PAPA'?

Mentre la gravidanza coinvolge mente e corpo della donna, per l'uomo inizia un percorso graduale di responsabilità e consapevolezza del suo ruolo come genitore, che in alcuni casi può portare all'insorgere di una crescente sensazione di stress.

Timori comuni sono non riuscire a sostenere economicamente la famiglia o non essere di sostegno e supporto alla partner soprattutto in situazioni di emergenza; anche in questo caso come per le donne è importante ascoltare e accogliere le proprie paure così da non lasciarsi sopraffare.

E' importante valorizzare il vissuto emotivo dei papà e comprenderlo al pari di quello delle mamme, favorendo così anche una maggiore inclusione dei papà nel percorso della gravidanza, rispetto al quale potrebbero sentirsi periferici.

Anche per il papà è importante il coinvolgimento attivo sia nella fase della gravidanza che nelle fasi di cura del bambino.

 

 

ESSERE GENITORI EFFICACI: I CONSIGLI DEGLI PSICOLOGI

In questa fase importante e delicata della vita è sempre consigliato seguire corsi di accompagnamento alla nascita, che sono tenuti gratuitamente presso i consultori di zona.

E' importante saper ascoltare e accogliere le proprie paure ed emozioni e non vergognarsi di chiedere aiuto nei momenti di difficoltà per non lasciarsi sopraffare da essi.

Può essere utile in alcuni casi iniziare un percorso di psicoterapia che aiuti a prendere consapevolezza e sicurezza di sé nell'affrontare questa fase di cambiamento della propria vita .

E' inutile e dannoso inseguire il modello del genitore perfetto, poiché ciò che è alla base dell'essere un buon genitore è saper garantire ai propri figli la continuità di una relazione sicura, ciò permetterà loro un sano e graduale distacco, senza smettere mai di vederli e accettarli per come sono e non per come vorremmo che fossero.

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