Consultorio Antera

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In un'epoca, come quella che viviamo attualmente, la corsa frenetica che ci coinvolge e dalla quale non riusciamo ad esimerci, per via dei ritmi sempre più incalzanti che la società ci impone,  risulta essere sempre più complicato, se non impossibile, concedersi la possibilità di fermarsi per riflettere o semplicemente per arrivare a individuare possibili soluzioni a situazioni problematiche che la quotidianità ci pone innanzi. Non c’è tregua nei termini di una pausa intesa come recupero energetico, ma anche nei termini di uno stop dai tanti pensieri che quotidianamente affollano la nostra mente, pensieri molto spesso disfunzionali e che, se perpetuati con una certa costanza, possono generare un grande affaticamento e uno stato di tensione costante. Uno spazio di tempo in cui rallentare questo vortice di pensieri e il loro rapido susseguirsi, la possibilità di uno spazio di riflessione entro cui riconoscersi sia nei termini dei propri bisogni che nella possibilità di individuare soluzioni funzionali a problemi che attanagliano la mente risulta, essere di vitale importanza.

La tematica, pertanto, che andremo ad approfondire ha proprio a che vedere con la pratica e l’utilità della meditazione nel consentire all’individuo di acquisire una maggiore padronanza delle proprie attività mentali e la possibilità di convogliare la propria energia in direzione della soluzione creativa di questioni problematiche per il ripristino di una condizione mentale rilassata.

 

Che cos'è la meditazione?

Prima di entrare nel vivo della questione proviamo a dare una definizione della parola meditazione. Con il termine meditazione si intende “riflessione su un'idea” o anche “pensiero disciplinato”.

Approfondiremo tre tipi di meditazione:

  • meditazione riflessiva
  • meditazione recettiva
  • meditazione creativa .

 

Meditazione riflessiva

La pratica della meditazione riflessiva, perché sia efficace, richiede una preparazione.

Il primo passo consiste nel transitare dalla vita normale, ricca di tanti stimoli disordinati, al mondo interno ovvero traslare il nostro interesse e la nostra attenzione da quelle che sono le preoccupazioni delle nostre attività quotidiane al nostro mondo interiore. Questa preparazione deve però avvenire tenendo presente tre sfere: quella mentale, quella fisica e, infine, quella emotiva. Quando ci riferiamo alla sfera mentale intendiamo dire che l'interesse della mente deve focalizzarsi principalmente verso la nostra interiorità, quando invece ci riferiamo alla sfera emotiva, la nostra energia deve essere utilizzata per cercare di creare uno stato di quiete e di tranquillità e infine quando ci riferiamo alla sfera fisica l'intento deve essere quello di ridurre per quanto possibile ogni forma di tensione nervosa e muscolare .

Ci soffermiamo ora a dare delle brevi informazioni relative alle diverse forme di meditazione partendo appunto da quella riflessiva. Siamo quotidianamente abituati o meglio la nostra mente viene quotidianamente e spontaneamente sollecitata da stimoli e interessi di vario genere e questo processo avviene in maniera molto spesso disordinata e, possiamo pertanto dire che, tendenzialmente la mente opera indipendentemente dalla volontà. La mente umana è continuamente attiva per la sua indole naturale.

Per addentrarsi nella meditazione, perciò, la prima cosa da fare è quella di collocarsi  in uno spazio silenzioso, disporsi seduti e rimanere in quella posizione per un pò di tempo (in principio bastano anche solo dieci - quindici minuti) e fare in modo che la mente in qualche maniera vada avanti. In questa condizione generalmente i pensieri si affollano nella mente ma se si continua a praticare questa condizione ci si accorge che giorno dopo giorno la mente tenderà a far prevalere pensieri sempre meno violenti e pertanto a divenire più calma.

Se questa pratica ha modo di perpetuarsi nei giorni, dopo qualche tempo i pensieri tenderanno a diminuire, a essere sempre meno presenti, tanto che la mente sarà perfettamente in grado di controllarli. Il raggiungimento di questo stato richiede un costante esercizio.

E’ per merito di un atto di volontà che la mente sarà, allora, in grado di mantenersi concentrata su un'idea. Da quel momento possiamo iniziare a pensare che siamo in uno stato meditativo.

Per poter praticare la meditazione bisogna essere nella condizione di gestire la mente e perché questo accada, occorre un certo distacco dalla stessa. Se il primo passo è praticare la concentrazione, il passo successivo consisterà nel direzionare l'attività della mente in una specifica direzione, la mente deve essere posta nella condizione di eseguire il compito che le stiamo assegnando. Tutto questo implica una sorta di perseveranza e cioè una costanza  nel voler esaminare un determinato argomento in profondità.

Si possono individuare delle tematiche su cui voler meditare e individuare tutte le possibili accezioni che compromettono questa tematica. La meta di una meditazione potrebbe essere un'idea chiara su un determinato problema, su un determinato argomento e meditando possiamo approfondire anche la conoscenza di noi stessi .

 

Meditazione recettiva

La meditazione recettiva può essere paragonata a una sorta di occhio interiore  che cerca di scoprire cosa è possibile individuare al di sopra di quella che è la coscienza ordinaria.

Prerequisito indispensabile è il silenzio. Il silenzio è condizione necessaria per entrare in contatto con un'intuizione, un messaggio presente nel superconscio, con l'intento di comprendere cosa impedisce il suo approdare alla sfera di coscienza. Ci sono diversi modi per dominare la mente.

Un primo atteggiamento consiste nel rimanere fermi, nel ruolo di osservatore, rispetto all’attività frenetica della mente in modo che si stanchi di questa frenesia.

Un' altro modo può essere quello di ripetere costantemente una frase o una parola e nel pronunciarla ad alta voce o ancora quello di richiamare alla mente un quadro mentale, immagini, paesaggi, luoghi o altro. In questa meditazione solitamente il materiale giunge alla consapevolezza attraverso visioni o illuminazioni. Per illuminazione si intende la rivelazione della natura intrinseca delle cose, degli esseri viventi. 

 

Meditazione creativa

La meditazione creativa, infine, è il mezzo attraverso cui è possibile rigenerare, trasformare la nostra personalità.  Solitamente noi facciamo uso del potere creativo del pensiero ma su questo processo non esercitiamo alcun controllo. Tutto avviene senza che ce ne rendiamo conto, nella meditazione creativa si ha la possibilità di utilizzare questo pensiero creativo in maniera mirata dando il permesso di agire, soprattutto, a quelli che sono i pensieri buoni che rappresentano, cioè,  l'espressione della volontà di bene per noi.

Gli stadi di cui si compone la meditazione creativa sono:

1)  una definizione chiara dell'idea

2) l'uso dell'immaginazione con immagini o meglio simboli suggestivi che rivitalizzino l'idea con il sentimento e il desiderio.

 

In conclusione, a chi avesse desiderio di allenare la propria mente ed aumentare la propria capacità di concentrazione, in direzione di una maggiore consapevole di ciò che ci circonda e di quello  che siamo, potrebbe essere molto utile far ricorso all’uso della meditazione che tra l’altro consente di ridurre elevati livelli di stress

Sintomi o segnali di cambiamento? Le “famiglie Belier” al tempo dell'adolescenza

 

Adolescenza: evoluzione e conflitto

Nel processo di naturale evoluzione di una famiglia ci sono molte fasi che impongono di negoziare nuove regole familiari ed è inevitabile che in insorgano conflitti, che la tensione si alzi. In questo processo nascono occasioni di crescita per tutti i componenti della famiglia; ma se non si risolvono, i conflitti transazionali possono dare origine a molti altri problemi.

Le transizioni corrispondono al passaggio da una fase all’altra del ciclo vitale della famiglia, ognuna delle quali è caratterizzata da specifici compiti evolutivi: nel passaggio attraverso le varie fasi, gli individui dovrebbero progredire nel processo di individuazione e raggiungere un sufficiente livello di differenziazione.

Un individuo ben differenziato può appartenere a diversi sottosistemi, sia all’interno che all’esterno della famiglia, rispetto ai quali può aderire e separarsi senza perdere il senso della propria continuità personale. A volte questo processo osserva una o più battute d’arresto ed è proprio nelle fasi di passaggio del ciclo di vita della famiglia che molto spesso si collocano le richieste di aiuto dei pazienti.

 

Come vengono accolte in psicoterapia le richieste di aiuto in adolescenza

Per i terapeuti, si pongono una serie di domande: come leggere i sintomi? Come problemi, messaggi o soluzioni? Da che punto di vista dobbiamo guardare alle situazioni di difficoltà? In che fase del ciclo di vita siamo? Quali tecniche è più corretto utilizzare? Sappiamo che, per curare il sintomo, esso va prima accolto, dotato di senso ed utilizzato per far muovere la terapia.

È pur sempre una soluzione ed in quanto tale non va sempre e comunque combattuta, ma accolta per essere poi sostituita da una più funzionale, da nuovi meccanismi relazionali, da nuove regole.

 

Ciclo vitale della famiglia e adolescenza

Il raggiungimento dell’adolescenza da parte dei figli segna un momento particolarmente critico nel ciclo vitale di una famiglia ed è un periodo che rappresenta bene il passaggio da una fase del ciclo di vita della famiglia ad un'altra. 

L’adolescenza mette infatti a dura prova le capacità adattive dell’organizzazione familiare: le relazioni debbono essere profondamente ridefinite, le forme dell’attaccamento e della cura mutano, il comportamento esploratorio dei figli inizia ad aver luogo al di fuori della famiglia.

 

La famiglia Belier : uno sguardo all'adolescenza attraverso il cinema

Tra le varie rappresentazioni cinematografiche che affrontano questo tema, ce n’è una particolarmente significativa: si tratta di un film dal titolo “La famiglia Belier” del 2014. 

Questa la trama: Rodolphe Bèlier, sua moglie Gigi e il loro figlio minore Quentin sono tutti privi dell'udito e della parola, mentre la sedicenne Paula, la loro figlia maggiore, dotata sia dell'udito sia della parola, comunica con la famiglia mediante la lingua dei segni e rappresenta per essa un'indispensabile interprete.

I Bélier sono agricoltori e vivono vicino nell'ovest della Francia. Paula aiuta i genitori nelle stalle e nella vita quotidiana, è il tramite tra la famiglia ed il mondo esterno: quando si tratta di rispondere al telefono per trattare con il referente in banca o per tradurre un consulto con il medico, per interagire con i clienti al mercato cittadino, dove ogni domenica i Bélier vendono formaggio.

Come attività extra scolastica, Paula sceglie il corso di canto ed in questo contesto scopre un talento inespresso, tanto da catturare l’attenzione del suo maestro, che le propone, oltre che di partecipare a varie esibizioni scolastiche, anche di rispondere alla richiesta di una scuola di canto parigina, che avrebbe organizzato una audizione per trovare nuovi talenti.

Paula, sapendo del suo ruolo cruciale in famiglia, tiene inizialmente tutto nascosto ai genitori, per paura che potessero vivere il suo interesse per attività al di fuori di quelle relative all’azienda familiare come una forma di abbandono.

Nonostante gli sforzi della ragazza, Rodolphe e Gigi vengono a sapere la verità. Dopo una fase iniziale di forti contrasti, che ha portato Paula a rinunciare alla partecipazione alla audizione, i genitori a poco a poco si accorgono del talento della figlia ed accettano di accompagnarla a Parigi.

Quando canta davanti alla commissione che la sta esaminando, Paula, per far capire ai genitori le parole della canzone da lei scelta, utilizza insieme alla voce il linguaggio dei segni. Il talento di Paula, il canto, è stato inizialmente vissuto come una specie di tradimento dai genitori, che non ne possono avere accesso, e come una sorta di colpa da lei stessa.

Ma attraverso il linguaggio dei segni cantato, Paula riesce a sintonizzarsi anche da un punto di vista emotivo con la sua famiglia, ponendo le basi per una affermazione di sé che non implicasse uno strappo o una distanza eccessiva.

Ha trovato il modo di utilizzare un linguaggio comune che è stato capito, laddove in precedenza prevaleva invece la diversità di vedute ed una impossibilità apparente di comunicare. Da due grammatiche diverse, si è arrivati ad una sintassi comune, che è stata in grado di promuovere il cambiamento.

 

Come i sintomi possono divenire strumenti di cambiamento

In questa storia, il sintomo-canto, aspramente combattuta in una fase iniziale, è stato lo strumento attraverso il quale ogni individuo è divenuto progressivamente meno indispensabile per il funzionamento della famiglia di origine, creando un proprio spazio personale ed accrescendolo.

Nel corso di questo processo, tutti hanno avuto modo di sperimentare nuove modalità relazionali, divenendo più autonomi da punto di vista emotivo e cognitivo.

L’adolescenza rappresenta una fase decisiva per la costruzione dell’identità adulta e per il consolidamento della personalità. Come tale, questa fase della vita costituisce una importante opportunità di crescita e di proiezione al futuro in cui si verificano trasformazioni significative sia da un punto di vista corporeo che affettivo e cognitivo.

I nuovi compiti di sviluppo impongono al ragazzo di oltrepassare la dipendenza dal caregiver tipica dell’infanzia giungendo alla sostituzione dei legami primari con quelli con pari. Parallelamente l’adolescente necessita altresì di mantenere anche un senso di continuità rispetto alla propria rappresentazione di Sé, dell’altro e delle relazioni.

 

Adolescente: quale distanza dai genitori?

In adolescenza, è fuor di dubbio che i comportamenti di attaccamento verso i genitori vengano attivati meno assiduamente, ma è altrettanto vero che gli adulti di riferimento continuano a rappresentare una “base sicura” per il ragazzo, specialmente nei momenti di difficoltà. In tal senso dunque, il processo di individuazione non deve essere visto rigorosamente come una frattura netta con i genitori, ma piuttosto come un processo di profondo cambiamento che avviene con loro, coinvolgendoli in prima persona. Appare, dunque, superata l’idea che vede l’adolescenza necessariamente come quella fase della vita caratterizzata da lotte estremamente insidiose e dolorose tra genitori e figli. Piuttosto, la letteratura sembra aver dimostrato che solo limitatamente, nei casi in cui è presente una sofferenza psicopatologica, le tensioni adolescenziali conducono ad una vera e propria fattura relazionale e comunicativa intergenerazionale.

 

Nuovi ruoli in famiglia

E’ tuttavia innegabile che nel corso dell’adolescenza si riattivi una contrattazione dei ruoli e delle funzioni intrafamiliari attraverso cui ogni membro deve trovare una nuova collocazione nel rapporto agli altri. Ciò ha come conseguenza la necessità di impostare nuovamente, all’interno della famiglia dell’adolescente, le modalità relative alla comprensione e alla distanza interpersonale. Il passaggio dall’infanzia all’età adulta, sembra quindi essere influenzato non solo dalla saldezza delle strutture psichiche dell’adolescente, ma anche dalle capacità dell’ambiente di supportarlo nel suo processo di crescita.

 

I figli diventano adolescenti e i genitori diventano madri e padri di un adolescente

Quando un figlio cresce, anche i genitori hanno dunque il dovere di “revisionare” i propri aspetti interni relativi al rapporto affettivo connesso al distanziamento e alla separazione per permettere al figlio di diventare adulto. I genitori sono chiamati a costruirsi una nuova idea del figlio, che mai come in adolescenza, appare loro “distante”, “incomprensibile” talvolta “inaccessibile”. In questo complesso processo di riorganizzazione i genitori rischiano di fornire al figlio risposte inadeguate, talvolta ambigue, in cui l’adolescente viene considerato adulto o bambino a seconda delle situazioni e dei ruoli. Tale ambivalenza se apparentemente sembra consentire una maggior tutela del ragazzo, volta a preservarlo dai pericoli propri della sua fase di ciclo vitale, in realtà rischia di non agevolare pienamente il processo di crescita. Per i genitori, spesso appare rischioso e difficile “perdere il controllo” del proprio figlio che si affaccia al mondo con i suoi strumenti, inevitabilmente differenti da quelli della generazione precedente, e troppo spesso considerati superficialmente errati.

 

Adolescenza: quale ruolo per la scuola?

Anche la scuola sovente rischia di fornire risposte incongrue e inadeguate ai bisogni evolutivi degli adolescenti, “dimenticando” di rappresentare la vera palestra di crescita delle competenze individuali e relazionali verso cui ogni adolescente tende naturalmente quando inizia a separarsi dalla famiglia nel tentativo di costruire una identità autonoma. Per gli insegnati non è mai semplice trovare un equilibrio tra la necessità di rappresentare il mondo delle regole di convivenza e al contempo l’ambiente di accoglienza di cui i ragazzi avrebbero bisogno. Il rischio è che, di fronte ad una scuola sempre più depauperata e ad un corpo docente privato spesso della sua autonomia e della giusta preparazione, tali problematiche perdano centralità e vengano trascurate.

 

Contesto di appartenenza come fattore protettivo per gli adolescenti

Risulta, quindi, evidente che il modo in cui gli adulti si interfacciano con l’adolescente rappresenta senza dubbio un fattore di protezione o di rischio per il suo benessere psicologico. In tal senso, dunque, dietro alle difficoltà espresse da un adolescente è possibile cogliere la somma di risposte incongrue degli adulti alla inevitabile trasformazione che investe il ragazzo e i suoi sistemi di riferimento in questa fase di ciclo vitale.

 

Quando è necessario chiedere aiuto?

Una sana acquisizione dell’identità va di pari passo con il benessere psicologico, in quanto indicherebbe una buona capacità di adattamento all’ambiente. Tuttavia in condizioni di vulnerabilità, sia individuali che ambientali, sembra venire meno negli adolescenti proprio questa capacità di definire meglio il proprio Sé, inibendo le proprie capacità di strutturare un’immagine di sé positiva e rivolta verso il futuro.

In questi casi un intervento psicoterapeutico può rappresentare una valida opportunità per permettere evoluzioni positive sia per l’adolescente che per la sua famiglia; permettendo loro di accedere ad una trasformazione che coinvolge sia processi intrapsichici che intersoggettivi.

Il Consultorio Antera APS, nelle sue sedi di Roma, Fiumicino e Monterotondo,  offre la possibilità di incontrare psicoterapeuti esperti nell'accogliere adolescentie famiglie, supportandoli in questa delicata fase di passaggio.

           

Imparare ad orientarsi fra i diversi significati, accogliendo e supportando i nostri ragazzi

L’osservazione dell’attuale contesto storico-sociale ha rilevato come l’acronimo LGBTQ+ e i termini associati (lesbiche, gay, bisessuale, transgender, queer), siano sempre più frequentemente usati nel linguaggio comune dei giovani e non. Tuttavia, l’uso di questi termini avviene a volte in maniera non corretta, probabilmente poiché c’è alla base una confusione tra concetti strettamente intrecciati come ruolo di genere, identità di genere e orientamento sessuale.

  • Il ruolo di genere corrisponde ad un insieme di comportamenti e consuetudini, in linea con un dato sistema sociale, che si mettono in atto per esprimere agli altri l’appartenenza a un determinato sesso. L’essere in linea o meno con queste “norme” sociali non corrisponde però al percepirsi o non percepirsi come maschi o femmine. Ad esempio ad una bambina potrebbe piacere giocare a calcio piuttosto che con le bambole ma non significa che si senta un maschio.
  • L’identità di genere risponde alla domanda interna “chi sono io: maschio, femmina, un po' di entrambi, nessuno dei due?” Tipicamente l’identità di genere inizia a svilupparsi sin dall’infanzia e può accadere che gli individui sentano una corrispondenza con il sesso biologico col quale sono nati, oppure che si percepiscano in maniera opposta al proprio sesso biologico.
  • L’orientamento sessuale risponde alla domanda “a me chi piace? Verso chi è diretto il mio desiderio? Da chi sono attratto emotivamente, fisicamente e affettivamente?” L’orientamento sessuale si sviluppa durante la pubertà. per poi definirsi in maniera più stabile in età adulta, e si può declinare in:

            eterosessuale: attrazione verso persone del sesso opposto

            omosessuale: attrazione verso persone dello stesso sesso

            bisessuale: attrazione verso entrambi i sessi

            pansessuale: attrazione verso tutti i generi e sessi, ad essere scelta è la persona per alcune sue determinate caratteristiche personologiche.

 

 

Identità di genere: che cos'è e come può esprimersi

Proviamo ad approfondire il concetto di identità di genere, immaginandolo non collocato su due polarità quali maschile e femminile, ma che si possa delineare con più sfumature giungendo alla seguente classificazione:

  • cisgender: ci si riconosce nel proprio sesso biologico
  • transgender: la percezione di sé è opposta a quella dei caratteri sessuali primari e secondari
  • transessuale: persone transgender che hanno iniziato un lungo percorso psicologico e medico di transizione che le porterà a raggiungere l’identità di genere d’appartenenza
  • agender: non ci si sente né maschio né femmina, a prescindere dal proprio aspetto fisico
  • bigender: si sente dentro di sé la compresenza sia del genere maschile che del genere femminile
  • gender fluid: la percezione di sé e quindi la propria identità di genere cambia a seconda dei momenti e oscilla prevalentemente tra il sentirsi donna e il sentirsi uomo. Rappresentativo di questo uscire fuori dal binario dell’identità di genere, talvolta abbracciando ambedue le sue estremità, talvolta allontanandosene del tutto, è il termine ombrello Gender queer.

 

Che cosa si intende per disforia di genere

Abbiamo visto come non sempre c’è una corrispondenza tra la percezione della propria identità e il sesso biologico ed in alcuni casi può comportare un profondo malessere e stato di stress. Quando ciò accade si parla di disforia di genere. Nel DSM-5 la disforia di genere viene definita come uno stato persistente di sofferenza clinicamente significativa e/o con compromissione del funzionamento sociale, scolastico o in altre aree importanti, causata nell’individuo dalla percezione di una significativa incongruenza tra la propria identità di genere e il proprio corpo (caratteristiche sessuali primarie e secondarie), quasi come se si sentisse imprigionato in un corpo che rifiuta.

Questo tipo di disagio può essere sperimentato già durante gli anni dell’infanzia e presentarsi con specifiche caratteristiche, alcune simili a quelle dell’adulto (affermazioni da parte del bambino o della bambina di essere del sesso opposto; preferenza ad indossare gli abiti del sesso opposto; preferenza verso giochi che prevedono uno scambio di ruolo; preferenza a giocare con dei giochi destinati all’altro sesso; desiderio di essere dell’altro sesso; sviluppo di emozioni negative verso i propri genitali; rifiuto attivo verso giochi ed attività destinate al sesso di appartenenza). Durante la pubertà ci può essere una verifica della disforia di genere presente già nell’infanzia, e quindi accade che ci sia o il superamento o la conferma.

 

Adolescenza e identità di genere

L’adolescenza è un periodo in cui i ragazzi sono chiamati ad un grande compito evolutivo: strutturare una propria identità unica. Sono alle prese con numerosi cambiamenti, sia corporei che mentali, si confrontano con lati del carattere ambivalenti e a volte in conflitto tra loro. L’adolescenza è il tempo della ricerca di una propria autenticità, fatta di gusti e preferenze autonome, in un processo di scelta di quanto e cosa tenere e lasciare andare dei modelli familiari e di quelli sociali.

In questo processo di definizione di sé rientrano anche l’orientamento sessuale e l’identità di genere che, se diversi dal gruppo dei pari, potrebbero essere vissuti con vergogna, senso di inadeguatezza e paura della stigmatizzazione come “diverso”. Queste pressioni sociali e relazionali potrebbero acuirsi e comportare un aumentato rischio di disturbi psichici, di isolamento e di disadattamento sociale, fino in alcuni casi al suicidio.

Allo stesso tempo anche le relazioni familiari potrebbero essere fonte di tensioni nel momento in cui le scelte identitarie e sessuali dell’adolescente non coincidano con le aspettative genitoriali, a volte compromettendo il riconoscimento e l’accettazione del ragazzo da parte dell’ambiente familiare.

Altre volte i genitori, pur mostrando un’iniziale e forse titubante approvazione, possono rimanere bloccati da paure e pregiudizi nell’affrontare un confronto aperto su quelle specifiche tematiche, lasciando l’adolescente solo con i propri dubbi e timori.

 

Che cosa fare per favorire una buona definizione di se'?

Offrire all’adolescente uno spazio d’ascolto psicologico per parlare in modo costruttivo e sano dei propri vissuti, dei conflitti interiori, delle ansie relativi alla definizione di un sé, comprensivo dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, si rivela necessario e funzionale ad un processo di autentica accettazione personale.

Al contempo è necessario accogliere anche i genitori con i loro timori ed emozioni, per sostenerli nel loro ruolo e  nelle funzioni di accompagnamento dei figli.

 

Il Consultorio Antera Onlus, nelle sedi di Roma, Monterotondo e Fiumicino, offre la possibilità di incontrare psicoterapeuti esperti nelle difficoltà legate al proprio orientamento sessuale o all'identità di genere, accogliendo e accompagnando gli individui e le famiglie all'interno di percorsi terapeutici.

Due sono gli elementi che appaiano certi nella nostra vita: uno è il cambiamento e l’altro è rappresentato dalla resistenza a viverlo.

Come mai ci capita di avere così tanta difficoltà ad affrontare un cambiamento anche se riconosciamo che sarebbe la soluzione migliore per noi?

Quando pensiamo al cambiamento siamo invasi sia da un senso di desiderio e contemporaneamente anche di paura che spesso ci impedisce di procedere verso nuove prospettive.

 

Come affrontare il cambiamento

Il primo passo da considerare è permetterci di lavorare sulla consapevolezza di quel che significa apportare un cambiamento nella nostra vita. Quando cambiamo anche se lo facciamo per noi stessi, questo spesso crea delle modifiche nella nostra rete relazionale e quindi potremmo aver timore di perdere i nostri affetti o di creare delle conflittualità nei nostri gruppi di riferimento.

Ad esempio decidere di avere più tempo per noi stessi potrebbe implicare di essere meno disponibili per gli altri che potrebbero “risentire” di questo.

 

Impariamo a definirci nelle scelte

Una considerazione ulteriore riguarda il tema della scelta che è strettamente correlata alla paura del cambiamento: in che modo ci consideriamo capaci di scegliere? Ci sentiamo in grado di affrontarne le conseguenze?  Che tipo di esperienze nella nostra vita abbiamo avuto rispetto ai cambiamenti? Quali modelli abbiamo appreso nella nostra storia ?

Le persone con una bassa autostima e/o con storie di sofferenza psichica spesso  affrontano le scelte in modo complicato accogliendo sfide e decisioni con pessimismo e a volte bloccandosi di conseguenza. 

 

Tendenza a restare nella propria comfort zone

Si ha più difficoltà ad affrontare situazioni nuove o inattese poiché si preferisce restare nella propria “comfort zone”, al riparo da possibili minacce e fallimenti.

Questo “atteggiamento” non può che essere limitante per l’individuo, poiché lo porta a non voler rinnovarsi, ma ad accontentarsi di ciò che è la sua situazione attuale, senza darsi neppure la possibilità di mettersi in gioco seriamente.

 

Cambiamento e tempistiche di cambiamento

Un altro impedimento che ad oggi possiamo osservare rispetto al cambiamento è il preconcetto relativo al tempo e al “costo interno” che richiede.

Sui tempi abbiamo davanti il limite di immaginare che il cambiamento debba essere veloce e immediato come un “touch” su un dispositivo, questa tipologia di pensiero ci scoraggia rispetto al riscontro più lento dei passaggi che approntiamo per progettarlo e affrontarlo.

Sulla fatica invece che richiede il lavoro del cambiamento, abbiamo spesso l’idea di non riuscire ad affrontarla o che forse non ne valga veramente la pena, quindi ci ritiriamo e tendiamo ad evitare, auto-boicottando la propria opportunità.

Questo di fatto ci danneggia, poiché potremmo ritrovarci a vivere una situazione di limbo o, cosa peggiore, a subire una situazione in cui il cambiamento diventa inevitabile.

 

Cambiamento e certezze

Unultima causa della paura del cambiamento riguarda l’idea che noi abbiamo delle nostre certezze. Tutto ciò di cui noi siamo convinti, tutto ciò che ci fa stare al “sicuro” in realtà potrebbe venir messo in discussione dalla realtà della vita (un trasferimento, un cambiamento lavorativo, una malattia, una morte  ecc…)

Questo accade perché tale sistema di certezze si basa sulla nostra esperienza, su ciò che quindi noi abbiamo vissuto, ma soprattutto su quello che noi abbiamo percepito di noi stessi, da queste esperienze.

 

Come affrontare la paura del cambiamento

Quando la paura del cambiamento ci blocca in meccanismi che ci impediscono di svolgere cio’ di cui veramente sentiamo il bisogno può diventare necessario intraprendere un percorso psicoterapico e quindi chiedere un aiuto professionale, in modo che possiamo abbassare il rischio che  sarà  la paura a  scegliere al nostro posto e lavorare sugli ostacoli che visualizziamo sulla nostra strada e sulle risorse che possiamo mettere in campo per affrontare la paura.

 

Il Consultorio Antera offre la possibilità di lavorare su queste tematiche attraverso la sua equipe di psicologi e psicoterapeuti nelle tre diverse sedi di Roma, Fiumicino e Monterotondo.

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