Come vivere al tempo del terrorismo? Quali misure precauzionali adottare? Quali abitudini cambiare? Si riuscirà mai a tornare alla perduta sicurezza?
Questi sono solo alcuni degli interrogativi che ci poniamo mentre televisioni, internet e giornali ci espongono a un quotidiano resoconto di sangue e atrocità, partendo dall'epocale attentato alle Torri Gemelle, ricordando la strage del Bataclan, l’eccidio di Nizza, fino a giungere all'ultimo doppio attacco londinese al London Bridge e al Borough Market, senza dimenticare i feriti causati dal panico a piazza San Carlo durante la finale di Champions League.
A vederlo da un punto di vista puramente quantitativo, il numero di morti causati da attentati, anche di grandi dimensioni, è paradossalmente “limitato”: 2.752 morti nell'attacco alle Torri Gemelle sono appena un ventesimo del numero di morti per incidente stradale, nello stesso anno, negli Stati Uniti. Chiaramente, i vissuti psicologici e sociali attivati dalle due tipologie di decessi sono profondamente diversi, perché cambia il significato psicologico e sociale. L’atto terroristico è molto più potente, perché va a violare la nostra rappresentazione del mondo, con le sue regole e la sua prevedibilità, che sono proprio ciò che alimenta il nostro senso di sicurezza. Il poter essere uccisi in maniera del tutto imprevedibile e incontrollabile nel corso di normali attività quotidiane (prendere la metropolitana, salire su un autobus, viaggiare in aereo, andare ad un concerto) intacca nel profondo le nostre aspettative relazionali e sociali e quindi la nostra sicurezza.
E' necessario imparare a gestire correttamente la paura, senza negarla, bensì essendone consapevoli e potendola esprimere. Attraverso la resilienza (cioè la capacità di resistere in modo flessibile per un nuovo adattamento) risulta decisivo provare la giusta dose di paura, senza diventare preda del panico e del terrore.
Poter convivere con la paura sembra diventare un imperativo fondamentale, riuscendo a distinguere fra paura utile e paura inutile, fra paura efficace e paura dannosa, in ogni caso, resistere alla paura irrazionale, che può portare al tragico epilogo dei recenti fatti di piazza San Carlo. Razionalizzare la paura e padroneggiarla, senza permetterle di impedirci di vivere appieno le nostre attività quotidiane.
Dobbiamo diffidare da modelli semplici: “Noi vs. Loro”, “Bene vs. Male”. E' importante informarsi e cercare di conoscere i fenomeni socioculturali nelle loro diverse sfumature, porre attenzione alle complessità sociali, ai temi di marginalità e giustizia economica e sociale, molto importanti ad esempio per capire come ci siano fra gli ultimi terroristi molti giovani europei di seconda o addirittura terza generazione. Questo chiaramente non significa avere un dialogo con chi attua violenza, ma porre maggiore attenzione preventiva ai precursori socioculturali ed ideologici che possono poi trasformarsi in ideologismi estremi, nell'ottica di una buona integrazione. Comprendere non vuol dire assolutamente giustificare, ma poterci dare delle spiegazioni razionali ci aiuta a contestualizzare meglio quanto ci accade intorno e a leggerlo come meno imprevedibile e incontrollabile.
La fiducia costituisce il primo passo per aprire una breccia nella bolla di insicurezza e di angoscia in cui si insinua anche “la paura della paura”, in grado di restringere ancor più il nostro campo esistenziale e di bloccarci proprio nel nostro quotidiano e nelle nostre abitudini. E' importante poter riporre maggiormente la propria fiducia nella comunità e nelle istituzioni, scongiurando l'idea di un inesorabile isolamento, che altro non fa che amplificare il senso di impotenza e di pericolo rispetto alla propria persona e ai propri cari. La fiducia è il tentativo di soluzione della legittima paura e delle emozioni negative ad essa collegate. La funzione della psicologia, pur con i suoi limiti, può assumere un valore importante. Soprattutto nel genere e ripristinare fiducia: in se stessi, nella comunità e nelle varie risorse alle quali attingere.