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La terapia familiare è una forma di psicoterapia che si focalizza sul sistema famiglia e sulle complesse relazioni che si vengono a creare al suo interno. La terapia familiare  ha il compito di analizzare e modificare le dinamiche relazionali interne al nucleo familiare visto come sistema e, al contempo, di favorire il benessere del singolo individuo.

La famiglia, quasi come una persona singola, ha propri cicli di vita, ed è sottoposta a eventi esterni e interni che la trasformano. Spesso la famiglia, quando si trova in situazioni di difficoltà, tende ad agire inconsapevolmente con dinamiche relazionali disfunzionali e comportamenti ripetitivi che sostengono e alimentano il disagio dei suoi membri, anziché risolverlo.

 

Quando può essere utile la terapia familiare?

Le questioni che possono richiedere il sostegno di una terapia familiare sono variegate e non facilmente riassumibili. Il malessere di uno dei membri della famiglia può essere letto alla luce delle dinamiche relazionali presenti al suo interno ed egli rappresenterà non il problema da risolvere, ma il segno di una crisi all’interno del sistema in cui è inserito. Il progetto terapeutico potrà prediligere la terapia familiare come unica forma di intervento o in affiancamento e sostegno di percorsi individuali, in particolar modo quando il disagio viene espresso attraverso il malessere di un adolescente o di un giovane adulto.

Nel corso della vita la famiglia si trova a fronteggiare situazioni diverse dette eventi critici, situazioni che possono determinare un forte stress e che impongono una riorganizzazione della struttura familiare perché essa possa continuare a sussistere. Tali eventi si distinguono in due categorie: eventi critici normativi e paranormativi.

Gli eventi critici normativi, come suggerisce il temine, sono tutti quegli avvenimenti che è naturale accadano durante il ciclo di vita, prevedibili, ma non per questo meno destabilizzanti per il nucleo:

  • la nuova vita di una coppia sposata
  • la nascita di un figlio
  • l’adolescenza
  • l’abbandono del nido da parte del giovane adulto che ricerca la propria indipendenza
  • l’età anziana

Si tratta di vere e proprie tappe obbligate attraverso le quali ogni famiglia deve passare e che per essere superate serenamente prevedono dei cambiamenti strutturali, un’evoluzione naturale dei rapporti interni che debbono riconfigurarsi secondo nuove esigenze. 

Gli eventi critici paranormativi, invece, sono tutte quelle situazioni imprevedibili che possono scuotere alla fondamenta la famiglia, rappresentando un vero e proprio evento traumatico:

  • la morte di un membro della famiglia
  • la rottura del nucleo familiare a causa di un divorzio o una separazione
  • improvvisi problemi di salute
  • perdita del lavoro

Gli eventi critici, dunque, mettono a dura prova la tenuta del sistema familiare, determinando conflitti e tensioni emotive che possono trovare nel singolo la via per manifestarsi come sintomo del disagio familiare.

 

Come funziona un percorso di terapia familiare?

Inizialmente si delinea di solito la storia familiare di origine, la struttura della famiglia attuale e la sua rete di riferimento, poi ci si focalizza sui rapporti interpersonali all'interno del sistema cercando di mantenere il focus sulle difficoltà che portano le persone a chiedere aiuto.

In seguito, sulla base delle ipotesi di lavoro, si cerca di rendere fluida e flessibile la comunicazione, alleggerendo le cosiddette situazioni di “blocco” o di “stallo”. Per riuscire a realizzare una buona terapia familiare è indispensabile il contributo di ciascuno dei componenti: chi si conosce così bene ha molte risorse da mettere in campo per il benessere di tutti!

Ogni membro ha la possibilità di definirsi rispetto alla famiglia, ovvero di ritrovarsi come persona con i suoi bisogni all'interno del sistema. L'approccio non è quindi colpevolizzante, non si cerca un responsabile del disagio, un colpevole, ma si cercano risorse in ciascuno, si maturano possibilità di crescita e svincolo dei figli, agevolando il passaggio a nuove fasi del ciclo vitale della famiglia.

Di volta in volta la presenza dei vari membri in seduta può cambiare, in quanto a discrezione del terapeuta e soprattutto il linea con gli obiettivi da perseguire, può essere presente l'intero nucleo familiare o possono essere convocati solo i genitori, o solo i figli, senza perdere però la visione di un intervento che è fatto con e per  tutti i membri, ovvero a beneficio dell'intero sistema. Il setting della terapia con la famiglia è pertanto flessibile, potendosi così concentrare sulle varie istanze problematiche portate dai vari componenti e dando a ciascuno uno spazio adeguato di ascolto. 

 

Quali sono gli obiettivi della terapia familiare?

Il fine ultimo della terapia familiare non è quello di trovare una causa del disagio e ancor meno “colpevoli” o definire “vittime e carnefici”,  quanto quello di riuscire a ribaltare  gli schemi di comportamento precostituiti: in tal modo i vari membri della famiglia prendono consapevolezza e  sperimentano nuove modalità di rapportarsi gli uni verso gli altri. La funzione della psicoterapia familiare è quella di supportare tutti i membri, facilitando un processo di trasformazione del sistema, grazie all'instaurarsi di un rapporto di fiducia e alleanza del terapeuta con ognuno dei familiari.

Nella terapia tale trasformazione si traduce in cambiamenti di ognuno rispetto agli altri, con conseguente modifica delle reciproche richieste ed aspettative.

Il terapeuta non lavora con lo scopo di educare la famiglia, ma per aiutarla a modificare il suo funzionamento interno, affinchè possa affrontare al meglio i suoi compiti evolutivi. E' la famiglia stessa, con le sue risorse interne, a diventare matrice della crescita dei suoi componenti, quella terapeutico è solo uno “spazio facilitante”. Uno degli elementi cardine su cui si basa il lavoro con le famiglie è quello di preservare le rispettive identità, comprendere e rispettare le differenze e i bisogni del singoli al contempo favorire processi sinergici fra i suoi componenti.

 

Terapia familiare a Roma, Monterotondo e Fiumicino 

Il Consultorio Antera Onlus, nelle sedi di Roma, Monterotondo e Fiumicino offre la possibilità di incontrare psicoterapeuti esperti nelle difficoltà legate alle dinamiche familiari, accogliendo e accompagnando gli individui all'interno di percorsi di psicoterapia con la famiglia costruiti ad hoc su ogni specifica situazione.

DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO (DOP)

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-IV), fornisce i seguenti criteri per effettuare la diagnosi di Disturbo oppositivo- provocatorio:

A. Una modalità di comportamento, negativistico, ostile e provocatorio che dura da almeno 6 mesi, durante i quali sono stati presenti 4 (o più) dei seguenti:

  1. spesso va in collera
  2. spesso litiga con gli adulti
  3. spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare la/le richieste o regole degli adulti
  4. spesso irrita deliberatamente le persone
  5. spesso accusa gli altri per i propri errori o il proprio cattivo comportamento
  6. è spesso suscettibile o facilmente irritato dagli altri
  7. è spesso arrabbiato e rancoroso
  8. è spesso dispettoso e vendicativo

Nota. Considerare soddisfatto un criterio solo se il comportamento si manifesta più frequentemente rispetto a quanto si osserva tipicamente in soggetti paragonabili per età e livello di sviluppo.

B. L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.

C. I comportamenti non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un disturbo psicotico o di un disturbo dell’umore.

D. Non sono soddisfatti i criteri per il disturbo della condotta, e, se il soggetto ha 18 anni o più, non risultano soddisfatti i criteri per il disturbo antisociale di personalità.

Nella quotidianità questi criteri si traducono con la messa in atto da parte del bambino di comportamenti tirannici e drammaticamente vincolanti nei confronti del genitore, il quale sente di aver perso la propria autorevolezza e il controllo educativo sul figlio; la relazione tra genitore e bambino è centrata sulla sfida e la provocazione, con atteggiamenti reciprocamente minaccianti e punitivi. Nel corso dell’interazione quotidiana sono ingaggiate lotte sfibranti sulle questioni più svariate, quali il vestiario, l’alimentazione, il gioco, i compiti, in cui il contenuto da contendere diventa irrilevante. I sintomi del disturbo sono tipicamente più evidenti nelle interazioni con gli adulti o i coetanei che il bambino conosce bene. Il soggetto con disturbo oppositivo-provocatorio non si considera irritante, ma giustifica il proprio comportamento come una risposta a richieste o a circostanze irragionevoli. L’ostilità viene espressa disturbando deliberatamente gli altri o con aggressioni verbali. Le manifestazioni del disturbo sono quasi inevitabilmente espresse nell’ambiente familiare, ma non necessariamente a scuola o nella comunità.
Dal momento che la diagnosi riguarda soggetti in età evolutiva, la cui personalità non è ancora sufficientemente strutturata, occorre essere particolarmente cauti nella valutazione dell’eventuale presenza di un disturbo oppositivo-provocatorio: infatti il comportamento oppositivo costituisce una tipica manifestazione di certi stadi dello sviluppo. Affinché si possa formulare una diagnosi di questo tipo è necessario che i comportamenti si manifestino più frequentemente ed abbiano conseguenze più consistenti rispetto a quelle tipicamente osservate in altri soggetti che si trovano allo stesso  livello di sviluppo.

 

COME AFFRONTARE IL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO?

Prima di tutto occorre ribadire che il comportamento provocatorio è una manifestazione tipica di alcuni stadi di sviluppo, quali la prima fanciullezza e l’adolescenza: in questi casi si tratta di un fenomeno transitorio destinato ad attenuarsi spontaneamente e comunque non dovrebbe determinare importanti difficoltà nella vita scolastica e sociale del soggetto. Se però la modalità di comportamento oppositiva-provocatoria persiste per un notevole periodo di tempo (più di 6 mesi) e comporta un’effettiva compromissione nelle capacità del bambino di affrontare le normali attività scolastiche e sociali, allora occorre rivolgersi ad uno specialista, ed anzi attendere ulteriormente non è opportuno, dal momento che un intervento tempestivo produce spesso esiti positivi.
Il trattamento è multimodale e prevede sia un intervento individuale sul bambino, sia interventi familiari, extrafamiliari, eventualmente anche psicofarmacologici.

Psicoterapia individuale
L’intervento individuale sul bambino avviene mediante analisi del gioco, ristrutturazione cognitiva, volta a modificare le convinzioni distorte alla base del suo comportamento disadattivo, e training di problem solving, cioè acquisizione di strategie funzionali ad operare delle scelte più adeguate di cui si può essere responsabili. Importantissimo risulta il lavoro sull'autocontrollo, la promozione della capacità di esplorare in forma di gioco o in attività strutturate, e la riflessione sul rapporto tra i propri pensieri e i propri sentimenti da un lato e i comportamenti dall’altro. L’intervento psicologico individuale ha anche lo scopo di preparare l’ingresso in terapia di gruppo.

Psicoterapia di gruppo
La terapia di gruppo è finalizzata all’acquisizione di alcune competenze fondamentali per affrontare adeguatamente le relazioni interpersonali, quali l’abilità di autogestione, la capacità di cogliere il punto di vista altrui, di trovare soluzioni adeguate per affrontare i problemi legati a conflitti sociali, e di gestire la rabbia.

Psicoterapia familiare
A quanto detto finora  si accompagnano interventi di sostegno e di terapia familiare al fine di costruire, se possibile, un clima migliore per il bambino e soprattutto al fine di rendere esplicito il significato che il comportamento del bambino ha all’interno delle dinamiche familiari: a tal fine si adottano strategie di Autosservazione e Percorsi Psicoeducativi per i genitori (Parent training).                                                      Partendo dal presupposto che è molto difficile per un adulto insegnare a un bambino come superare le emozioni negative se egli stesso non ha acquisito una certa padronanza su di esse, l’intervento si propone di aiutare il genitore a capire e trasformare quegli aspetti della propria emotività che influiscono negativamente sulla sua pratica educativa. Se i genitori imparano a calmare se stessi saranno maggiormente in grado di influenzare positivamente i propri figli favorendo in essi l'acquisizione di modi positivi di pensare, di sentirsi e di comportarsi. 
Alcuni atteggiamenti disfunzionali che vengono presi in considerazione sono la tendenza, da parte del genitore, a biasimare e condannare il bambino per i suoi comportamenti indesiderabili, oltre alla tendenza ad esigere in modo assoluto che il bambino si comporti in un certo modo, con le conseguenti reazioni di rabbia e di ostilità. Altri errori di pensiero affrontati riguardano la tendenza ad anticipare secondo modalità catastrofizzanti il possibile verificarsi di qualche evento negativo per il bambino, con conseguenti reazioni di apprensione e iperprotettività. La maggior parte dei genitori tende ad effettuare valutazioni globali su di sé o sui figli, etichettando spesso il proprio bambino come "cattivo", "maleducato", "disobbediente". Per questo è importante che i genitori imparino a distinguere le valutazioni sul comportamento da quelle sulla persona. Inoltre vengono discussi diversi metodi attraverso cui il genitore può aiutare il bambino a superare la bassa tolleranza alla frustrazione: fornire un esempio positivo e affrontando con calma la propria frustrazione (evitando ad esempio di infuriarsi quando il bambino si comporta in modo disobbediente); mostrare di comprendere i sentimenti di frustrazione del bambino e fornire una valutazione razionale dell'evento; manifestare fiducia nei confronti del bambino quando questi si trova a fronteggiare un evento frustrante; manifestare apprezzamento quando il bambino mostra maggior capacità di aspettare il conseguimento di qualche gratificazione o di affrontare qualcosa di spiacevole.

Interventi sull’ambiente scolastico
Per i bambini in età scolare spesso si organizza anche un contratto comportamentale con gli insegnanti e/o educatori, che sono in tal modo coinvolti nel monitorare alcuni obiettivi educativi pianificati nel rapporto con i genitori e con il bambino.

 

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