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LA GENERAZIONE DEI “NATIVI DIGITALI”
L'espressione “nativi digitali” indica la generazione di chi è nato e cresciuto in corrispondenza con la diffusione delle nuove tecnologie informatiche e che quindi necessita di un educazione digitale fin dall’infanzia.
Ormai bambini e ragazzi utilizzano quotidianamente smartphone, tablet, pc e quant'altro, facendone molto spesso un uso eccessivo. A volte gli adulti sopravvalutano la capacità dei loro figli di comprendere ciò che vedono sugli schermi e non sono completamente informati sulle potenzialità e i rischi della tecnologia. Un bambino piccolo che gioca con il tablet o guarda un video senza interagire con i coetanei o con gli adulti, potrebbe essere assorbito da ciò che sta facendo, tanto da estraniarsi dal mondo circostante.
Un adolescente, invece, si esprime, studia, comunica, si relaziona attraverso uno smartphone, per cui risulta ancora più difficile, per i genitori, monitorare il tempo e il contenuto delle sue attività online.
Va anche detto che, la tecnologia, se usata in modo appropriato e con le dovute precauzioni, può assolvere a importanti funzioni psicologiche, quali regolare la distanza nella comunicazione e nelle relazioni, gestire la solitudine e l'isolamento, attivare funzioni cognitive come il problem-solving, l' attenzione prolungata e la reattività. Per esempio i videogiochi multiplaying favoriscono la cooperazione e il rispetto degli spazi, la gestione delle frustrazioni e il saper affrontare le sconfitte.
COSA SONO LE DIPENDENZE DA TECNOLOGIE?
Si può parlare di dipendenza quando la maggior parte del tempo e delle energie vengono spesi nell’utilizzo della tecnologia. Questo porta a delle importanti ripercussioni in diverse aree della vita quotidiana, come quella relazionale, scolastica, familiare, affettiva, ecc. Le dinamiche di dipendenza dalla rete telematica si possono sviluppare al punto da presentare fenomeni analoghi alle dipendenze da sostanze, con comparsa di tolleranza, ricerca ossessiva dell’oggetto della dipendenza, assuefazione.
Inoltre si corre il rischio di sviluppare delle dipendenze specifiche, soprattutto nell’età adolescenziale, come la nomofobia (paura di non avere accesso alla rete telefonica mobile), la ringxiety (controllare costantemente lo smartphone o il tablet per vedere se ci sono nuove notifiche, o sentire squilli che in realtà non esistono) o il sexting (invio o ricezione di contenuti sessualmente espliciti, incoerenti con l’età dell'adolescente).
COME AIUTARE I PROPRI FIGLI E GESTIRE LE DIPENDENZE DA TECNOLOGIE?
Un uso sano e consapevole della tecnologia può aiutare in molti campi diversi la vita dei propri figli, ma questi ultimi dovrebbero imparare a integrare tale uso in modo equilibrato con le priorità quotidiane, come la scuola, gli amici, la famiglia, lo sport e soprattutto la vita reale e le relazioni con gli altri. Questo purtroppo è un compito molto difficile per i genitori, vediamo quali possano essere alcune linee guida per semplificare, per quanto possibile, questo lavoro.
• Pianificare il tempo
Per evitare di perdere la cognizione del tempo, e rimanere incastrati tra le tante attività tecnologiche a disposizione, è bene pianificare, insieme al bambino/ragazzo, un limite di tempo da trascorrere di fronte a questi dispositivi. Può essere utile a tal fine mettere un orologio accanto alla consolle, al pc o dove il proprio figlio gioca con lo smartphone per fargli rendere conto del tempo passato, e lasciare le tecnologie fuori dalla stanza da letto per evitarne l’uso notturno. Questo è molto importante soprattutto per i bambini tra i 2 e 5 anni, i quali non dovrebbero usare dispositivi tecnologici per più di un ora al giorno e sotto supervisione dei genitori.
• Ritagliare dei momenti liberi dalle attività digitali
Quando si è in famiglia, sarebbe importante non farsi distrarre costantemente dalla tecnologia, ma imparare a definire dei confini nei quali si trascorrono attività e momenti di condivisione affettiva fuori dalla rete. Per esempio silenziare telefoni e tablet quando si mangia, organizzare delle gite all’aria aperta, o semplicemente guardare un film tutti insieme, evitando di usare nel frattempo anche altri apparecchi tecnologici. Riuscire a disconnettersi, anche per brevi momenti durante la giornata, è molto importante e un buon punto di partenza per creare nuove abitudini “offline”.
• Insegnare il concetto di privacy
Si dovrebbe fare particolarmente attenzione ai contenuti della rete, selezionando accuratamente applicazioni e programmi, anche se creati appositamente per i bambini. Oltre ad attivare il Parental Control o le funzioni di monitoraggio nei tablet e smartphone, sarebbe importante parlare con i propri figli della scelta dei siti più sicuri per loro e sui pericoli che potrebbero trovare in rete. Si dovrebbe insegnare loro il concetto di privacy, spiegando che è sbagliato pubblicare sui social foto e contenuti privati loro e/o di terze persone.
• Non agire impulsivamente.
Non interrompere bruscamente l’attività telematica o sequestrare l'oggetto in questione ai propri figli poiché verrebbe vissuto come una violazione del loro spazio, innescando risposte di rabbia, frustrazione e conflitto, rischiando di perdere la fiducia del proprio figlio e portarlo ad agire di nascosto.
• Dare il buon esempio.
I genitori dovrebbero insegnare e trasmettere ai propri figli le regole per muoversi nel mondo, reale e virtuale, quindi sarebbe opportuno stabilire delle regole chiare e condivise da tutta la famiglia sull’utilizzo della tecnologia fin da subito. Bambini e ragazzi imparano, tra le altre cose, anche tramite l’imitazione.
Alcuni studi hanno constatato che il tempo che un bambino o un ragazzo passa davanti ad un determinato apparecchio tecnologico è direttamente proporzionale al tempo passato davanti allo stesso apparecchio dai genitori. E’ necessario quindi, da parte dei genitori, “dare il buon esempio” rispetto ad un corretto utilizzo della rete e delle tecnologie, sia in casa che fuori.
• Non demonizzare la tecnologia.
La responsabilità di questa nuova forma di dipendenza, non è della tecnologia in sé, ma dell’uso che se ne fa. E’ necessario fornire ai propri figli gli strumenti adatti, che consentano loro di sfruttare le risorse e le qualità della tecnologia, ma senza esagerare.
L'uscita di casa dei figli fra senso di perdita e nuove opportunità
L'uscita di casa dei figli è un momento di passaggio, all'interno del ciclo di vita di una famiglia, spesso carico di timori e difficoltà, ma può rappresentare anche una fase evolutiva, in cui il nucleo originario diventa un trampolino di lancio per i figli, dando al tempo stesso la possibilità alla coppia di reinvestire nel proprio progetto di vita insieme. E se è vero che oggi in Italia l’uscita di casa viene sempre più spesso posticipata da giovani adulti sempre meno giovani, vincolati da condizioni lavorative che non li portano a reclamare tanto presto la propria indipendenza, è anche vero che, quando a questa indipendenza finalmente si arriva, essa diviene un momento di crisi per i genitori stessi: dopo averli tanto spronati a raggiungere una propria autonomia, non sembrano poi tanto disposti a lasciarli andare.
SINDROME DA NIDO VUOTO
Quella che viene comunemente definita sindrome da nido vuoto può riguardare sia le mamme che i papà, anche se più spesso sembrano essere le donne a trovarsi in questa situazione di disagio: sensazioni di tristezza e solitudine, accompagnati da un senso di vuoto, in alcuni casi di inutilità o perdita di senso. A volte si possono riscontrare difficoltà a concentrarsi, fatica e una sensazione di preoccupazione eccessiva e diffusa.
Per poter prevenire e affrontare al meglio questo momento di passaggio è importante considerarlo da diversi punti di vista: la dimensione individuale, la relazione coniugale e il rapporto genitori-figli.
DIMENSIONE INDIVIDUALE
Le persone più vulnerabili rispetto alla sindrome da nido vuoto sono coloro che nel corso degli anni si sono identificati principalmente nel proprio ruolo di genitore, chi ha messo la propria individualità in secondo piano, vivendo per la maggior parte in funzione dei bisogni della propria prole e faticando a coltivare un proprio spazio individuale. Può essere proprio questo il momento in cui, alleggeriti dai compiti di cura verso i figli, ci si può riappropriare di una propria dimensione, prendendosi maggiormente cura di sé stessi e dando voce ai propri desideri: poter rivolgere verso di sé le attenzioni prima dedicate ai figli, riprendendo magari un hobby dovuto accantonare, sentendo un vecchio amico o prendendosi più semplicemente del tempo per se stessi.
RIPENSARE LA RELAZIONE CONIUGALE
I partner che si sono percepiti per tanto tempo quasi esclusivamente come genitori, si ritrovano in questa fase a fare i conti con la dimensione di coppia, fra compiti genitoriali per anni condivisi e ormai anacronistici e una progettualità in gran parte da riscrivere. Dopo la destabilizzazione iniziale, sarà bello poter reinvestire energie emotive e fisiche nella relazione stessa: crearsi dei nuovi interessi, dedicarsi ad attività che per i figli sono spesso state accantonate, poter viaggiare, iscriversi magari ad un corso di ballo, coltivare le relazioni amicali e dedicarsi all'intimità. E’ il momento di riscoprirsi coppia, poter fare dei progetti, pensarsi ancora insieme e divertirsi come quando non c’era la responsabilità dei figli.
RAPPORTO GENITORI-FIGLI
E' importante poter ridefinire la relazione genitori-figli, “aggiornandola” alla nuova fase di vita, con padri e madri da un lato che riescano a riconoscere e accettare l'autonomia dei propri figli e le loro scelte, magari non sempre appieno condivise, e giovani dall'altro, che possano uscire dal nucleo originario per percepirsi come legati, ma differenziati. Ciò non significa certo l'interruzione dei rapporti familiari, ma una riorganizzazione di essi, con relazioni maggiormente “alla pari”, fra adulti, con la possibilità per i genitori di restare un importante punto di riferimento, nonostante l'indipendenza dei figli e per questi ultimi l'opportunità di sperimentarsi in un modo diverso e più responsabile.