Un nemico invisibile: come funzioniamo quando siamo spaventati.
Un breve approfondimento sulle strutture cerebrali e suoi nostri meccanismi di sopravvivenza.
Spunti di riflessione a partire dal film: “After Earth. Dopo la fine del mondo”
È invisibile, molto forte, difficile da combattere. Tocca le nostre fragilità, attaccandoci senza che noi ne siamo consapevoli e dentro di noi continua a compiere il suo corso usandoci per aggredire anche coloro a cui più teniamo. È il Covid-19, oggi il nostro nemico. Un virus che ci mette di fronte ad uno scenario storico molto difficile che forse non avremmo mai immaginato di dover affrontare. Eppure sta accadendo!
Tutto ciò ci porta a fare i conti con un’emozione che non è tra le nostre preferite: la paura!
Non tutti la vivono nello stesso modo. Sappiamo che si tratta di un’emozione innata che abbiamo in comune con il genere animale e che ha la finalità di permetterci la difesa e la protezione da eventuali pericoli. Allo stesso tempo essa diventa appresa, quando facciamo riferimento alle esperienze vissute dai singoli nel corso della propria esistenza, prendendo in considerazione come quest’ultimi possano influire sui vissuti del presente.
Ciò ci porta a comprendere le innumerevoli modalità con cui ognuno di noi è portato a reagire di fronte alla situazione in atto.
C’è chi è riuscito a mantenere la calma e a seguire le direttive sanitarie e ministeriali, chi invece, nonostante si sia scrupolosamente attenuto a tali direttive, sia stato travolto da forti reazioni psico-fisiche, molto simili a ciò che si verifica durante uno stato ansioso e di panico. Per altri, invece, la situazione emergenziale, in modo quasi paradossale, ha attivato vissuti di evitamento, estraneazione come se ciò che sta accadendo sia molto lontano e non coinvolgerà se stesso e i propri cari.
Possiamo racchiudere le varie reazioni lungo un continuum e suddividerle in tre gruppi principali, riconducibile principalmente alle esperienze di vita vissute e apprese:
- un primo gruppo con un basso livello di attivazione rispetto al pericolo e allo stress;
- un secondo gruppo con un buon livello di reazione al pericolo e allo stress;
- un terzo gruppo che presenta un’elevata reattività al pericolo e allo stress.
Il secondo gruppo rappresenta l’equilibrio migliore tra l’ascolto delle sensazioni di paura e la possibilità di proteggerci dai pericoli, anche quando il nemico è invisibile e potente come nel caso del Covid-19.
Come un padre può aiutare il figlio ad affrontare le sue paure
Interessante a tal proposito è il film “After Earth. Dopo la fine del mondo” con Will Smith e suo figlio, regia di M. Night Shyamalan.
Ambientato in un lontano futuro, W. Smith è un abile militare in grado di combattere contro una specie aliena di natura animale, molto potente, ma cieca. Essa è capace di rilevare la presenza umana attraverso i ferormoni della paura. I militari riescono a combattere tali creature proprio perché addestrati a non provare sentimenti di paura. Will Smith rappresenta uno dei “ranger” più abili e, in un atterraggio di fortuna, esattamente sulla Terra, si troverà a guidare il figlio a combattere una delle terribili creature aliene e a trovare la salvezza.
Se mettiamo da parte le gesta surreali ed eroiche compiute dal ragazzo, ciò che rimane è un buon esempio di come un padre possa accompagnare suo figlio ad affrontare le sue paure, anche quelle più profonde, soprattutto quando la situazione esterna è molto pericolosa.
Un momento centrale è quando il padre cogliendo lo spavento del figlio gli dice: “Kitai devi calmarti, ginocchio a terra. Ora radicati nel momento presente. Capito! Vista, suoni, odori, quello che provi…”.
È radicandosi nel proprio corpo attraverso il respiro e i propri sensi e nel momento presente che Katai può abbassare la forte reattività psico-fisica data dalla paura del terribile nemico e dalla paura di non farcela riprendere contatto con se stesso e le sue risorse mentali. Solo dopo questo momento egli può procedere nell’affrontare il suo percorso e il suo nemico, collocandosi esattamente nel secondo gruppo del nostro continuum; in coloro che non ignorano o evitano le emozioni o le iperamplificano, ma in coloro che provano ad ascoltarle, senza farsi soverchiare. È in questo modo che è possibile trovare soluzioni protettive e di maggiore benessere.
Non è possibile annullare la paura, la preoccupazione, le sensazioni negative che proviamo ad ogni informazione e comunicazione che riceviamo rispetto all’emergenza coronavirus, anzi esse sono del tutto naturali. Possiamo, però, imparare a gestirle andando a salvaguardare la profonda connessione che esiste tra corpo e mente.
Gestire le reazioni corporee e a rimetterci in contatto con uno stato mentale di maggiore tranquillità
Facciamo una breve digressione che ci sarà utile per comprendere il motivo per il quale favorire il radicamento nel corpo ci aiuta a gestire le reazioni corporee e a rimetterci in contatto con uno stato mentale di maggiore tranquillità.
Studi a livello neuroscientifico convergono nel delineare la validità di una visione evolutiva del nostro cervello organizzata su tre livelli gerarchici (MacLean, 1984): rettiliano, limbico e neo-corticale. Siegel (2012), spiega in modo molto semplice ai bambini la modalità in cui queste tre aree del cervello sono disposte e funzionano, attraverso il palmo di una mano.
Immaginate che la parte inferiore del nostro palmo sia rappresentata dal sistema rettiliano (tronco encefalico e nei nuclei della base), ovvero la parte a livello evolutivo più antica del nostro cervello, in quanto è presente anche nei rettili. Esso è la sede degli istinti primari, delle funzioni corporee autonome e dei comportamenti di attacco-fuga. È un sistema pre-cognitivo, che si attiva nei momenti che richiedono massima velocità, permettendoci di scappare o ad attaccare di fronte a un predatore (reale o immaginato).
Immaginate, invece, che la parte centrale della nostra mano rappresenti il nostro sistema limbico (amigdala e giro del cingolo), area cerebrale che condividiamo con i mammiferi. Essa è l’area del nostro cervello deputata alle emozioni (paura, rabbia, tristezza, gioia etc.), all'attaccamento verso l’altro con lo scopo di essere protetti dai pericoli e a tutte le funzioni che permettono le relazioni intime e sociali come il legame di coppia, definizione di rango, gioco sociale e cooperazione.
Immaginate, infine, che la parte superiore della nostra mano, le dita, rappresentino la nostra neo-corteccia (lobo frontale), sistema presente solo della specie umana. Essa ci permette di prendere decisioni, avere consapevolezza delle nostre emozioni, dare senso a quanto progettiamo e ci accade. Ci consente di sapere di esistere, di impegnarci in progetti complessi e creativi che esulino dal semplice bisogno affettivo, riproduttivo o di sopravvivenza, e di dedicarci all’etica, alla filosofia, al ragionamento puro e astratto.
Quando le cose funzionano bene, ovvero il nostro pugno è chiuso e quindi le nostre dita avvolgono le altre parti della nostra mano, la nostra neo-corteccia ha il pieno controllo e consapevolezza delle nostre emozioni e sensazioni. Quando, invece, la parte superiore della nostra mano è aperta, la neo-corteccia perde la sua funzionalità e lascia il posto agli altri due sistemi (limbico e/o rettiliano), i quali attivano reazioni somatiche, emotive e comportamentali istintive e meno, se non del tutto, consapevoli.
Il nemico invisibile che stiamo provando ad affrontare ci porta a vivere “emozioni ad ondata”: momenti in cui ci sentiamo al sicuro, alternati ad altri in cui siamo profondamente spaventati e in preda a emozioni di paura.
È in questi momenti che strutture come l’amigdala (sistema limbico) ci pongono in allerta (il pugno è aperto), attivando in noi reazioni diverse. A seconda della gravità del pericolo e delle possibilità di sopravvivenza, siamo portati a reagire in due modi principali: “attacco o fuga” (per esempio ci preoccupiamo dei beni di prima necessità e diamo vita alla corsa ai supermercati, ci diamo alla fuga verso zone in cui il Covid-19 è meno presente, andiamo alla ricerca di sensazioni rassicuranti attraverso un uso eccessivo di cibo o di altre sostanze). Nei casi più estremi e traumatici le reazioni possono essere anche quelle di “freezing” (congelamento) oppure di “faint” ovvero di finta morte (pesiamo a coloro che hanno ricevuto la notizia di un loro famigliare affetto, oppure di essere essi stessi portatori). Queste reazioni mostrano come esse siano tutte indirizzate verso il tentativo primordiale, insito nella nostra specie, di poter sopravvivere, piuttosto che lasciare spazio alla possibilità di poter riflettere in modo costruttivo e dare senso a quanto ci sta accadendo.
Ma facciamo attenzione! Sigel (2012, pp. 145) ci dice che in realtà: “Abbiamo sviluppato due meccanismi di sopravvivenza altamente adattivi – una sofisticata capacità di pensiero e un sistema di lotta o fuga – che hanno permesso ai nostri antenati di fronteggiare un’infinità di pericoli. […] Poiché il pensiero è stato tanto importante per la nostra sopravvivenza, l’evoluzione ha fatto sì che pensiamo pressoché in continuazione. Quando i nostri pensieri riguardano il futuro, molto spesso contengono idee riguardo a ciò che potrebbe andare male. Questo innesca il nostro sistema di lotta o fuga, facendoci sentire ansiosi”.
È importante, quindi, ritornare al momento presente e attraverso il nostro respiro e i nostri sensi, radicandoci nel nostro corpo, come ha provato a fare Katai su suggerimento di suo padre. In questo modo, il nostro sistema limbico riceve il messaggio che siamo al sicuro, l’iper attivazione somatica si placa e possiamo gradualmente ritornare ad affrontare le sfide che questo complesso periodo ci impone momento dopo momento.
Vi lascio con le parole di Jon Kabat-Zinn (2010, pp.19) il quale dice: “Coltivando la consapevolezza scopri dentro di te spazi di profondo rilassamento, calma e chiarezza. È come scoprire un territorio sconosciuto, o forse solo vagamente intuito in passato, che contiene un grande pozzo di energia positiva, disponibile per capire te stesso e per guarirti. È facile entrare in questo territorio: il cammino che conduce a esso ti è tanto vicino quanto il tuo corpo, la tua mente e il tuo respiro”.
Bibliografia:
Kabat-Zinn J., Vivere momento per momento. Sconfiggere lo stress, il dolore, l’ansia e la malattia con la saggezza di corpo e mente, Milano, Tea, 2010 (pp.19)
MacLean P. D., Evoluzione del cervello e comportamento umano. Studi sul cervello trino, Torino, Einaudi, 1984.
Sigel D. J., Bryson T. P., 12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino, Milano, Raffaello Cortina editore, 2012.
Sigel D. J., Qui e ora, Strategie quotidiane di mindfulness, Trento, Erickson, 2012 (pp. 145)