Giovedì, 10 Aprile 2025 10:26

Sindrome dell’impostore

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Questa sindrome nonostante venga nominata per la prima volta negli anni ‘70 da P. Clanze e S. Omes e diventi via via sempre più popolare, in termini accademici non viene riconosciuta e inserita nei manuali diagnostici internazionali.

La sindrome dell’impostore è una forma di disagio intrapsichico, che va ad intaccare il nostro senso di “valere”, di “essere in grado di”, nasce da una forma di discrepanza da ciò che ci attribuiscono gli altri e come ci percepiamo noi.

E’ indissolubilmente legata all'aspettativa, questa zona grigia in cui sminuiamo il valore di ciò che siamo e abbiamo fatto, e illuminiamo tutto ciò a cui aspiriamo come più buono, desiderabile, in altre parole migliore.

Quali tipologie di “impostore”?

Possiamo elencare alcune tipologie di “impostori” che soffrono di questa sindrome:

  • Il supereroe, s’impegna per il bene altrui (azienda, famiglia…) convinto di doversi impegnare più di tutti, per questo delega con estrema difficoltà. Al centro del suo interesse c’è la produttività, il benessere personale passa in secondo piano. L’assioma è più produco più valgo: come a dire “mi devo sbrigare a migliorare prima che gli altri leggano il mio disvalore”.
  • In contrapposizione c’é l’individualista, da' valore solo a ciò che fa esclusivamente con le proprie forze. Questo atteggiamento porta alla chiusura e ad un aumento di fatica notevole. Non riesce ad accettare meriti frutto di collaborazioni o fortuiti, ed è qui che si apre la discrepanza tra valore interno ed esterno.
  • Il perfezionista si pone obiettivi sempre più elevati, con un costante senso d’insoddisfazione, infatti appena tali mete vengono raggiunte, ecco che se ne pone delle nuove. L’idea di fondo è: “Posso fare sempre meglio”. Quindi il valore che gli riconosce l’altro è sempre “datato”, legato ad una fase precedente e ormai insoddisfacente.
  • Il dotato, statisticamente in minoranza rispetto ai precedenti tipi. Ha sperimentato che nulla era difficile, a scuola bastava un minimo impegno, le relazioni si creavano senza pensarci, etc.… Il disagio nasce quando arrivano le prime difficoltà. Questo perché il mondo, ma soprattutto noi stessi, si aspetta che fili tutto liscio. Il dotato non ha acquisito le competenze per reagire agli ostacoli, quindi deduce che finora ha imbrogliato e presto lo scopriranno.

Questo è ciò che accomuna le varie tipologie: il costante timore di essere scoperti, di vivere ingannando gli altri, perché il valore che gli altri ci riconoscono è maggiore di quello che ci riconosciamo noi.

Quali sono le conseguenze di questa sindrome e come è possibile affrontarle?

Il paradosso che si viene a creare è che non esiste successo che possa invalidare la concezione di “non meritarlo”. Si minimizzano i successi e le competenze personali perché non compatibili con un senso del valore basso, ma soprattutto “immodificabile”. La conseguenza è di vivere costantemente tesi, timorosi e spaventati di essere scoperti.

Può essere d’aiuto rivolgersi ad un professionista, essere consapevoli dei meccanismi psicologici che ci conducono ad uno stato di malessere è fondamentale. Conoscersi ed accettarsi sono la base di un’autostima reale, scevra dai giudizi altrui.