Martedì, 28 Novembre 2023 16:52

Realtà Virtuale e Psicologia

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Il termine realtà virtuale (RV) è stato coniato nel 1989 dal genio informatico Jaron Lanier, fondatore della prima industria di realtà virtuale. Questa tecnologia è stata innanzitutto concepita come una combinazione di hardware e software in grado di creare ambienti tridimensionali interattivi che simulino esperienze di vita quotidiana (Riva, 2006; Schultheis & Rizzo, 2001). Esistono molte definizioni di realtà virtuale, ma quella maggiormente condivisa dal panorama scientifico la considera un sistema di dispositivi informatici in grado di generare un nuovo tipo d’interazione uomo-computer (Steuer, 1992; Ellis 1994).

 

Due sono i concetti chiave legati all’uso e alla implementazione della realtà virtuale: il grado di immersione e la presenza (Riva, Davide, & IJsselsteijn, 2003).

  • Da un punto di vista tecnologico, l’immersività definisce il grado (da non immersivo a completamente immersivo) con cui l'utente è isolato dal mondo reale nel momento in cui interagisce con gli ambienti virtuali.  I sistemi completamente immersivi prevedono un completo assorbimento sensoriale degli utenti nel mondo tridimensionale generato dal computer, grazie in genere a caschetti (o visori) virtuali, e a sensori di posizione (tracker). Si tratta di sistemi avanzati di tracciamento del corpo degli utenti che consentono la sincronizzazione tra i movimenti degli utenti e i corrispettivi cambiamenti negli ambienti virtuali (in tempo reale).
  • Da un punto di vista psicologico, il valore aggiunto della realtà virtuale rispetto ad altre esperienze sintetiche è la sensazione di presenza, ovvero la sensazione di “essere realmente lì” all'interno dell'ambiente creato digitalmente che sostituisce le percezioni reali (Riva, 2022).

 

La sensazione di presenza offerta dalla realtà virtuale la rende un ottimo strumento per la valutazione e il trattamento dei disturbi psicologici.

Come spiegato da Riva, "utilizzando il senso di presenza indotto dalla realtà virtuale, è più facile sviluppare esperienze informative nuove, realistiche e credibili riguardanti il mondo circostante e di dimostrare all'individuo che ciò che ha ritenuto essere vero in effetti è il risultato della sua mente” (Riva, Baños, Botella, Mantovani e Gaggioli, 2016).

La possibilità di azione offerta dalla VR fornisce al soggetto la percezione di essere presente in quel dato momento e contesto.

A livello cognitivo ed emotivo, passa dal ruolo di passivo ricettore e osservatore di un’esperienza a quello di protagonista della stessa.

Lauria (1997) definisce l’esperienza VR come “l’essere al centro della prospettiva di osservazione ed essere, nello stesso tempo, al centro della sua costruzione”.

L’immersione in un ambiente VR permette all’utente di avere particolari forme di stimolazione sensoriale sulle quali egli è in grado di creare modelli di rappresentazione, basati sulla modalità di relazione fra se stesso e l’ambiente.

A conferma di quanto detto sono state individuate due categorie di variabili che influenzano tale prospettiva: la peculiarità dell’utente e le caratteristiche dei supporti tecnologici.

Relativamente alle peculiarità dell’utente, tra le variabili psicologiche che possono influenzare la presenza troviamo: livello di concentrazione verso i compiti richiesti; le precedenti esperienze con la VR; le aspettative rivolte verso l’esperienza mediata; il senso e il grado di importanza assegnati all’evento esperito; la capacità di assorbimento e di dissociazione.

 

Realtà virtuale e psicoterapia

Il connubio tra realtà virtuale e psicologia nasce nel 1995, quando Larry Hodges del Georgia Technology Institute, e Barbara Rothbaum, dell’Emory University School of Medicine pubblicarono sull’AmericanJournal of Psychiatry uno studio condotto per curare l’acrofobia, ovvero la paura delle altezze.

Da allora sono stati fatti passi da gigante in quella e in altre direzioni: gli ambienti ricreati mediante le nuove tecnologie della realtà virtuale rappresentano un ulteriore contesto di interazione sociale, grazie al quale si rende possibile per l’utente sperimentare emozioni, azioni, mettersi in gioco con le proprie paure, le difficoltà, i comportamenti disfunzionali, facendo così emergere, nel contesto protetto di un laboratorio sperimentale, il materiale cognitivo che ne sta alla base.

 

La realtà virtuale è uno strumento il cui apporto principale può essere cercato nell’importanza che in psicoterapia viene data all’immaginazione e alla memoria, aspetti entrambi che dipendono molto dal soggetto.

Il paziente deve semplicemente indossare un casco da realtà virtuale e viene immerso nella situazione simulata. 

Tutta l’impostazione teorica e metodologica si basa sull’assunto che le persone immerse in questo tipo di realtà sperimentino “presenza”, ciò sensazione di essere in un ambiente virtuale senza essere consapevole della mediazione della tecnologia, che appare completamente trasparente.

Grazie alla duttilità e alla possibilità di programmare l’ambiente e variarne le caratteristiche, gli ambienti VR sono da considerarsi come una speciale forma di role-playing.

 

Al soggetto, infatti, che non ha ancora trovato una modalità di interazione adeguata con l’ambiente reale, viene offerta la possibilità di apprendere e sperimentare nuove strategie di adattamento, grazie all’esposizione agli stimoli negativi che gli provocano il disagio psicologico e le conseguenti alterazioni comportamentali, con lo scopo di alleviare la sintomatologia correlata al disturbo di cui soffre, aumentando il livello di autostima, di autoefficacia e di sicurezza con tecniche di gestione delle contingenze, relative al controllo del panico, all’evitamento dei rituali compulsivi, della messa in atto di comportamenti auto-protettivi e di sentimenti autosvalutanti.

 

L’utente si confronterà con le situazioni temute, percepite come minacciose o ansiogene, e imparerà a gestirle progressivamente, secondo un programma di esposizione concordato.

 

In questo modo, la persona è messa nelle condizioni di sperimentare in maniera pratica che l’idea che ha di sé e del mondo non è qualcosa di assoluto ma di meramente soggettivo, in quanto frutto di proiezioni mentali, interpretazioni cognitive e rappresentazioni simboliche che possono essere modificate. L’ambiente virtuale diventa così la base sicura, strutturata e controllata, dalla quale partire per esplorare, provare sentimenti, immaginare, rivivere sensazioni e pensieri (presenti o passati) che psicologicamente lo destabilizzano.

 

Esperienza trasformativa

Il meccanismo di simulazione che accomuna mente e realtà virtuale rende questa tecnologia una vera e propria esperienza trasformativa in grado di aumentare ed arricchire la nostra esperienza, intervenendo sulle dimensioni sensoriali, cognitive ed emozionali che la caratterizzano (Gaggioli, 2015). La realtà virtuale è in grado di generare esperienze trasformative capaci di indurre una nuova consapevolezza nel soggetto, accompagnandolo in una revisione e ristrutturazione del sistema di credenze e di valori (Gaggioli et al., 2019).

Numerose meta-analisi hanno mostrato come: gli ambienti VR sono in grado di evocare le medesime reazioni ed emozioni delle situazioni vissute nel mondo reale; il senso di presenza è fortemente correlato alla possibilità di interagire con le componenti dell’ambiente virtuale, favorendo la concentrazione e il coinvolgimento del paziente; la generalizzazione di attribuzioni e di credenze transita, dalle esperienze guidate nella VR a situazioni dell’ambiente reale.

Le esperienze emotive generate dall’esperienza in realtà virtuale sono essenziali nel processo di trasformazione, perché permettono all’utente di elaborare una nuova consapevolezza del contesto fisico e sociale in cui è inserita e costruire quindi nuovi significati.

Gli ambienti virtuali sono quindi una via di mezzo fra la stanza del terapeuta (massima protezione) e l’ambiente esterno (altamente minaccioso).

La potenza terapeutica di tale contesto è che situazioni, difficoltà, eventi e conseguenze possono essere sperimentate, poiché, pur sperimentando, non accade nulla al paziente, che grazie a ciò si sente libero di esplorare e di sperimentare.

 

È nell’utilizzo trasformativo della realtà virtuale che promuove esperienze di catarsi emotiva finalizzate ad un cambiamento profondo che si inserisce la Psicologia Aumentata, un innovativo modello di integrazione della realtà virtuale nella psicologia, che si basa sulle ultime frontiere della ricerca psicologica e impiega le esperienze immersive come vere e proprie narrazioni virtuali applicabili in ambito psicologico e psicoterapeutico per facilitare il processo di cambiamento.

La Psicologia Aumentata utilizza contesti virtuali che integrino la dimensione creativa e artistica oltre a quella tecnologica. Il risultato genera vere e proprie storie di trasformazione, che vanno ad arricchire la pratica clinica (aumentata per l’appunto), in cui il paziente è immerso in metafore concepite da psicologi/psicoterapeuti per favorire la conoscenza di sé.

Con la metafora, l’esperienza trasformativa diventa terapeutica.

Attraverso lo storytelling immersivo, ovvero la narrazione esperienziale di una storia, è possibile andare al di là della mera esposizione in realtà virtuale, e guidare il paziente in storie coinvolgenti, vissute in prima persona, in cui viene data l’opportunità al paziente di impegnarsi emotivamente in narrazioni e ricostruzioni metaforiche, che stimolino intuizioni, e conducano alla creazione di nuovi significati.

 

Il Consultorio Antera Aps offre fra i suoi servizi anche la possibilità di usufruire della nuova tecnologia della realtà aumentata, utilizzando in seduta esperienze immersive tridimensionali, attraverso l'uso di appositi visori.