Mercoledì, 18 Ottobre 2017 17:25

Nido vuoto: momento di crisi o fase evolutiva?

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L'uscita di casa dei figli fra senso di perdita e nuove opportunità

L'uscita di casa dei figli è un momento di passaggio, all'interno del ciclo di vita di una famiglia, spesso carico di timori e difficoltà, ma può rappresentare anche una fase evolutiva, in cui il nucleo originario diventa un trampolino di lancio per i figli, dando al tempo stesso la possibilità alla coppia di reinvestire nel proprio progetto di vita insieme. E se è vero che oggi in Italia l’uscita di casa viene sempre più spesso posticipata da giovani adulti sempre meno giovani,  vincolati da condizioni lavorative che non li portano a  reclamare tanto presto la propria indipendenza, è anche vero che, quando a questa indipendenza finalmente si arriva, essa diviene un momento di crisi per i genitori stessi: dopo averli tanto spronati a raggiungere una propria autonomia, non sembrano poi tanto disposti a lasciarli andare.

 

SINDROME DA NIDO VUOTO

Quella che viene comunemente definita sindrome da nido vuoto può riguardare sia le mamme che i papà, anche se più spesso sembrano essere le donne a trovarsi in questa situazione di disagio: sensazioni di tristezza e solitudine, accompagnati da un senso di vuoto, in alcuni casi di inutilità o perdita di senso. A volte si possono riscontrare difficoltà a concentrarsi, fatica e una sensazione di preoccupazione eccessiva e diffusa. 

Per poter prevenire e affrontare al meglio questo momento di passaggio è importante considerarlo da diversi punti di vista:  la dimensione individuale, la relazione coniugale e il rapporto genitori-figli.

 

DIMENSIONE INDIVIDUALE

Le persone più vulnerabili rispetto alla sindrome da nido vuoto sono coloro che nel corso degli anni si sono identificati principalmente nel proprio ruolo di genitore, chi ha messo la propria individualità in secondo piano, vivendo per la maggior parte in funzione dei bisogni della propria prole e faticando a coltivare un proprio spazio individuale. Può essere proprio questo il momento in cui, alleggeriti dai compiti di cura verso i figli, ci si può riappropriare di una propria dimensione, prendendosi maggiormente cura di sé stessi e dando voce ai propri desideri: poter rivolgere verso di sé le attenzioni prima dedicate ai figli, riprendendo magari un hobby dovuto accantonare, sentendo  un vecchio amico o prendendosi più semplicemente del tempo per se stessi.

 

RIPENSARE LA RELAZIONE CONIUGALE

I partner che si sono percepiti per tanto tempo quasi esclusivamente come genitori, si ritrovano in questa fase a fare i conti con la dimensione di coppia, fra compiti genitoriali per anni condivisi e ormai anacronistici e una progettualità in gran parte da riscrivere. Dopo la destabilizzazione iniziale, sarà bello poter reinvestire energie emotive e fisiche nella relazione stessa: crearsi dei nuovi interessi, dedicarsi ad attività che per i figli sono spesso state accantonate, poter viaggiare, iscriversi magari ad un corso di ballo, coltivare le relazioni amicali e dedicarsi all'intimità. E’ il momento di riscoprirsi coppia, poter fare dei progetti, pensarsi ancora insieme e divertirsi come quando non c’era la responsabilità dei figli.

 

RAPPORTO GENITORI-FIGLI

E' importante poter ridefinire la relazione genitori-figli, “aggiornandola” alla nuova fase di vita, con  padri e madri da un lato che riescano a riconoscere e accettare l'autonomia dei propri figli e le loro scelte, magari non sempre appieno condivise, e giovani dall'altro, che possano uscire dal nucleo originario per percepirsi come legati, ma differenziati. Ciò non significa certo l'interruzione dei rapporti familiari, ma una riorganizzazione di essi, con relazioni maggiormente “alla pari”, fra adulti, con la possibilità per i genitori di restare un importante punto di riferimento, nonostante l'indipendenza dei figli e per questi ultimi l'opportunità di sperimentarsi in un modo diverso e più responsabile.