Domenica, 29 Novembre 2020 18:24

Liberi di essere. Omosessualità: omofobia, coming out e ruolo dei genitori. Una riflessione a partire dal film “Mine vaganti”

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“Tommaso

 se uno fa sempre quello che gli dicono gli altri

 non vale la pena di vivere”

 

Dieci anni fa Ferzan Ozpetek usciva con una delle sue più belle opere cinematografiche: Mine Vaganti. Un film brillante ed intelligente, così moderno da sembrare attuale e questa è una delle frasi che la nonna, Ilaria occhini, dice al nipote per riportarlo al senso della vita e della libertà.

In lei risiedono opportunità mancate e passioni antiche, consegnataria di tutti i segreti di una famiglia dalla mentalità superata, si trova ad essere l’elemento centrale e più moderno che dispensa sagge lezioni di vita. Il tutto si svolge nella conservatrice Lecce dove i Cantone, una classica famiglia borghese italiana, sono proprietari di un pastificio.

La storia inizia con Tommaso (Riccardo Scamarcio), il figlio minore che vive a Roma, tornato a casa con l’obiettivo di rivelare alla famiglia la sua omosessualità e il desiderio di essere uno scrittore. Tuttavia, durante una cena familiare, quando finalmente è deciso a fare l’annuncio, viene “battuto” sul tempo da suo fratello maggiore Antonio (Alessandro Preziosi), il classico figlio perfetto che confessa di essere gay.

Tra lo sgomento che diventa malore del padre, e i tentativi di limitare i pettegolezzi della madre, si annidano domande e vissuti che sono estremamente attuali tra i ragazzi di oggi che si trovano a confliggere tra il desiderio di essere liberi e la paura di non essere accettati.

 

Omofobia

Essere liberi equivale alla capacità/possibilità di scegliere e agire secondo i propri desideri, non temere di mostrarli al mondo, e lottare per essi, ma questo non è così semplice e/o scontato quando si parla omosessualità, anche perché il fantasma della non accettazione e dell’omo-bi-transofobia è dietro l’angolo.

Lo psicologo Weinberg fu la prima persona che negli anni Sessanta capovolse la prospettiva secondo cui le persone omosessuali erano malate, addossando, invece, agli omofobi una forma di patologia.

Parlando di omofobia la ritenne “un mix di repulsione e preoccupazione […] una paura relativa alle persone omosessuali […] che sembrava associata alla paura di un contagio, una paura che le cose per cui si era lottato potessero essere minate – casa e famiglia … ”; negli anni successivi si è esteso questo concetto alla bisessualità e alla transessualità, ed è per questo che si parla oggi di omo-bi-transfobia.

È corretto dunque affermare che quest’ultima ha a che fare con la paura, anche se non è una vera e propria fobia e non riguarda solo questa emozione; mentre le persone fobiche percepiscono la propria paura come irragionevole, gli omofobi sono convinti che la loro ostilità sia giustificabile e condivisibile.

Secondo Lingiardi (2006,2007) l’omofobia trae nutrimento dalle ideologie, dal pregiudizio, dalla religione e dalla politica, e può portare, come spesso vediamo ai giorni nostri, ad atti e comportamenti altamente discriminatori, marginalizzanti che ledono i diritti umani. Lingiardi (2005, 2007) inoltre ha proposto un termine sostitutivo che non contiene l’ambiguità del termine omofobia, ovvero quello di omonegatività, distinguendola in sociale, che si riferisce a quella perpetrata da eterosessuali verso gli omosessuali, e interiorizzata, che si riferisce alla concezione negativa che l’omosessuale stesso nutre nei propri confronti.

Blumenfeld (1989) individuò quattro livelli di omofobia:

  • personale, che riguarda l’opinione pregiudiziale individuale di una persona nei confronti degli omosessuali;
  • interpersonale, che si manifesta quando tale pensiero si traduce in comportamenti omofobici;
  • istituzionale, che riguarda le discriminazioni a livello delle istituzioni e della politica;
  • e sociale che si riferisce alla presenza di stereotipi comuni sugli omosessuali.

L’omofobia è anche legata alla paura di essere categorizzati come omosessuali, ed è per questo che sembrerebbe maggiormente presente negli uomini (Erich Fromm, 1940).

 

Coming out

Dichiarare il proprio orientamento sessuale”, “dis-velare la propria identità sessuale”, “uscire allo scoperto” sono solo alcune tra le espressioni che vengono usate per indicare il coming out. Tutte hanno come minimo comune denominatore le specificità del processo di pensiero, che porta la persona a diventare dapprima consapevole del proprio orientamento sessuale, superando i tanti dubbi, le perplessità, le tensioni emotive, le caratteristiche del contesto di vita, ed in seguito, decidere di dichiarare la propria omosessualità in famiglia. Tutto questo però può essere anche molto doloroso. Vivere apertamente la propria omosessualità ha una relazione con il benessere mentale, con la salute psichica e sociale. Ma doloroso, può essere il processo che porta allo svelamento di sé, per effetto di quei valori eteronormativi che attraversano le nostre organizzazioni e i processi di socializzazione primaria e secondaria, che governano le relazioni dei nostri contesti di vita (famiglia, scuola, contesti sportivi, educativi, lavorativi) e che portano a interiorizzare gradazioni diversificate di omofobia.

Provare sentimenti, desideri, emozioni per un ragazzo dello stesso sesso si accompagna a volte al senso di colpa, alla sensazione di non avere le carte in regola, di avere qualcosa che non va, di non essere normale. Gli stereotipi, i pregiudizi che si accompagnano alla rappresentazione dei legami omosessuali si manifestano, continuamente nei nostri contesti di vita in diversi modi, così come le prevaricazioni, le violenze e le discriminazioni di stampo omofobico e transfobico. E ciò può non solo rendere molto doloroso in un adolescente il processo di consapevolezza della propria omosessualità, ma anche spingerlo in una situazione di fragilità e rischio psicologico e sociale. Molto importante per contrastare tale tipo di sofferenza è la presenza di adulti (docenti, educatori, psicologi ecc.) sensibili, attenti e autorevoli che siano in grado di intercettare subito la paura, la sofferenza di tutti quei ragazzi che annaspano nel dubbio della legittimità dei propri sentimenti.

 

Genitori e omosessualità

Quando nasce un figlio c’è sempre una presunzione di eterosessualità. Dandolo quasi per scontato, e quando arriva il momento in cui un figlio scopre che ha un orientamento sessuale diverso da quello che il genitore aveva in mente, rompere questa presunzione diventa la cosa più difficile da fare.

Dapprima scatta la colpevolizzazione: “Se è così, devo aver sbagliato qualcosa. Ma cosa? E quando?”. I padri si dicono che non facevano giocare il figlio maschio a pallone, o altre idee simili che non hanno nessuna consistenza.

Poi subentra la paura. Si chiedono:

“Cosa ne sarà di mio figlio, di mia figlia? Quale mondo dovrà affrontare? Quali difficoltà si troverà a vivere?”.

La visibilità sociale rappresenta ancora oggi l’ostacolo maggiore per le mamme e i papà. L’obiezione più comune quando si palesa la necessità del coming out è: “Che necessità c’è? Io ho dei figli eterosessuali e non vado in giro a dirlo che sono eterosessuali”. Invece è necessario, perché la stigmatizzazione degli omosessuali non è la stessa degli eterosessuali. Con il passare del tempo i genitori dovrebbero capire che metterci la faccia e dire davanti al mondo: “Sì, mia figlia è lesbica, mio figlio è gay, qual è il problema, equivale al non nascondersi più e dare un riscontro positivo al figlio/a.

Successivamente subentra la consapevolezza;

Da una parte conoscendo ciò che dice la scienza medica, psicologica, sociologica, antropologica; dall’altra parte attraverso una conoscenza più approfondita di se stessi.

Per molti genitori non è facile e le emozioni della rabbia, dell’angoscia e del dolore, invadono spesso la scena domestica, ma anche se potrebbe essere difficile ascoltarsi e restare uniti, insieme, un ragazzo dovrebbe essere consapevole, prima di parlare ai propri genitori, che anche loro attraverseranno un periodo complesso e un processo di elaborazione e consapevolezza, simile a quello da lui stesso esperito.

È necessario che tutti rispettino i tempi di tutti ma ancor più importante è che venga fatto il primo passo.

 

Omosessuali, si nasce o si diventa?

Tutte le teorie, sia quelle biologiche/genetiche sia quelle psicologiche, sulle “cause” dell’omosessualità non hanno dato spiegazioni definitive. 

Di certo sappiamo che l’omosessualità esiste in natura e le persone possono rendersi conto di essere omosessuali in età e fasi diverse della vita di ciascuno (alcuni durante l’infanzia, altri in adolescenza, altri ancora in età adulta anche dopo un matrimonio e dopo aver avuto figli). La cosa ancor più interessante però, è che questo vale per tutti: nessuno sa nemmeno come si diventa eterosessuale.

L’orientamento sessuale, qualunque sia, è una predisposizione strutturale del Sé, unico come un’impronta digitale, che in quanto tale non si può scegliere.

Ogni persona è frutto di una complessa interazione tra elementi biologici, psicologici, sociali e culturali, come accade per molti altri aspetti della personalità.

L’omosessualità è un modo di amare, stare in relazione con gli altri, di essere e stare nel mondo che, come l’eterosessualità, ha a che fare con l’affettività, le relazioni umane e la sessualità

L’omosessualità non è una scelta: non è possibile scegliere di essere omosessuali, come bisessuali o eterosessuali. Non si può scegliere da chi sentirsi attratti o di chi innamorarsi: come ci si scopre omosessuali, così ci si scopre eterosessuali.

 

L’orientamento sessuale dipende dalle dinamiche familiari?

L’autorevole American Psychological Association (APA) a cui fanno riferimento gli psicologi anche al di fuori dei confini americani, ha preso in proposito una posizione inequivocabile quando ha affermato che “… nessuna specifica causa psico-sociale o legata alle dinamiche familiari è stata identificata per l’omosessualità” sostenendo anzi che l’omosessualità, esattamente come l’eterosessualità, ha una determinazione multifattoriale, dovuta all’interazione circolare di diverse istanze, biologiche, genetiche, psicologiche, antropologiche, culturali. Voler a tutti i costi cercare una causa unica è espressione di un riduzionismo che assume di volta in volta i contorni del riduzionismo biologico quando si insiste sugli aspetti costituzionali, oppure di un riduzionismo psicologico-sociale quando si insiste sull’ambiente relazionale e affettivo in cui un individuo cresce. Le dinamiche familiari non hanno influenza sullo sviluppo dell’orientamento sessuale, esse però hanno un rilevante impatto su come le persone fanno i conti e vivono l’orientamento sessuale (omo o etero), che si trovano ad avere.

In particolare, rispetto all’orientamento omosessuale, le ricerche documentano come il sostegno della famiglia di fronte alla rivelazione della propria omosessualità da parte dei figli è un fattore importantissimo per il benessere e l’adattamento psico-sociale delle persone gay o lesbiche.

 

Il Consultorio Antera Onlus, nelle sedi di Roma, Monterotondo e Fiumicino, offre la possibilità di incontrare psicoterapeuti esperti nell'accogliere le difficoltà legate al proprio orientamento sessuale o al coming out dei propri figli, accogliendo e accompagnando gli individui all'interno di percorsi di supporto psicologico e psicoterapeutici.



 Bibliografia:

  • American Journal of Orthopsychiatry, vol. 68, 361-371; Isay R.C. (1996). Essere omosessuali. Milano: Raffaello Cortina;
  • American Psychological Association (2008). Answers to your questions: For a better understanding of sexual orientation and homosexuality.
  • Borghi L., Chiari C. (2009). Psicologia dell’omosessualità. Identità, relazioni familiari e sociali. Roma: Carocci.
  • Blumenfeld, W., & Raymond, D. (1989). Looking at gay and lesbian life. Boston, MA US: Beacon Press.
  • Fromm E. (1940), Mutamento nel concetto di omosessualità in: Fromm E., Amore, sessualità e matriarcato, Mondadori, Milano 1997, p.194.
  • Chiari C., Borghi L. (2009). Psicologia dell’omosessualità. Roma: Carocci
  • D’Augelli A.R., Hershberg S.L., Pilkington N.W. (1998). Lesbian, gay, and bisexual youth and their families: disclosure of sexual orientation and its consequences;
  • Lingiardi V., Falanga S., D’Augelli A. R. 2005 The evaluation of homophobia in an Italian sample, “Archives of sexual behaviour”, vol. 34, n. 1, pp. 81-93.  
  • Lingiardi V.*Verso una diagnosi di omofobia?, in Rizzo D. (a cura di),Omosapiens. Studi e ricerche sull’orientamento sessuale, Carocci, 2006 e Citizen gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, Il Saggiatore, Milano 2007
  • Lingiardi V., Nardelli N. 2007 Spazio zero. Minority stress e identità omosessuali, in S. Antosa (a cura di), “Omosapiens 2”, Roma, Carocci.
  • Monsignor Casale: “L’omosessualità è ricchezza”. Una Chiesa a più voci, 26/02/2016; Film Mine vaganti di Ferzan Özpetek
  • Paoli, Bernardo; Ghisoni, Alice; Cikada, Marzia. Guida arcobaleno: Tutto ciò che devi sapere sul mondo LGBT+ (Uomo Vol. 16) (Italian Edition) . Golem Edizioni. Edizione del Kindle.
  • Patterson C.J., D’Augelli A.R. (2013). Handbook of Psychology and sexual orientation. New York: Oxford University Press.
  • Washington, DC (www.apa.org/topics/LGBT+/orientation.pdf);
  • Simonelli C. (2002). Psicologia dello sviluppo sessuale ed affettivo. Roma: Carocci.

 

 

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