Consultorio Antera

Consultorio Antera

Sempre più comunemente sentiamo parlare di stress, ma cerchiamo di capire insieme che cosa si intenda di preciso per stress e quali siano le sue caratteristiche, così da poter cogliere i primi campanelli di allarme e intervenire tempestivamente.

Lo stress è la risposta psicologica e fisiologica che il nostro organismo mette in atto per affrontare compiti, difficoltà o eventi della vita considerati eccessivi o pericolosi che vengono definiti come eventi stressanti.

Essi includono eventi sia piacevoli che spiacevoli (quali per esempio nascita di un figlio, matrimonio, promozione lavorativa, licenziamento, morte di una persona cara, divorzio), eventi imprevisti che implicano un cambio di programma (si rompe la macchina, viene spostato un appuntamento), situazioni lavorative (pressioni sul lavoro rispetto a delle scadenze urgenti, conflitti con colleghi), situazioni sociali (discussioni con amici, incontrare persone nuove), situazioni che non possono essere controllate.

Lo stress eccessivo potrebbe condurre allo sviluppo di veri e propri disturbi da stress.

Il termine stress fu impiegato per la prima volta nel 1936 da Selye che distinse tre fasi nel processo stressogeno:

  1. fase di allarme: la persona segnala l' esubero di doveri e mette in atto le risorse per adempierle;
  2. fase di resistenza: la persona stabilizza le sue condizioni e si adatta al nuovo tenore di richieste;
  3. fase di esaurimento: si registra la caduta delle difese e la successiva comparsa di sintomi fisici, fisiologici ed emotivi.

 

Tipologie di stress

Lo stress viene distinto in due categorie in funzione della durata, per cui si parla di stress acuto se si verifica una sola volta o in un lasso di tempo limitato, oppure cronico quando lo stimolo è di lunga durata.

Oltre alla durata è importante anche la natura dello stimolo stressante, che può essere positivo (eustress) quando da’ vitalità e fornisce la carica per affrontare un esame, una gara o un lavoro mentre diventa negativo (distress) quando dura nel tempo senza che si abbia la capacità di affrontare la situazione che lo ha provocato. Si viene a creare in questi casi un sovraffollamento che va a compromettere le funzioni cognitive ed emotive.

Ciò che causa lo stress dipende in parte dal modo in cui un evento è valutato; per esempio una persona che ha un modo di pensare rigido e pessimistico percepirà un evento stressante in modo più negativo rispetto ad una persona con uno stile di pensiero flessibile ed ottimista.

 

Le risposte del corpo allo stress

In presenza di un evento stressante, il sistema nervoso si attiva favorendo il rilascio di alcune sostanze, ossia gli ormoni dello stress (adrenalina, noradrenalina, cortisolo) che determinano il cambiamento fisico e comportamentale che dà la possibilità all’organismo di affrontare e superare il pericolo. In caso di stress acuto, solitamente, il livello degli ormoni torna alla normalità mentre se si è costantemente sotto stress il livello di produzione degli ormoni rimane elevato provocando vari disturbi.

I sintomi da stress si dividono in quattro categorie:

  • sintomi fisici (mal di testa, mal di schiena, indigestione, tachicardia, problemi di sonno, stanchezza, vertigini, problemi sessuali ecc.)
  • sintomi comportamentali (digrignare i denti, criticare gli altri, impossibilità di portare le cose a termine, fame nervosa, aumento uso alcolici)
  • sintomi emozionali (pianto, rabbia, solitudine, infelicita’ senza un motivo valido, senso di impotenza)
  • sintomi cognitivi (pensiero confuso, dimenticarsi le cose, preoccupazione costante, perdita dell’ umorismo).

 

Cosa fare se si soffre di stress

Il vero benessere si fonda sia sul corpo che sulla mente, considerati nel loro legame indissolubile. La terapia più efficace per contrastare gli effetti dello stress è costituito dal rilassamento che può essere raggiunto con l’utilizzo di svariate tecniche quali il training autogeno, il rilassamento muscolare progressivo, l' agopuntura, la musicoterapia, il massaggio.

È molto utile anche la psicoterapia che permette di lavorare sullo stress attraverso l’allenamento ad una maggiore autonomia, ad un maggiore benessere, ad una migliore gestione del tempo e delle risorse e attraverso l’apprendimento di una maggiore autoregolazione.

Tuttavia, vi sono delle situazioni che hanno una gravità tale da rendere impossibile l’avvio di una psicoterapia o l’utilizzo di tecniche di rilassamento; in questi casi il medico può ritenere opportuno la somministrazione di farmaci e/o psicofarmaci la cui cura sarà utile se integrata alle terapie sopra illustrate.

Se lo stress si cronicizza e osserviamo come invada sempre più la nostra vita quotidiana è importante poter chiedere aiuto ad un professionista.

Gli psicoterapeuti del Consultorio Antera nelle sedi di Roma, Monterotondo e Fiumicino da anni lavorano e si sono formati approfondendo questa tematica nel lavoro clinico con i pazienti.

 


 

In seguito alla nuova normativa in vigore dal 1 maggio 2022 e, in linea con le direttive dell'Ordine degli Psicologi del Lazio, Il Consultorio Antera Onlus RACCOMANDA L'UTILIZZO DELLA MASCHERINA all'interno dei propri ambulatori, nelle sedi di Roma, Monterotondo e Fiumicino, a tutela dei propri pazienti e di tutta la sua equipe.

Riflessione sulla cogenitorialità: come rapportarsi con l'altro genitore rispetto ai propri figli

Studi empirici sulle dinamiche del gruppo familiare sono concordi nel considerare le relazioni genitori-figli all’interno di una cornice complessa che prevede l’interdipendenza di molteplici rapporti diadici (coppia coniugale e genitoriale, rapporti di ciascun genitore con ciascuno dei propri genitori, rapporti madre-figlio, rapporti padre-figlio).

Questa rete di relazioni è nel contempo caratterizzata dall’emergenza di proprietà globali (familiari) non riconducibili specificatamente né a caratteristiche dei singoli né a quelle delle diadi, ma che sono intrinseche alla famiglia in quanto sistema: “il tutto è più della somma delle parti”, recitava uno dei grandi della terapia familiare.  Coerentemente con queste prospettive teoriche la ricerca empirica e la pratica clinica hanno studiato le diverse influenze delle relazioni sulle relazioni, osservando il gruppo familiare come un sistema gerarchicamente strutturato in sistemi definiti in base a funzioni diverse:

  • coniugalità (rapporto tra genitori come partner);
  • il parenting o genitorialità (relazione che il figlio stabilisce con ciascun genitore);
  • il co-parenting o cogenitorilità (ci si riferisce al modo in cui i genitori si rapportano tra loro rispetto al figlio quando è in posizione di terzo).

 

Essere genitori: un processo in divenire

Risulta quindi evidente che per parlare di genitorialità non ci si può riferire unicamente all’evento biologico, ma deve essere necessariamente analizzata all’interno di una dimensione processuale più ampia. Da una prospettiva psicopedagogia la genitorialità è considerata il processo dinamico attraverso il quale si impara a diventare genitori, affinchè si possa essere capaci di prendersi cura e di rispondere in modo sufficientemente adeguato ai bisogni dei figli in base alla specifica fase evolutiva. Una concezione più psicologica vede, invece, la genitorialità come parte fondante della personalità dell’individuo.

E' uno spazio psichico che inizia a formarsi nell'infanzia quando a poco a poco il bambino interiorizza i comportamenti, i messaggi verbali e non-verbali, le aspettative, i desideri, le fantasie dei propri genitori. Il costrutto di “modelli operativi interni” elaborato da Bowlby esplicita come le esperienze reali con le figure di attaccamento vengono interiorizzate in modelli rappresentazionali relativamente fissi, che il bambino utilizza per predire il mondo e mettersi in relazione con esso, tali modelli incideranno su tutte le sue relazioni future.

Da questo "Genitore Interno" dipendono in gran parte l’immagine di sé che ciascuno ha nonché i modelli relazionali che vengono utilizzati nelle interazioni. Per parlare di genitorialità, insomma, non è sufficiente la percezione, e magari anche l’orgoglio, della paternità e della maternità, ma si deve guardare a tale costrutto da molteplici angolazioni. La genitorialità non è un fatto individuale, non solo, ma riguarda la coppia in quanto diade e in tal senso deve contemplare l’assunzione da parte dell’uomo quanto della donna, di un compito comune e condiviso. Si può, quindi, individuare un nesso imprescindibile tra “il diventare genitori” e “l’essere genitori insieme”, che rimanda al costrutto di co-genitorialità,

 

Cosa si intende per co-genitorialità?

Con il termine co-genitorialità ci si riferisce al modo in cui i genitori si rapportano tra loro rispetto al figlio quando è in posizione di terzo. La co-genitorilà fa riferimento alla consapevolezza che i figli non sono semplicemente un dato, ma un’avventura da correre insieme, un destino da costruire attraverso il diretto assolvimento del compito evolutivo da parte della coppia.

Con il termine co-genitorialità s'intende descrivere la collaborazione genitoriale, cioè l'insieme dei comportamenti e delle azioni stabilite e condivise dalla coppia genitoriale al fine di garantire lo sviluppo fisico e psicologico dei propri figli, anche nel caso in cui i due genitori non convivano.

Nel concetto di co-genitorialità è insita la capacità dei genitori di negoziare reciprocamente i loro rispettivi ruoli, la responsabilità e i contributi nei confronti dei loro figli, e non solo, questo costrutto rimanda anche al sostegno, alla condivisione della responsabilità, al rispetto e alla fiducia tra madre e padre e anche al modo in cui i genitori affrontano insieme il loro ruolo.

 

Alleanza fra i genitori come fattore protettivo per i figli

La co-genitorialità va intesa come un’alleanza tra i genitori che può contenere sia dimensioni positive quali il rispetto, la partecipazione, la comunicazione e la cooperazione; sia caratteristiche negative come conflitto e triangolazione. La ricerca empirica in tal senso ha dimostrato come la co-genitorialità influisca sull’adattamento dei figli nelle varie fasi della vita.

Si è visto come la cooperazione genitoriale sia un fattore protettivo per l’adattamento del bambino e come, invece, il conflitto co-genitoriale possa predire comportamenti disadattavi nei figli. In tal senso, è necessario sottolineare come la coniugalità e la co-genitorialità debbano essere considerati fenomeni tanto correlati quanto distinti perché, pur essendo parte dello stesso sistema familiare, seguono delle traiettorie di sviluppo in parte autonome, ma che si influenzano reciprocamente.

 

Transizione verso la genitorialità: una sfida costruttiva

Come molte ricerche hanno dimostrato, la transizione alla genitorialità costituisce un cambiamento fondamentale nella vita di coppia che si riflette profondamente nei sistemi di attaccamento, di accudimento e di sessualità. E’ con la nascita del primo figlio, infatti, che si sancisce il passaggio irreversibile da coppia a famiglia, per cui la diade coniugale diventa triade familiare.

Tale passaggio rappresenta una fase critica normativa nel ciclo di vita della famiglia, in cui la stessa sviluppa una propria “personalità” specifica e in cui giocano un ruolo fondamentale anche le aspettative individuali e le motivazioni dei singoli genitori rispetto alla nascita del bambino. Tali pattern comportamentali contribuiscono alla costruzione congiunta di strategie di coordinazione e interazione, che vanno a caratterizzare quella specifica relazione co-genitoriale.

 

Il Consultorio Antera Onlus, nelle sedi di Roma, Monterotondo e Fiumicino offre la possibilità di incontrare psicoterapeuti esperti nelle difficoltà legate alla costruzione di una cogenitorialità efficace e funzionale, accogliendo e accompagnando gli individui all'interno di percorsi individuali,di coppia o familiari.

 

 

Che cosa sono le Emozioni?

Nel film “Inside Out” la Disney Pixar affronta il tema delle emozioni, nello specifico quelle di base come paura, gioia, rabbia, tristezza e disgusto, mostrando il loro ruolo e importanza nel quotidiano delle nostre vite. Il film ci ricorda che tutte le emozioni, anche quelle sgradevoli, sono degne di attenzione e vanno esplorate al fine di comprendere meglio i significati delle cose e capire cosa vogliamo o non vogliamo.

Spesso parliamo e sentiamo parlare di emozioni, ma sappiamo veramente spiegarle? Pur non essendoci una definizione scientifica univoca, potremmo descriverle come brevi, involontarie, totalizzanti risposte complesse dell’organismo ad eventi interni ed esterni rilevanti. La loro natura multisistemica implica il coinvolgimento di diverse componenti:

  • la valutazione cognitiva o appraisal, cioè l’interpretazione da parte dell’individuo di un determinato antecedente emotigeno
  • il comportamento ovvero le risposte verbali e non verbali e le azioni
  • le risposte fisiologiche o arousal dell’organismo (variazioni nella frequenza cardiaca e respiratoria, sudorazione, pallore, rossore, etc.),
  • il vissuto soggettivo o vulnerabilità emotiva agli stimoli

 

Ai fini del benessere personale, quando proviamo una determinata emozione in un determinato contesto che crea una situazione instabile, cerchiamo di modulare l’esperienza emotiva in modo tale da renderla coerente al contesto in linea con le nostre aspettative, attiviamo cioè un processo di regolazione emotiva.

Per regolazione emotiva si intende una serie di abilità che possono essere apprese sin dall’infanzia:

  • riconoscere il tipo di emozione;
  • inibire gli impulsi e i comportamenti inadeguati causati da emozioni, positive o negative, particolarmente intense;
  • organizzare le proprie emozioni in modo coordinato in vista di un obiettivo;
  • calmare in modo autonomo l’attivazione fisiologica indotta da forti emozioni;
  • mantenere focalizzata la propria attenzione in presenza di emozioni forti

 

Tuttavia non sempre siamo in grado di ripristinare la stabilità interna in seguito all’attivazione di un’emozione, ma anzi ci sentiamo sopraffatti come se non riuscissimo ad agire un controllo su ciò che accade dentro di noi. Siamo in preda alla disregolazione emotiva. 

 

Che cosa è la Disregolazione Emotiva?

La disregolazione emotiva è, malgrado gli sforzi compiuti, l’incapacità di avere una buona consapevolezza delle nostre emozioni, e soprattutto di fornire delle risposte adattive, di compiere azioni adeguate per regolare o ricondurre entro la norma gli stimoli, le esperienze, le risposte verbali e/o non verbali.

Qualora questa inabilità alla riorganizzazione emotiva si presenta per un’ampia gamma di emozioni e di contesti ed è caratterizzata da una severa vulnerabilità emotiva, cioè dalla tendenza a reagire in modo intenso e rapido di fronte a stimoli emotivi anche minimi e dal lento ripristino del tono emotivo di base, si parla di disregolazione emotiva pervasiva.

 

Le cause della disregolazione emotiva

Secondo il modello dello sviluppo biosociale dell’individuo, la disregolazione emotiva è il risultato della predisposizione biologica, del contesto ambientale e della combinazione di questi due fattori e del loro reciproco rinforzo che nel corso del tempo comporta l’acquisizione di caratteristiche individuali e strategie di coping disadattive.

Vediamo più nel dettaglio questi tre fattori:

  • La predisposizione biologica: oltre a fattori biologici (ereditarietà, traumi natali, perinatali, o traumi neurologici, malattie occorse dopo la nascita, effetti delle esperienze precoci di apprendimento), esistono due  dimensioni temperamentali particolarmente determinanti per lo sviluppo nel bambino di una severa vulnerabilità emotiva, e queste sono uno scarso effortful control (ovvero un insieme di comportamenti di autoregolazione) e un’affettività negativa (impulsività, frustrazione, incapacità di venire consolati)
  • Il contesto ambientale, in particolare quello di cura familiare, può influenzare lo sviluppo del bambino sotto tre aspetti principali:
    • la tendenza all’invalidazione delle emozioni associata ad una incapacità ad esprimerle attraverso modalità adeguate;
    • uno stile di interazione che rinforza l’attivazione emotiva;
    • una scarsa adeguatezza dello stile dei caregiver nei confronti del temperamento del bambino. Può accadere dunque che le richieste del bambino superino le capacità dell’ambiente familiare di fornire risposte.
  • L’elemento particolarmente determinante è l’invalidazione in cui si coinvolgono in un circolo vizioso di rinforzo entrambi le parti: il bambino vulnerabile emotivamente, che usa l’espressione emotiva come sistema di comunicazione e se non ottiene una risposta adeguata intensifica l’emozione per rafforzare il messaggio comunicativo; il caregiver, che non recepisce o disconosce il messaggio comunicativo, rispondendo in maniera inappropriata, imprevedibile, insensibile, estrema (ipo o iper risponde). Un esempio di invalidazione è quando il bambino piange e il caregiver non si sintonizza con i bisogni di questo, provando a consolarlo o cercando di capirne la causa, ma lo zittisce con frasi del tipo “Smetti di fare il piagnucolone” o “non hai sete, hai bevuto poco fa”. Tale discrepanza nel tempo porta il bambino ad apprendere che le esperienze dolorose sono attribuibili a sue caratteristiche individuali negative, a non avere fiducia nella sua percezione ed interpretazione degli eventi interni ed esterni, e dunque ad acquisire comportamenti disadattivi ripetitivi. 

 

La disregolazione emotiva e le sue implicazioni

La disregolazione emotiva, che ricordiamo consiste nell’inabilità a regolare l’attivazione emotiva, interferisce con lo sviluppo e il mantenimento del senso del sé, prodotto di un processo di auto-osservazione e di osservazione delle reazioni altrui alle proprie azioni, e che necessita di coerenza e prevedibilità emotiva.

Nei soggetti con disregolazione emotiva pervasiva si rileva un senso d’identità inadeguato, o a volte assente del tutto, con conseguente difficoltà relazionali interpersonali, poiché queste richiedono spontaneità nell’espressione emotiva, capacità di autoregolazione emotiva e di tolleranza degli stimoli emotivamente dolorosi. Tali soggetti possono sviluppare relazioni altamente caotiche ed anche divenire iperdipendenti dagli altri, di cui temono l’abbandono.

La disregolazione emotiva pervasiva ha anche implicazioni sul piano comportamentale, ovvero nel tentativo di regolare l’esperienza emotiva e indurre sollievo ad emozioni ingestibili, l’individuo attiva strategie disadattive, quali abuso di sostanze, tentativi autolesivi o suicidari, comportamenti impulsivi. Questi effetti della disregolazione emotiva e della disregolazione comportamentale si possono riscontrare tipicamente in pazienti con Disturbo Borderline di Personalità ma anche con Disturbi dell’Umore e Disturbi d’Ansia

 

L’aiuto psicologico

Alla luce di quanto descritto si può concludere che chiedere un supporto psicologico possa essere un passo per ristabilire un benessere personale. Il trattamento psicoterapeutico può aiutare i soggetti con disregolazione emotiva ad esplorare il repertorio che mettono in atto per modulare le loro emozioni, identificare i meccanismi di funzionamento disfunzionali e lavorare sullo sviluppo di strategie di coping alternative e adeguate.

Il Consultorio Antera Onlus, nelle sedi di Roma, Monterotondo e Fiumicino offre la possibilità di incontrare psicoterapeuti esperti nell’ambito della disregolazione emotiva, accogliendo e accompagnando gli individui all'interno del proprio percorso terapeutico.

 

I sentimenti di colpa arrivano quando i nostri pensieri o il nostro comportamento non sono allineati con l’altezza dei nostri ideali. Hanno spesso origine nell’infanzia, nel rapporto con i nostri genitori e familiari ed sono influenzati dalla immaturità cognitiva ed emotiva del bambino, dalla sua visione parziale del mondo, che deriva dalla mancanza di esperienza e dalla tendenza a fare inferenze causali scorrette. I bambini iniziano a interpretare il mondo attraverso processi imitativi degli adulti che si occupano di loro, immaginandoli come “verità assolute”, non relativizzandoli sulla realtà e questo, di fatto, li rende vulnerabili a sviluppare costruzioni di “credenze” disfunzionali e relativi sensi di responsabilità e di colpa irrazionali.

Ad esempio, un bambino che interagisce con un genitore depresso che farà fatica a rispondere alle richieste di interazioni perché considerate troppo onerose, potrà determinare nel figlio la convinzione che la vitalità sia causa di sofferenza e rabbia negli altri e che, per non suscitarla, deve inibirla o evitarla. Oppure il bambino potrebbe sentirsi responsabile del malessere del caregiver, creando un nesso di causalità tra lo stato d’animo del genitore e il proprio comportamento; diversamente potrebbe anche identificarsi con il genitore sentendosi sempre arrabbiato o triste. Pertanto si potrebbe radicare in lui la convinzione che i comportamenti vitali e l’espressione dei propri bisogni sono richieste di attenzioni sbagliate, sono colpe.

Gli essere umani sono  geneticamente predisposti ad empatizzare con gli altri, quindi ciò che proviamo e sentiamo è,  fin da subito, influenzato fortemente dalle persone con le quali interagiamo, quindi empatia, senso di responsabilità  e altruismo sono elementi che di per sé ci appartengono e non sono negativi, bensì adattivi, ma se li associamo a errati pensieri associativi,  possono contribuire alla formazione di comportamenti disadattivi e ad emozioni e pensieri che portano sofferenza psichica profonda.

La colpa ha spesso un legame profondo con l’aggressività  e la rabbia verso se stessi  -“ mi sento in colpa anche se non ho fatto nulla di male e se mi sento così ho l’impressione di non poter far nulla di costruttivo e quindi mi arrabbio , questo potrebbe farmi sentire ulteriormente in colpa”, quindi l’aggressività potrebbe essere adattiva ad una situazione che si percepisce come pericolosa.

 

La differenza tra senso di colpa e colpa

Sembra importante sottolineare la differenza tra senso di colpa e colpa. Il primo  si riferisce in modo specifico a quando pensiamo in modo “anticipato” a come vorremmo che le cose andassero quando ancora non abbiamo la certezza di come possa concludersi, mentre la colpa si manifesta a cose avvenute, dove non c’è possibilità di agire sull’accaduto e in questo stato c’è una emozione negativa che pervade tutto. Per colpa si intende il continuo ripensare a come sarebbe potuta andare una situazione, diversamente da come si è svolta. Quindi, è un continuo riportare il passato nel presente tramite immagini e pensieri legati all’evento. Tutto questo ruminare porta a staccarsi dalla realtà e a non riuscire a godere pienamente del presente.

 

Senso di colpa inconscio e consapevole

Possiamo inoltre distinguere un senso di colpa consapevole e uno inconsapevole -“inconscio.” Il primo fa riferimento ai nostri sistemi educativi, alla cultura di appartenenza, alla società che abitiamo e a ciò che si ritiene quindi giusto o sbagliato in base a questi elementi. Il senso di colpa inconscio invece, ci pervade in modo persistente e costantemente quando viviamo le relazioni interpersonali, una sorta di ansia di sbagliare continua”, percezione ancorata anche a idee illogiche ma che si accompagnano a delle sensazioni emotive pesanti e negative che proviamo ad evitare, spesso senza successo. Questo stato è spesso legato alla paura costante e irrazionale di danneggiare le persone care, ma il punto fondamentale è che le persone non ne sono consapevoli e quindi si ritrovano “improvvisamente” a bloccarsi dal prendere decisioni importanti, dall’adoperarsi per rispondere a bisogni fondamentali, si trovano impossibilitate a godere delle cose positive che gli capitano.

 

Da dove nasce il senso di colpa?

La letteratura scientifica delinea diverse situazioni ricorrenti nelle quali il senso di colpa si sviluppa:

  1. legato alla separazione - “se mi allontano dalle persone a me care li posso far soffrire e arrecherò loro un gran male”- la separazione può intendersi anche come distanza ma anche come differenza, quindi si farà fatica ad avere idee, posizioni politiche o gusti o desideri diverse dai propri cari, in qualche modo si sente di essere “sleali” se non si aderisce a quello che si pensa gli altri possano aspettarsi da noi;
  1. legato al successo - “se riesco a raggiungere obiettivi migliori degli altri è ingiusto”, come se si togliesse a qualcuno qualcosa e questa tipologia di senso di colpa potrebbe portare a un boicottaggio costante nel raggiungimento dei propri traguardi personali ;
  1. legato alle responsabilità - avere la convinzione di avere il potere e il dovere di prendersi cura delle persone care in difficoltà ed è persuaso che senza il suo impegno le cose andranno male e ne sarà colpevole. Questo senso di colpa porta spesso le persone a non riuscire a dire mai di no alle richieste degli altri, ad aver bisogno di avere tutto sotto controllo e dare voce ai propri bisogni viene visto come spregevole ed egoista.
  1. legato all’odio di sé : questo senso di colpa è molto grave e si riferisce alla colpa che si prova per come si è, alla sensazione di essere intrinsecamente sbagliati, inadeguati, con la conseguenza di pensare di non meritare accettazione, protezione, affetto. Questo tipo di colpa viene correlato a rapporti familiari nei quali si è vissuti in condizioni maltrattanti. Spesso è correlato anche a sentimenti di vergogna cronica che può essere una forma di autopunizione poiché si sono incarnati atteggiamenti o comportamenti abusanti e trascuranti i familiari potevano avere oppure ci si può vergognare per l’identificazione con i familiari dei quali ci si vergogna, in ogni situazione non si può abbandonare la vergogna perché ci si sentirebbe in colpa per essersi differenziati dalla famiglia.

 

Se il senso di colpa si cronicizza, diventa pervasivo nei nostri pensieri e osserviamo come invada la nostra vita quotidiana nelle relazioni con noi stessi e gli altri, è importante poter chiedere aiuto ad un professionista.

Gli psicoterapeuti del Consultorio Antera da anni lavorano e si sono formati approfondendo questa tematica nel lavoro clinico con i pazienti.

 

Riferimenti Bibliografici:

Gazzillo F. “ Fidarsi dei pazienti”, ed Raffaello Cortina Editore,  2016.

Pagina 6 di 41

Contatta lo Psicologo Consultorio Antera

Per richiedere un primo incontro gratuito è sufficiente telefonare al 320.87.55.641 (anche via SMS o tramite WhatsApp) – o inviarci un messaggio tramite l'apposita area contattaci

Per comunicazioni di tipo diverso, non relative ad informazioni sui servizi, utilizzate l'indirizzo e-mail segreteria@consultorioantera.it

Iscriviti alla nostra newsletter

Per tutti gli iscritti alla nostra newsletter, sono disponibili in esclusiva i nostri articoli ed e-book, pubblicati periodicamente con l’obiettivo di contribuire alla divulgazione qualitativa della professione. Trattano di argomenti di interesse comune, inerenti il benessere psicologico o le problematiche più diffuse: prendendo spunto dalla letteratura scientifica e dalla esperienza clinica, cercheranno di rispondere alle domande più frequenti e di far emergere nuovi spunti di riflessione.

Sono risorse che il Consultorio Antera Onlus desidera mettere a disposizione in maniera del tutto gratuita per chiunque abbia curiosità e interesse relativi allo specifico tema di volta in volta trattato.

compila il form seguente per ricevere la nostra newsletter e i nostri ebook gratuitamente.

I agree with the Privacy e Termini di Utilizzo