Attivo a Roma un nuovo laboratorio di gruppo dal titolo "Fame di Emozioni...quando mangiare serve per colmare un vuoto". Un percorso esperienziale di dieci incontri a cadenza settimanale, pensati per chi desidera migliorare il proprio rapporto con il cibo, con il corpo, con le abitudini alimentari e con le emozioni. Una formula innovativa guidata da psicoterapeuti esperti in collaborazione con altre figure professionali per prendersi cura a 360° del mondo dell'alimentazione.
Iscrizioni aperte per i prossimi incontri che si terranno nella sede di Roma del Consultorio Antera Onlus.
Per maggiori informazioni Fame Nervosa - Cause e Motivi | L'Aiuto dello Psicologo
Gli psicologi del Consultorio Antera di Roma, Fiumicino e Monterotondo, si occupano di alimentazione e gestione del peso corporeo non propongono diete. È per questo che nella cura della fame nervosa è possibile anche richiedere la collaborazione con una nutrizionista, nel caso in cui la persona abbia bisogno di un piano alimentare.
Durante il percorso imparerai delle strategie utili per gestire gli attacchi di fame nervosa, inoltre capiremo insieme siano le ragioni che portano a mangiare in maniera incontrollata.
L'obiettivo del percorso è che tu, con il tempo riesca a gestire gli attacchi di fame nervosa e ad avere un rapporto più sereno con il cibo e con il tuo corpo, imparando a dar voce ai tuoi bisogni e ai tuoi desideri.
Per informazioni o prenotazioni: 0645425425 - 3208755641 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il termine anoressia deriva dal greco e letteralmente significa “mancanza di appetito”. In realtà l’anoressia non è caratterizzata dall’assenza di appetito, tutt’altro: almeno nelle fasi iniziali ed intermedie lo stimolo della fame è presente e tenacemente combattuto; infatti il nucleo fondamentale della patologia è il rifiuto di mangiare, con una conseguente abnorme riduzione del peso corporeo rispetto ad età ed altezza del soggetto sofferente, il quale si rifiuta di mantenere il livello di peso minimo adeguato, continuando a manifestare un comportamento finalizzato al mantenimento e all’incremento della riduzione ponderale. Alla base apparente di questo rifiuto vi è un’eccessiva e persistente preoccupazione riguardante la forma e il peso del proprio corpo: la stima di sé dipende dalla capacità di esercitare un controllo assoluto sull’ingestione di cibo e sulla dimensione corporea.
Questo comporta dei danni per la salute fisica e psicologica: nelle ragazze (le più colpite da tale disturbo) il primo sintomo fisico è certamente la perdita dei cicli mestruali.
Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali suggerisce la presenza dei seguenti criteri affinché si possa effettuare una diagnosi di anoressia nervosa:
Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l’età e la statura (peso corporeo al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto). Questo significa che la persona presenta un indice di massa corporea inferiore a 18,5. Ricordiamo che l’Indice di massa corporea si calcola con la seguente formula:Peso (in Kg): Quadrato dell’altezza (in m)
I valori normali sono compresi tra 18,5 e 24,9. Valori al di sotto di 16 indicano condizioni particolarmente gravi.
Inoltre il Manuale distingue due sottotipi di Anoressia Nervosa:
COMPLICANZE
Una delle caratteristiche fondamentali dei Disturbi del comportamento alimentare è la presenza di numerose complicanze, sia psicologiche che fisiche, che derivano dal protrarsi dei sintomi primari che caratterizzano la patologia. Dal momento che nella terapia devono essere necessariamente affrontati, sembra doveroso menzionarli.
Gli apparati che possono essere interessati dalle complicanze sono soprattutto:
La malnutrizione si manifesta con una generale riduzione del metabolismo basale (il corpo percepisce le carenze nutrizionali e inizia a 'risparmiare', limitando il consumo di energia), che si ripercuote velocemente sulla funzionalità della tiroide che, tra le varie funzioni svolte, regola la temperatura corporea: infatti il freddo alle estremità costituisce un sintomo tipico.
La carenza di proteine è spesso responsabile della comparsa di gonfiore e lividi alle gambe e al volto, ed è un segno grave, perché correlato ad un'aumentata mortalità.
Come per tutti i disturbi mentali, anche nel caso dell’anoressia è molto difficile individuare una causa certa che conduce all’esito psicopatologico. Infatti probabilmente possiamo individuare più di un elemento che non svolge tanto un ruolo determinante nell’insorgenza del disturbo, ma che interagendo con altri aumenta la probabilità che esso si manifesti. Vediamo schematicamente quali potrebbero essere questi fattori:
Nessuno dei fattori menzionati può da solo essere considerato la causa dell’anoressia; al contrario è la presenza e l’interazione di più fattori di rischio che aumenta la probabilità dell’insorgenza del disturbo
L’anoressia spesso esordisce con una dieta volta al miglioramento della propria immagine corporea, o comunque con una marcata alterazione delle abitudini alimentari: si assiste all’assunzione selettiva di alcuni cibi come mele, verdure, creckers, con l’eliminazione di tutto il resto fino ad arrivare al salto dei pasti e ai digiuni prolungati. Il peso diminuisce notevolmente, ma non si è mai soddisfatti, e quindi si continua. L’anoressia è un disagio psicologico, ma comporta dei gravi rischi per la salute fisica, mettendo a repentaglio la vita stessa della persona che ne è affetta a causa del grave deperimento organico che comporta: per questo è importante rivolgersi ad uno specialista o meglio ancora ad uno dei numerosi centri specializzati nella diagnosi e nella cura dei Disturbi alimentari attualmente esistenti, ed intervenire il prima possibile per evitare la cronicizzazione del distutrbo. In tali centri si attua una terapia multidisciplinare complessa, poiché coinvolge diversi specialisti (nutrizionisti, endocrinologi, vari medici internisti in base alle specifiche problematiche, psichiatri, psicologi, psicoterapeuti) cercando di curare tanto l’aspetto fisico, quanto quello psicologico. Appare chiaro che la famiglia ha un ruolo fondamentale nel rilevare l’insorgenza di questo disagio, perché i suoi membri sono i primi testimoni dei drastici cambiamenti nel regime dietetico del soggetto: senza confonderli con dei semplici cambiamenti di gusto, la sensibilità genitoriale certamente saprà riconoscere l’inadeguatezza di certi comportamenti alimentari che comportano l’esclusione di cibi fondamentali per la salute, e conseguentemente stimoleranno la ricerca di un aiuto specialistico. Anche amici e conoscenti sono testimoni di cambiamenti: il soggetto non è disposto a variare il regime alimentare che si è imposto e quindi eviterà uscite al ristorante o anche semplicemente gli incontri al bar. Insomma, tutte le persone che a vario titolo hanno un ruolo nella vita del soggetto possono attraverso attenzione e sensibilità rilevare il disagio e stimolare la richiesta di aiuto.
Se una persona si accorge di trovarsi nella situazione descritta, ovvero ha effettuato un cambiamento drastico nelle abitudini alimentari nella direzione di una sempre maggiore selettività fino all’esclusione completa di molti alimenti e al digiuno, ha perso molti, troppi chili scendendo al di sotto del livello di indice di massa corporea normale (18,5), avvertendo comunque di non essere soddisfatta, e sentendosi sempre più ossessionata dalla preoccupazione costante per le forme e il peso del proprio corpo, deve chiedere aiuto, rivolgendosi al medico curante o, meglio ancora, ad uno dei numerosi centri specializzati nella diagnosi e nella cura dei Disturbi alimentari sparsi in tutta Italia. Forniamo la formula per il calcolo dell’Indice di massa corporea. Peso in Kg : altezza (in m) al quadrato Se il risultato di questa semplice operazione è inferiore a 18,5 siete sottopeso; se il risultato è inferiore a 16 la situazione è particolarmente preoccupante.
Quando in famiglia ci sono figlie (o figli) adolescenti che manifestano problematiche alimentari di questo genere, i genitori:
Gli amici, i compagni di scuola e gli insegnati possono essere utili ad una ragazza sofferente pur sempre con molta cautela.
Gli insegnanti:
Gli amici:
Attualmente l’intervento ritenuto più efficace nella cura dei disturbi alimentari è certamente l’approccio terapeutico integrato, in cui più figure si occupano a livelli diversi del soggetto, dei familiari o dei compagni. Si tratta di una terapia lunga, in media 2 anni, polistrutturata (medici, nutrizionisti psicologi/psicoterapeuti, terapeuti familiari, educatori), che si pone diversi obiettivi:ripristinare il ritmo biologico alterato al fine di consentire un buon funzionamento psico-fisico (la malnutrizione porta con sé gravi sintomi depressivi ed ossessivi) ed arginare i pericolosi effetti fisici dei sintomi alimentari (digiuno, vomito, lassativi
Accogliere i disagi e le paure dei soggetti e creare un clima di confronto al fine di facilitare l’acquisizione di più funzionali stati cognitivi ed emotivi per superare la crisi. Proprio la paura di crescere, di vivere, di prendere decisioni determina un blocco e perpetua i sintomi, provocando enorme sofferenza
Trattare le eventuali patologie concomitanti, sia fisiche, come i disturbi gastrointestinali ed endocrinologici, sia psicologiche, come depressione, disturbi di personalità, ecc..;
Mobilitare le risorse interne al nucleo familiare, coinvolgendo genitori e fratelli in un percorso terapeutico volto ad acquisire una buona empatia e una buona complicità finalizzata ad un obiettivo comune: il miglioramento. Questo obiettivo non è affatto semplice da conseguire perché alcune dinamiche familiari possono svolgere un ruolo nell'insorgenza e nel mantenimento del disturbo.
La terapia farmacologica può essere utile nell'ottica di un trattamento integrato, come sussidio agli interventi nutrizionali e psicoterapeutici, che costituiscono la chiave di volta dell’intervento.
I primi sono funzionali a garantire la sopravvivenza della paziente, messa seriamente a repentaglio; senza di essi, talvolta non ci sono neanche le condizioni per avviare una psicoterapia, che però è necessaria perché consente al paziente di trarre le risorse per "sciogliere" i sintomi ed il malessere, imparando un modo di affrontare la realtà e di leggere se stesso più costruttivo e più adeguato.
Sono stati proposti interventi non focalizzati sui sintomi, interventi comportamentali focalizzati sui sintomi, interventi focalizzati sul sistema famiglia. Dunque l’approccio integrato prevede l'utilizzo di diversi tipi di psicoterapie nei diversi momenti di malattia; ad esempio l'alimentazione meccanica (intervento di tipo comportamentale puro che tratta il cibo come un farmaco stabilendo rigidamente cosa, come e quanto mangiare) ha molto senso nei primi momenti di terapia, quando i sintomi sono così forti da mettere a rischio al vita del paziente o compromettere la sua capacità di partecipare in modo attivo alle cure. In concomitanza, le tecniche comportamentali dovrebbero essere affiancate da interventi più specifici sul concetto di sé, sulle relazioni familiari e interpersonali disturbate. Nella fase I (il primo mese) le sedute sono spesso programmate due volte la settimana, durante la fase II (un anno circa) settimanalmente e durante la fase III (sei mesi circa) due volte al mese. Se gli obiettivi riguardanti il peso sono raggiunti, divengono prioritarie le problematiche personali e interpersonali identificate con il soggetto. E’ necessario specificare che tale terapia può essere effettuata a livello ambulatoriale o molto più spesso sotto ricovero. Nel primo caso la perdita di peso non estrema, la patologia non si è instaurata da lungo tempo, non ci sono gravi complicazioni mediche, vi è una motivazione al cambiamento, e l’ambiente familiare è abbastanza funzionante, nel secondo la perdita di peso è grave ed inarrestabile, vi sono problemi psicologici e/o comportamentali non trattabili a domicilio, gravi disfunzioni familiari, anche conseguenti alla patologia. Comunque se entro un mese il trattamento ambulatoriale non sortisce effetti si ricorre al ricovero.
Attualmente l’intervento ritenuto più efficace nella cura dei disturbi alimentari è certamente l’approccio terapeutico integrato, in cui più figure si occupano a livelli diversi del soggetto, dei familiari o dei compagni.nSi tratta di una terapia lunga, in media 2 anni, polistrutturata (medici, nutrizionisti psicologi/psicoterapeuti, terapeuti familiari, educatori), che si pone diversi obiettivi:ripristinare il ritmo biologico alterato al fine di consentire un buon funzionamento psico-fisico (la malnutrizione porta con sé gravi sintomi depressivi ed ossessivi) ed arginare i pericolosi effetti fisici dei sintomi alimentari (digiuno, vomito, lassativi
Accogliere i disagi e le paure dei soggetti e creare un clima di confronto al fine di facilitare l’acquisizione di più funzionali stati cognitivi ed emotivi per superare la crisi. Proprio la paura di crescere, di vivere, di prendere decisioni determina un blocco e perpetua i sintomi, provocando enorme sofferenza
Trattare le eventuali patologie concomitanti, sia fisiche, come i disturbi gastrointestinali ed endocrinologici, sia psicologiche, come depressione, disturbi di personalità, ecc..;
Mobilitare le risorse interne al nucleo familiare, coinvolgendo genitori e fratelli in un percorso terapeutico volto ad acquisire una buona empatia e una buona complicità finalizzata ad un obiettivo comune: il miglioramento. Questo obiettivo non è affatto semplice da conseguire perché alcune dinamiche familiari possono svolgere un ruolo nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo.
La terapia farmacologica può essere utile nell’ottica di un trattamento integrato, come sussidio agli interventi nutrizionali e psicoterapeutici, che costituiscono la chiave di volta dell’intervento.
I primi sono funzionali a garantire la sopravvivenza della paziente, messa seriamente a repentaglio; senza di essi, talvolta non ci sono neanche le condizioni per avviare una psicoterapia, che però è necessaria perché consente al paziente di trarre le risorse per "sciogliere" i sintomi ed il malessere, imparando un modo di affrontare la realtà e di leggere se stesso più costruttivo e più adeguato.
Sono stati proposti interventi non focalizzati sui sintomi, interventi comportamentali focalizzati sui sintomi, interventi focalizzati sul sistema famiglia. Dunque l’approccio integrato prevede l'utilizzo di diversi tipi di psicoterapie nei diversi momenti di malattia; ad esempio l'alimentazione meccanica (intervento di tipo comportamentale puro che tratta il cibo come un farmaco stabilendo rigidamente cosa, come e quanto mangiare) ha molto senso nei primi momenti di terapia, quando i sintomi sono così forti da mettere a rischio al vita del paziente o compromettere la sua capacità di partecipare in modo attivo alle cure. In concomitanza, le tecniche comportamentali dovrebbero essere affiancate da interventi più specifici sul concetto di sé, sulle relazioni familiari e interpersonali disturbate. Nella fase I (il primo mese) le sedute sono spesso programmate due volte la settimana, durante la fase II (un anno circa) settimanalmente e durante la fase III (sei mesi circa) due volte al mese. Se gli obiettivi riguardanti il peso sono raggiunti, divengono prioritarie le problematiche personali e interpersonali identificate con il soggetto. E’ necessario specificare che tale terapia può essere effettuata a livello ambulatoriale o molto più spesso sotto ricovero. Nel primo caso la perdita di peso non estrema, la patologia non si è instaurata da lungo tempo, non ci sono gravi complicazioni mediche, vi è una motivazione al cambiamento, e l’ambiente familiare è abbastanza funzionante, nel secondo la perdita di peso è grave ed inarrestabile, vi sono problemi psicologici e/o comportamentali non trattabili a domicilio, gravi disfunzioni familiari, anche conseguenti alla patologia. Comunque se entro un mese il trattamento ambulatoriale non sortisce effetti si ricorre al ricovero