Il cibo ha da sempre un grande valore simbolico e relazionale, può rappresentare purtroppo a volte un canale d'elezione attraverso cui esprimere la nostra sofferenza interiore e cercare di controllare le emozioni.
E' importante riflettere sui nostri comportamenti alimentari e riconoscere l'eventuale amplificarsi di condotte anomale e lesive che possono sfociare in un vero e proprio disturbo dell'alimentazione, come la bulimia. Le manifestazioni di questa patologia, che etimologicamente ci rimanda ad una “fame da bue”, si possono riassumere in un circolo vizioso fra grandi assunzioni e conseguenti eliminazioni di cibo, circuito difficile da interrompere e che si autorinforza, alimentato da grandi sensi di colpa.
Nel momento in cui si arriva alla consapevolezza di avere un vero e proprio problema legato al cibo, è importante potersi concedere di chiedere aiuto a figure esperte, senza il timore di venire giudicati, anche se magari pensiamo di non essere disposti a modificare i nostri comportamenti tanto facilmente. Nello specifico, si può parlare di bulimia se almeno una volta alla settimana nell'arco di tre mesi ci è capitato di avere delle abbuffate e delle condotte compensatorie. Aver quindi ingerito grandi quantità di cibo, senza riuscire a smettere o controllare cosa o quanto si sta mangiando e aver poi messo in atto comportamenti per prevenire l’aumento di peso, come il vomito autoindotto, l'uso di lassativi o diuretici, il digiuno o un'attività fisica eccessiva. Un altro fattore molto importante da considerare è quanto i nostri livelli di autostima siano influenzati dalla forma e dal peso del nostro corpo e quanto sia grande la preoccupazione per la nostra immagine, fino a giungere ad una visione distorta di essa.
Un percorso terapeutico per affrontare un disturbo dell'alimentazione come la bulimia, non può prescindere dall'essere un percorso integrato: da un lato è importante essere aiutati nella gestione e graduale modificazione dei comportamenti alimentari disfunzionali e dall'altro comprendere e lavorare sulle problematiche sottostanti. All'interno del Consultorio Antera Onlus è possibile essere supportati su entrambi questi aspetti costantemente interconnessi, proprio attraverso la continua connessione e il confronto fra i diversi professionisti, nutrizionista, medico dietologo e psicoterapeuta. Questo lavoro in sinergia permette di intervenire contemporaneamente sia su aspetti fisici e organici, che intrapsichici dell'individuo, con attenzione al suo contesto familiare e sociale di appartenenza, contestualizzando il sintomo alimentare all'interno di essi e fornendo nuovi strumenti di crescita alla persona.
E' molto importante intervenire in modo tempestivo sui comportamenti alimentari sottostanti alla bulimia: abbuffate, condotte compensatorie e restrizioni vanno contrastate non solo per le importanti ripercussioni sul nostro organismo, ma anche per iniziare a rompere il circolo vizioso che esse comportano e non compromettere il percorso terapeutico, si può iniziare a gestire meglio la situazione, attraverso tecniche e strategie utili per interrompere determinati meccanismi e sfatare false credenze, ad esempio sull'attività fisica, che portano a perpetuare certi comportamenti. Molto preziosa risulta essere la possibilità di lavorare gradualmente sulla regolazione dell'alimentazione e di conseguenza sul peso e sulla capacità di cogliere i segnali di fame e sazietà, sempre attraverso un confronto fra i diversi professionisti, modulando obiettivi raggiungibili.
Come abbiamo detto inizialmente il cibo può diventare un canale attraverso cui veicolare il proprio malessere, una sofferenza che è importante possa essere accolta all'interno di un percorso psicoterapeutico. Molto spesso il controllo e il potere sul cibo vengono usati come mezzi per sentirsi adeguati e “all'altezza” rispetto agli altri e ad un esterno percepito magari come minaccioso o giudicante, è di primaria importanza poter lavorare quindi sulla propria autostima e sul potenziamento delle proprie abilità sociali. E' importante anche, nella ricostruzione della storia della persona, poter affrontare le eventuali difficoltà che possono esserci all'interno della propria famiglia di origine: porre attenzione alle diverse fasi del ciclo di vita dell'individuo e alle sua possibilità di sentirsi appartenente al proprio nucleo familiare, ma potersi anche individuare e differenziare da esso, senza soffocare la sua spinta verso l’autonomia, sempre all'interno di un percorso di crescita personale.
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Se il rifiuto di mangiare costituisce il nucleo dell’anoressia, l’esaltazione patologica della fame rappresenta senza dubbio la caratteristica peculiare della bulimia nervosa. Il termine bulimia deriva dal greco e significa letteralmente “fame da bue”. Essa si manifesta con ricorrenti episodi di abbuffate nelle quali il soggetto sperimenta una perdita di controllo sul proprio comportamento alimentare, ingerendo in pochissimo tempo enormi quantità di cibo, mischiando insieme alimenti incompatibili tra loro (ad esempio dolce e salato nello stesso momento), spesso non cocendo nemmeno quelli che andrebbero cotti, fino a dolore addominale, nausea, malessere fisico che pongono fine all’episodio. Dal momento che anche in questo caso, come nell’anoressia vi è una persistente ed eccessiva preoccupazione per la forma e il peso del corpo, questi episodi vengono seguiti regolarmente da vomito auto-indotto, dall’assunzione di lassativi e diuretici, nonché dall’adozione di diete ristrette, digiuni ed un rigido esercizio fisico, finalizzati ad evitare aumenti di peso. A differenza delle anoressiche, le persone bulimiche non presentano in apparenza i segni del loro disagio e conducono di facciata una vita normale, seppure di grande sofferenza a causa degli enormi sensi di colpa e della vergogna che sviluppano per la perdita di controllo che si verifica nel corso delle abbuffate.
Il manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali prevede i seguenti i criteri per porre diagnosi di bulimia nervosa:
A. Ricorrenti abbuffate. Un’abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti punti:
1) mangiare in un definito periodo di tempo (ad esempio di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili;
2) sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad esempio sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).
B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.
C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi.
D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei.
Si identificano due sottotipi di Bulimia Nervosa
- con Condotte di Eliminazione: il soggetto presenta regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o altri farmaci;
- senza Condotte di Eliminazione: il soggetto utilizza regolarmente altri comportamenti compensatori inappropriati, quali il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto o all’uso inappropriato di lassativi, diuretici o altri farmaci.
I fattori che favoriscono l’insorgenza della bulimia sono di fatto gli stessi indicati a proposito della anoressia, pertanto si rimanda a quella sezione per un approfondimento. Il fatto che quasi la metà delle pazienti anoressiche divengono in seguito bulimiche è un ulteriore conferma delle comuni cause: anoressia e bulimia possono essere considerate due facce della stessa medaglia. Tuttavia desideriamo anche specificare le peculiarità che caratterizzano in modo specifico la bulimia. Le persone affette da questo tipo di patologia tendono a porsi in generale degli obiettivi molto elevati che poi sentono di non riuscire a perseguire: sperimentano così una sensazione perenne di insoddisfazione. Nello specifico il non riuscire a rispettare la rigida dieta che esse stesse si impongono induce le abbuffate: è una logica del tipo “tutto o nulla”, in cui anche la minima trasgressione fa scattare il meccanismo del “ tanto vale abbuffarsi”, che alimenta il senso di colpa e rende ancora più rigida, e quindi impossibile da rispettare, la dieta. La tematica della perdita del controllo è un punto centrale: le pazienti bulimiche sperimentano costantemente questa sensazione, non soltanto nel corso delle abbuffate, ma in generale nella loro vita, e questo comporta un grande senso di colpa e di vergogna. Pur tuttavia la loro sofferenza spesso non è visibile agli occhi degli altri: la magrezza dell’anoressica è eclatante, ma la bulimica non presenta, il più delle volte, variazioni di peso visibili. Si tratta, dunque, di una sofferenza che non ha voce, che non può essere comunicata e che si accompagna sempre ad un vissuto depressivo profondo. La singola abbuffata può essere causata da emozioni negative, da un minimo aumento di peso, da un senso di gonfiore, dalla fame, dall’aver trasgredito alla dieta, dalla tensione premestruale, dall’assunzione di alcol e dal non avere nulla da fare: in un primo momento tutto viene placato, ma successivamente insorgono disgusto, senso di colpa, depressione autosvalutativa, paura di aumentare di peso, con i comportamenti di compenso. Tutto ciò non potrebbe avvenire se alla base non vi fosse il tipo di personalità descritto.
COMPLICANZE
Naturalmente anche la bulimia comporta delle gravi complicanze fisiche, in parte condivise con l’Anoressia caratterizzata da condotte di eliminazione.
- Lo squilibrio idro-salino dovuto al digiuno e soprattutto all'uso di lassativi, diuretici o vomito rappresenta una delle prime cause di danno fisico.
La perdita di potassio, sodio e cloro provoca complicanze metaboliche, renali e cardiovascolari.
I sintomi di uno squilibrio idroelettrolitico sono: sete, vertigini e ritenzione idrica, che causa gonfiore a gambe e braccia, debolezza, apatia, tic e spasmi nervosi.
In particolare vomitare dopo avere assunto ingenti quantità di acqua nel tentativo vano, di eliminare tutto quello che si è ingerito crea un profondo e immediato cambiamento nell'equilibrio idrosalino, che ha come sintomo spossatezza, tremori e tachicardia e può esitare in aritmie cardiache.
I danni renali più frequenti sono la nefropatia e la calcolosi renale.
- Infiammazione delle ghiandole salivari: dovuto al vomito autoindotto e comporta tumefazioni evidenti per aumento della produzione di saliva e per lo squilibrio idrosalino che si crea vomitando.
Le ghiandole salivari infiammate si gonfiano, ma possono anche produrre calcoli di dimensioni variabili, che se ostruiscono i dotti salivari provocano un intenso dolore. La ghiandola si gonfia modificando la fisionomia del volto, dando al viso un aspetto tondeggiante; il fenomeno è reversibile generalmente in qualche settimana con l'astensione dalle pratiche compensatorie.
Il consiglio migliore che si possa dare è uno solo: dopo aver preso coscienza di avere un disordine alimentare rivolgersi immediatamente ad un centro specializzato o almeno al proprio medico di base che provvederà ad indirizzare presso una struttura adeguata. Non ci sono piccoli consigli da dare perché questi disturbi comportano numerose complicanze dal punto di vista fisico che mettono a repentaglio l’esistenza stessa del soggetto che ne è affetto. Non se ne può uscire da soli e il pensare di farlo può costare la vita. Però attraverso un aiuto specializzato si può guarire: spesso anche le complicanze hanno un carattere reversibile, e prima si interviene e più la terapia sarà efficace
Abbiamo detto più volte che la bulimia non è una patologia visibile dall’esterno e che è caratterizzata da un fortissimo senso di vergogna e di colpa per i quali la persona che ne è affetta difficilmente si confiderà. Probabilmente i familiari più stretti potranno accorgersene in un modo o nell’altro, anche se le abbuffate vengono consumate in assoluta solitudine. Rilevare la presenza di un disagio è già molto importante, cercare di accoglierlo attraverso un dialogo aperto che non sia un interrogatorio e che non si concentri sull’argomento cibo è altrettanto importante, convincere la persona a chiedere un aiuto specializzato è ancora più importante. In parte sono validi i consigli dati nel caso dell’anoressia, ma rimane imprescindibile la necessità di rivolgersi ad un centro specializzato, anche perché ricordiamo che spesso la famiglia, anche in questo caso, può svolgere un ruolo nell’origine e nel mantenimento del sintomo, e quindi necessita a sua volta aiuto (attraverso la psicoterapia familiare) per poter sostenere il membro affetto dal disturbo
La terapia della bulimia nervosa solitamente prevede un trattamento ambulatoriale ed ha come obiettivo principale quello di modificare l’idea che il peso e le forme corporee costituiscano il principale fattore dal quale dipende il proprio valore personale. Il ricovero è tuttavia necessario quando sia presente una grave depressione, pensieri suicidari persistenti, complicanze mediche, fallimento del trattamento ambulatoriale o un ambiente familiare gravemente disturbato. Solitamente il trattamento prevede tre fasi per una durata complessiva di almeno sei mesi La prima fase si propone di fornire informazioni sul disturbo e di ridurre le abbuffate regolarizzando la frequenza dei pasti e utilizzando attività alternative. La seconda fase mira a rendere stabile il comportamento alimentare attraverso la normalizzazione delle porzioni e la scelta della qualità degli alimenti, e a ridurre l’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme corporee. Successivamente si cerca di modificare alcune distorsioni del pensiero, come il perfezionismo, il pensiero “tutto o nulla”, la valutazione negativa di sé La terza fase prevede l’applicazione di procedure finalizzate a prevenire le ricadute, a mantenere i risultati raggiunti durante il trattamento e alla preparazione della fine della terapia.
I farmaci che si sono mostrati efficaci nel trattamento di tale disturbo sono gli antidepressivi appartenenti alla categoria degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI).
L’uso dei farmaci antidepressivi nella cura della bulimia nervosa è dimostrato essere efficace per tre principali motivi:
- permette una riduzione media del 50-60% nella frequenza delle abbuffate nel giro di qualche settimana;
- permette una riduzione equivalente nella frequenza del vomito, un miglioramento dell’umore e del senso di controllo sull’alimentazione e una diminuzione della preoccupazione per il cibo;
- l’effetto antidepressivo del farmaco si verifica sia nei soggetti depressi che non depressi.
Tuttavia occorre specificare che in molti soggetti il farmaco risulta non avere efficacia a lungo termine. Appare chiaro infatti che sebbene il farmaco antidepressivo riesca a ridurre le abbuffate, non possa eliminare alcuni fattori specifici che contribuiscono al mantenimento della bulimia nervosa, come ad esempio la dieta ferrea
Affrontare una patologia come la bulimia richiede prima di tutto la presa di coscienza di avere un comportamento alimentare alterato. Come accennato in precedenza, nel caso di anoressia, la magrezza è visibile ed induce parenti ed amici ad accorgersi del disagio e a stimolare una presa di coscienza nel caso in cui non sia presente. La paziente bulimica non presenta, il più delle volte, nessun segno visibile della sua sofferenza: perciò se non è in grado di riconoscere le proprie difficoltà o non ne parla con nessuno, può perpetrare i comportamenti per lungo tempo senza che gli altri si accorgano di nulla. A tutti può capitare di abbuffarsi una volta nella vita: quando però diviene una condotta sistematica accompagnata da grande ansia, sensazione di perdita di controllo, alterazione della percezione, e porta alla consumazione rapidissima di enormi quantità di cibo in modo anomalo (non cotto, mescolando sapori incompatibili) fino a stare male, che culmina sistematicamente con vomito autoindotto, con l’assunzione di farmaci diuretici o lassativi, siamo di fronte ad una condotta alimentare disturbata che richiede un intervento specialistico da parte di strutture specializzate nella diagnosi e nella terapia di questo genere di disturbi. Di solito la bulimia viene curata ambulatoriamente, ma nei casi più gravi può essere necessario il ricovero ospedaliero. Come per l’anoressia l’intervento si articola a più livelli, affrontando sia la necessità di una rieducazione alimentare volta a spezzare il circolo digiuno-abbuffate, e parallelamente il disagio psicologico, mediante psicoterapia individuale e familiare.
Un percorso terapeutico per affrontare un disturbo dell'alimentazione come la bulimia, non può prescindere dall'essere un percorso integrato: da un lato è importante essere aiutati nella gestione e graduale modificazione dei comportamenti alimentari disfunzionali e dall'altro comprendere e lavorare sulle problematiche sottostanti. All'interno del Consultorio Antera Onlus è possibile essere supportati su entrambi questi aspetti costantemente interconnessi, proprio attraverso la continua connessione e il confronto fra i diversi professionisti, nutrizionista, medico dietologo e psicoterapeuta. Questo lavoro in sinergia permette di intervenire contemporaneamente sia su aspetti fisici e organici, che intrapsichici dell'individuo, con attenzione al suo contesto familiare e sociale di appartenenza, contestualizzando il sintomo alimentare all'interno di essi e fornendo nuovi strumenti di crescita alla persona.
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