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Il Consultorio Antera propone un incontro nella sede di Fiumicino allo scopo di far chiarezza sulla figura professionale dello psicologo, per poter decidere liberamente se usufruire del suo aiuto.
L'incontro si struttura con spezzoni di film e vignette umoristiche che trattano dell'argomento.
Per ragioni organizzative è necessaria la prenotazione
La “fame nervosa”, anche chiamata “emotional eating” dagli studiosi, descrive situazioni vissute da alcuni soggetti che tendono a mescolare le emozioni con l’assunzione di cibo e usano quest’ultimo per far fronte a tutte le situazioni negative quotidiane. Usare il cibo per riempire vuoti emotivi, come sfogo contro le frustrazioni o come lenitivo contro gli stati dolorosi, è una soluzione semplice e comunemente usata da molte persone, ma non per questo salutare né efficace. Infatti la sensazione di benessere e sazietà dopo esserci abbuffati è solo uno stato illusorio, poiché è stato dimostrato che gli stati emotivi negativi attivano la fame nervosa, che a sua volta provoca un peggioramento dell’umore, il quale contribuisce a stimolare nuovamente la fame nervosa, instaurando così un circolo di mantenimento delle abbuffate e di alimentazione incontrollata. Tali meccanismi potrebbero costituire fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi alimentari come la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder). Il legame tra cibo ed emozioni è ormai assodato, anche se questo non attesta necessariamente la presenza di gravi problemi psicologici negli individui che soffrono di fame nervosa.
FAME NERVOSA ED EMOZIONI
L’emotional eating è caratterizzata da vari stili alimentari e diverse motivazioni ed emozioni sottostanti, andiamo ora a descrivere alcune situazioni possibili e quali sono i momenti più a rischio.
● MANGIATORI TRISTI: il soggetto triste tende ad usare il cibo come consolazione o come sostituzione di un piacere privatogli. La tristezza rappresenta la risposta fisiologica dell’organismo ad eventi spiacevoli, perdite e delusioni. Non è sicuramente una sensazione piacevole, ma può rivelarsi utile per aggiungere significato alla nostra vita, e cmq dopo un periodo limitato scompare e si torna alla normalità.
● MANGIATORI ANSIOSI: le persone ansiose cercano di alleviare i sintomi di sudorazione, agitazione, tensione, irrequietezza attraverso il cibo, soprattutto se lo stato d’ansia deriva dall’ apprensione o dalla preoccupazione per un evento futuro.
● MANGIATORI ANNOIATI: la noia è forse la forma più comune di mediazione emozionale nell'alimentazione ed è spesso associata alla fame nervosa. Per alcune persone il cibo è l’unico motivo per interrompere un'attività noiosa o per riempire del tempo libero. La noia non ha dei sintomi evidenti, quindi potrebbe essere molto difficile in questo caso individuare il problema.
● MANGIATORI SOLI: il cibo in questo caso è usato per compensare una mancanza, come un compagno, un amico o semplicemente qualcuno con cui condividere le proprie emozioni. L’aumento di peso che ne consegue però, non può far altro che peggiorare questa situazione poiché accresce le difficoltà di instaurare relazioni sociali.
● MANGIATORI ARRABBIATI: in questo caso il cibo ha due diverse funzioni, a seconda del tipo di situazione, per reprimere forme di gelosia, frustrazione o risentimento. 1) mangiare per ridurre la rabbia scaricando e sfogando le emozioni negative sul cibo quando non si riesce ad ottenere ciò che si desidera; 2) mangiare per esprimere la propria rabbia quando sia ha timore di farlo a parole.
● MANGIATORI CELEBRATIVI: sono persone alle quali risulta difficile gioire di qualcosa senza abusare con il cibo. Chi usa il cibo per migliorare la propria vita sociale, ha molte difficoltà a prendere parte a eventi senza mangiare o bere in eccesso.
FAME NERVOSA: SITUAZIONI A RISCHIO
● IN UFFICIO: il lavoro è un'attività che spesso provoca emozioni quali ansia, stress, noia, nervosismo, frustrazione, ecc. le quali potrebbero portare all'assunzione smodata di cibo come apparente soluzione.
● NEL WEEKEND: nei giorni in cui si rimane a casa dal lavoro, esempio il weekend, spesso si instaura un meccanismo di “premiazione” che porta ad abbuffate seguite dai sensi di colpa del lunedì.
● DURANTE LA SERA E LA NOTTE: lasciarsi andare a mangiate eccessive nelle ore serali è un problema molto comune. Questa abitudine potrebbe essere causata sia da un comportamento alimentare eccessivamente rigido durante il giorno, sia da un aumento delle emozioni negative in quel lasso temporale.
SUPERARE LA FAME NERVOSA: PERCORSI DI CURA DI SE
La cura della fame nervosa richiede generalmente un percorso che affronti più aspetti. Da un lato è fondamentale riconoscere gli stati emotivi ed identificarli. Attraverso questo processo è possibile orientare i propri comportamenti rispetto agli stati d'animo. In secondo luogo, è importante imparare a gestire le proprie scelte. La particolarità delle problematiche psicologiche legate al cibo richiede un trattamento specializzato da parte di un professionista che abbia una reale esperienza in materia ed una formazione adeguata. Il Consultorio Antera Onlus da sempre affronta le tematiche dei disturbi dell'alimentazione incontrollata e periodicamente organizza laboratori e gruppi di sostegno e terapia per persone con problematiche legate al cibo, fame nervosa, sovrappeso e obesità. Per informazioni e prenotazioni inviate una richiesta attraverso questo link.
FAME NERVOSA E L'AIUTO DELLO PSICOLOGO
E' importante comunque sottolineare come la fame nervosa possa essere vissuta da chiunque e in qualsiasi situazione, ma ciò non necessariamente comporta un disturbo patologico. Nel momento in cui tali comportamenti iniziano ad influire in modo significativo sulle attività quotidiane e vengono attuati in diversi contesti diversi per un tempo prolungato, diviene opportuno rivolgersi a figure esperte con le quali affrontare
Chiedere aiuto ad un'altra persona è una delle circostanze più difficili da realizzare. Spesso ci si arriva quando sono passati anni di apatia,angoscia o dolore, talvolta anche gli anni di una vita, spesa ad aspettare qualche barlume che non sempre arrivava!Decidere di chiedere un aiuto psicologico diventa la possibilità di dare una svolta, per cercare di risolvere uno stato di sofferenza, ma talvolta si accompagna ad altri vissuti, pensieri, motivazioni che possono rendere difficile proprio il raggiungere quel che ci serve, così come il farsi aiutare. Ad esempio può significare ammettere di non esserci riusciti da soli,quindi il dover fare i conti col vissuto di fallimento, con la paura di essere senza speranze, col bisogno di fidarsi di qualcuno che potrebbe anche tradirci .E' anche un po' come tornare al tempo in cui, da bambini, si chiedeva aiuto ai genitori, e non tutti hanno un buon rapporto con la propria infanzia.Tal volta la domanda si accompagna a strani "collegamenti", profondamente emozionali, che all'inizio non sono per niente chiari e che fanno perdere molto tempo rispetto al trovare il luogo giusto della cura .Quante volte ho sentito madri chiedere perché dovevano portare il figlio dallo psicologo e non dalla logopedista, visto che aveva problemi di scrittura, oppure chiedere perché lo psicologo se il problema è gastrico,o cardiaco, oppure un 'artrite reumatoide, ….ecc .Quando il sintomo è nel corpo che soffre, si pensa che il problema sia medico - organico; se il problema è a scuola si ritiene di dover coinvolgere un insegnante; se la preoccupazione riguarda il numero di incidenti stradali si tagliano le piante, si aumentano i controlli della polizia…ecc.Se da un lato il rischio è di sottovalutare il peso della sofferenza fisica, evitando le giuste cure, altre volte il rischio è di sottovalutare la componente di dolore psicologico, il dramma individuale, lasciandolo così lievitare inascoltato. Solo un 'analisi complessiva potrà aiutare a trovare soluzioni pratiche ed incisive. Altre persone hanno problemi psicologici e non ne sono abbastanza consapevoli. Spesso succede di accorgersi che qualcuno a noi vicino sta male e ci chiediamo che fare, senza sapere bene qual è la scelta giusta in momenti così!Purtroppo c'è anche molta disinformazione sulle possibilità di cura. Altre volte sono i pregiudizi o la cattiva informazione che blocca, come quando si attribuisce l' origine del dolore a difetti genetici rendendolo non risolvibile .E ancora, per altri è troppo doloroso ammettere a sé o agli altri di dover ricorrere all'aiuto di un altro; per altri il timore è di non reggere il peso di una conoscenza inutilmente dolorosa se non si può fare nulla per cambiare. C'è poi chi non ha fiducia nei farmaci e nelle psicoterapie in genere e chi ritiene nella sua efficienza che il problema sia degli altri,che non sono sufficientemente coerenti o perfezionisti in quel che fanno,dimenticandosi di chiedersi come stanno vivendo questa vita.Una montagna di difficoltà, quindi, che pure centinaia di persone riescono a superare, per poter trovare quel che cercano, accettando di farsi aiutare per poter finalmente arrivare al loro obiettivo.La ricerca del piacere e l'evitamento della sofferenza sono le principali forze che ci guidano nella vita, come già Freud sottolineava all'inizio del 1900. Che la vita sia fatta anche di sofferenze si sa, è inevitabile, e non certo per questo diventiamo tutti "anormali", malati o patologici.La sofferenza "diventa patologica quando non viene utilizzata per cambiare", come sottolineano Lorenzini e Sassaroli. Secondo gli autori, la capacità di cambiare è il miglior indice di buona salute, e si misura in due modi: cercando di raggiungere in modo diverso i propri obiettivi quando sono ostacolati, oppure rinunciando vi. Indubbiamente c'è qualcosa che non funziona se col tempo non si riesce a trovare il modo per ottenere ciò cui si aspira, o se si continua ad aspirare a ciò che non si riesce ad ottenere, o se il "prezzo emotivo che si paga" per ottenere qualcosa di importante è sempre troppo alto. Capire in che modo i propri stati d'animo sono collegati a situazioni che si stanno vivendo in genere è molto utile per conquistare un certo livello di realizzazione personale e di benessere.L'efficacia della psicoterapia, d' altra parte, è dimostrata dal miglioramento dei problemi psicologici per cui si è cercato aiuto (es .diminuisce la tristezza, sparisce l' umore depresso, si recupera il desiderio di lavorare, si ritrovano nuovi e vecchi interessi), dalla fiducia in sé e nelle proprie capacità, intesa come un sentirsi meno in balia degli eventi che suscitano il problema e più protagonisti della propria vita. Viene così sfatato il mito che solo chi impazzisce va dallo psicologo e, anzi, proprio chi non vuole "impazzire", dopo aver superato 1000 dubbi, alla fine ci riesce a farsi aiutare, e quando ci riesce, è già sulla strada dello star bene!
PERCHÉ' CHIEDERE AIUTO AD UNO PSICOLOGO
Ogni giorno le nostre azioni vengono determinate dall'atteggiamento mentale, dai ritmi, dalle abitudini e dalla filosofia di vita con i quali affrontiamo la nostra esistenza, ma tutto ciò è anche il risultato dei condizionamenti ereditati dall'infanzia, dalla famiglia e dalle esperienze vissute.
A volte può succedere che il nostro “metodo”, che fino a ieri aveva funzionato, ad un certo punto non vada più bene, perché la situazione può essere diversa, oppure perché il risultato non ci soddisfa più, o magari perché rappresenta uno sforzo eccessivo e richiede un prezzo troppo alto.
Si può chiedere aiuto in questo momento, rivolgendosi ad uno specialista per dipanare i propri dubbi: lo psicologo può essere colui che ha delle informazioni e conoscenze utili per il nostro star bene, per curare le ferite, i traumi e le delusioni della vita; ma anche per aiutarci a scoprire ed utilizzare la ricchezza che è dentro ognuno di noi: si può “prevenire” tramite il “conoscersi” e questo significa concedersi la libertà di essere se stessi.
Aver voglia di impegnarsi per “vivere pienamente la propria esistenza” è una forma di maturità e di coraggio. L'alternativa al pessimismo, allo stress ed alla frustrazione è la scelta di conquistarsi la serenità con se stessi, con l'ambiente e con gli altri.
Ognuno di noi ha le capacità e soprattutto il diritto di essere un “uomo” o una “donna” felice.
Gli Psicologi che sono impegnati nelle strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale o in strutture private convenzionate hanno per legge l'obbligo di una formazione continua specifica, attraverso il cosiddetto “programma E.C.M.” (Educazione Continua in Medicina) che si basa su “crediti formativi” valutati dal Ministero della Salute.
Anche agli Psicologi liberi professionisti, quali sono quelli che formano l'equipe del Consultorio Antera Aps, sono tenuti, come professionisti sanitari, alla formazione continua accreditata dal Ministero della Salute attraverso l’obbligo formativo ECM.
Al di là degli obblighi di legge, gli Psicologi hanno da sempre una tradizione che porta a dedicare un congruo periodo di tempo alla propria formazione continua attraverso corsi, convegni, seminari e la supervisione di casi clinici. Tutto ciò sia per garantire a se stessi le capacità professionali richieste dalla rapida evoluzione che la Psicologia ha subito in questi anni, sia per garantire ai cittadini risposte e prestazioni corrette, competenti ed efficaci.
Testo approvato dal Consiglio Nazionale dell'Ordine nell'adunanza del 27-28 giugno 1997
Capo I - Principi generali
Articolo 1
Le regole del presente Codice deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all'Albo degli psicologi.
Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza, e l'ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare.
Articolo 2
L'inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall'art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.
Articolo 3
Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell'individuo, del gruppo e della comunità.
In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace.
Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell'esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l'uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale.
Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.
Articolo 4
Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.
Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi.
Quando sorgono conflitti di interesse tra l'utente e l'istituzione presso cui lo psicologo opera, quest'ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto.
In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell'intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell'intervento stesso.
Articolo 5
Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione.
Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.
Articolo 6
Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine.
Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava.
Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.
Articolo 7
Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all'occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.
Articolo 8
Lo psicologo contrasta l'esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell'Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza.
Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.
Articolo 9
Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.
Nell' ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l'obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l'autorizzazione all'uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta.
Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all'anonimato.
Articolo 10
Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.
Articolo 11
Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.
Articolo 12
Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale.
Lo psicologo può derogare all'obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l'opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
Articolo 13
Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto.
Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.
Articolo 14
Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento.
È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.
Articolo 15
Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.
Articolo 16
Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l'anonimato del destinatario della prestazione.
Articolo 17
La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale.
Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche.
Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all'Ordine professionale.
Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all'uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.
Articolo 18
In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi.
Articolo 19
Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.
Articolo 20
Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l'interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.
Articolo 21
Lo psicologo, a salvaguardia dell'utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l'uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche.
È fatto salvo l'insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche.
Capo II - Rapporti con l'utenza e con la committenza
Articolo 22
Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi.
Articolo 23
Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale.
In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all'esito o ai risultati dell'intervento professionale; in tutti gli ambiti lo psicologo è tenuto al rispetto delle tariffe ordinistiche, minime e massime.
Articolo 24
Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all'individuo, al gruppo, all'istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza.
Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato.
Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.
Articolo 25
Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone.
Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio.
Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.
Articolo 26
Lo psicologo si astiene dall'intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l'efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte.
Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell'utenza, anche su richiesta dell'Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l'efficacia.
Articolo 27
Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l'interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa.
Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.
Articolo 28
Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l'attività professionale o comunque arrecare nocumento all'immagine sociale della professione.
Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale.
Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito.
Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.
Articolo 29
Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale.
Articolo 30
Nell'esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.
Articolo 31
Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela.
Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l'intervento professionale nonché l'assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l'Autorità Tutoria dell'instaurarsi della relazione professionale.
Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell'autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.
Articolo 32
Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell'intervento.
Capo III - Rapporti con i colleghi
Articolo 33
I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza.
Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell'ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.
Articolo 34
Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.
Articolo 35
Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.
Articolo 36
Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale.
Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell'Ordine competente.
Articolo 37
Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze.
Qualora l'interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l'invio ad altro collega o ad altro professionista.
Articolo 38
Nell'esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.
Capo IV - Rapporti con la società
Articolo 39
Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.
Articolo 40
Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, la pubblicità e l'informazione concernenti l'attività professionale devono essere ispirate a criteri di decoro professionale, di serietà scientifica e di tutela dell'immagine della professione.
Capo V - Norme di attuazione
Articolo 41
È istituito presso la Commissione Deontologia dell'Ordine degli psicologi l'Osservatorio permanente sul Codice Deontologico , regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell'Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell'Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell'Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Articolo 42
Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell'art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Il Decreto-legge n. 1/2012 (convertito in Legge n. 27/2012) ha introdotto due novità per le professioni di psicologo e psicoterapeuta: la completa abolizione delle tariffe professionali e la pattuizione del compenso al momento del conferimento dell’incarico (art. 9).
Se la Legge Bersani (il Dl n. 233/2006, convertito con modificazioni dalla Legge n. 248/2006) permetteva già ai professionisti di agire in deroga ai cosiddetti “minimi tariffari”, l’attuale norma impone una completa abrogazione delle tariffe professionali, lasciando così che il compenso sia oggetto di libera contrattazione tra il professionista e il cliente.
Nei soli casi di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, la liquidazione del compenso è determinata dal Giudice sulla base dei parametri individuati dal Ministero della Salute con Dm n. 165/2016.
Concordemente a quanto già previsto dall’articolo 23 del Codice deontologico degli Psicologi italiani, il Dl n. 1/2012 prevede la pattuizione del compenso, in misura adeguata all’importanza dell’opera, indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. In tale occasione, il professionista dovrà rendere noto al cliente anche i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale, dal momento dell’entrata in vigore dell’obbligo di stipula.
La più recente Legge n. 124/2017, modificando l’articolo 9 comma 4 del Dl n. 1/2012, ha stabilito inoltre che il professionista è tenuto a comunicare al paziente in forma scritta o digitale il grado di complessità dell’incarico e che attraverso le stesse modalità il professionista dovrà previamente informare il cliente circa l’ammontare del compenso.
La nuova formulazione dell’articolo 9 comma 4 del Dl n. 1/2012 prevede ora che:
Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso è previamente resa nota al cliente obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, con un preventivo di massima, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi.
Ordinamento della professione di psicologo (Legge 56/89), ovvero legge che definisce chi può esercitare la professione di psicologo e chi no; chi può considerarsi psicoterapeuta e chi non ne possiede i requisiti
LEGGE No.56 18 febbraio 1989
Ordinamento della professione di psicologo.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA promulga la seguente legge:
Articolo 1.
Definizione della professione di psicologo.
1. La professione di psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.
Articolo 2.
Requisiti per l'esercizio dell'attività di psicologo.
1. Per esercitare la professione di psicologo è necessario aver conseguito l'abilitazione in psicologia mediante l'esame di Stato ed essere iscritto nell'apposito albo professionale.
2. L'esame di Stato è disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Sono ammessi all'esame di Stato i laureati in psicologia che siano in possesso di adeguata documentazione attestante l'effettuazione di un tirocinio pratico secondo modalità stabilite con decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi tassativamente entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Articolo 3.
Esercizio dell'attività psicoterapeutica.
1. L'esercizio dell'attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica.
2. Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica.
3. Previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione (2).
Articolo 4.
Istituzione dell'albo.
1. E' istituito l'albo degli psicologi.
2. Gli iscritti all'albo sono soggetti alla disciplina stabilita dall'articolo 622 del codice penale.
Articolo 5.
Istituzione dell'ordine degli psicologi.
1. Gli iscritti all'albo costituiscono l'ordine degli psicologi. Esso è strutturato a livello regionale e, limitatamente alle province di Trento e di Bolzano, a livello provinciale.
Articolo 6.
Istituzione di sedi provinciali del consiglio regionale dell'ordine.
1. Qualora il numero degli iscritti all'albo in una regione superi le mille unità e ne facciano richiesta almeno duecento iscritti residenti in province diverse da quella in cui ha sede l'ordine regionale e tra loro contigue, può essere istituita una ulteriore sede nell'ambito della stessa regione.
2. L'istituzione avviene con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio nazionale dell'ordine.
3. Al Consiglio dell'ordine della sede istituita ai sensi dei commi 1 e 2, si applicano le stesse disposizioni stabilite dalla presente legge per i consigli regionali o provinciali dell'ordine.
Articolo 7.
Condizioni per l'iscrizione all'albo.
1. Per essere iscritti all'albo è necessario:
a) essere cittadino italiano o cittadino di uno Stato membro della CEE o di uno Stato con cui esiste trattamento di reciprocità;
b) non avere riportato condanne penali passate in giudicato per delitti che comportino l'interdizione dalla professione;
c) essere in possesso della abilitazione all'esercizio della professione;
d) avere la residenza in Italia o, per cittadini italiani residenti all'estero, dimostrare di risiedere all'estero al servizio, in qualità di psicologi, di enti o imprese nazionali che operino fuori del territorio dello Stato.
Articolo 8.
Modalità di iscrizione all'albo.
1. Per l'iscrizione all'albo l'interessato inoltra domanda in carta da bollo, al consiglio regionale o provinciale dell'ordine, allegando il documento attestante il possesso del requisito di cui alla lettera c) dell'articolo 7, nonché le ricevute dei versamenti della tassa di iscrizione e della tassa di concessione governativa nella misura prevista dalle vigenti disposizioni per le iscrizioni negli albi professionali.
2. I pubblici impiegati debbono, inoltre, provare, se è loro consentito l'esercizio della libera professione.
3. Ove tale esercizio sia precluso, ne viene riportata sull'albo annotazione con la relativa motivazione.
Articolo 9.
Iscrizione.
1. Il consiglio regionale o provinciale dell'ordine, di cui al precedente articolo 8, esamina le domande entro due mesi dalla data del loro ricevimento.
2. Il consiglio provvede con decisione motivata, su relazione di un membro, redigendo apposito verbale.
Articolo 10.
Anzianità di iscrizione nell'albo.
1. L'anzianità di iscrizione è determinata dalla data della relativa deliberazione.
2. L'iscrizione nell'albo avviene secondo l'ordine cronologico della deliberazione.
3. L'albo reca un indice alfabetico che riporta il numero d'ordine di iscrizione.
4. L'albo contiene per ciascun iscritto: cognome, nome, luogo e data di nascita e residenza, nonché, per i sospesi dall'esercizio professionale, la relativa indicazione.
Articolo 11.
Cancellazione dall'albo.
1. Il consiglio regionale o provinciale dell'ordine, d'ufficio o su richiesta del pubblico ministero, pronuncia la cancellazione dall'albo:
a) nei casi di rinuncia dell'iscritto;
b) nei casi di esercizio di libera professione in situazione di incompatibilità;
c) quando sia venuto a mancare uno dei requisiti di cui alle lettere a), b) e d) dell'articolo 7, salvo che, nel caso di trasferimento della residenza all'estero, l'iscritto venga esonerato da tale requisito.
2. Il consiglio anzidetto pronuncia la cancellazione dopo aver sentito l'interessato, tranne che nel caso di irreperibilità o in quello previsto dalla lettera a) del comma 1.
Articolo 12.
Consiglio regionale o provinciale dell'ordine.
1. Il consiglio regionale o provinciale dell'ordine è composto di sette membri nel caso in cui il numero degli iscritti non superi i duecento, di quindici membri ove il numero degli iscritti sia superiore a duecento. I componenti devono essere eletti tra gli iscritti nell'albo, a norma degli articoli seguenti. Il consiglio dura in carica tre anni dalla data della proclamazione. Ciascuno dei membri non è eleggibile per più di due volte consecutive.
2. Il consiglio regionale o provinciale dell'ordine esercita le seguenti attribuzioni:
a) elegge, nel suo seno, entro trenta giorni dalla elezione, il presidente, il vice presidente, il segretario ed il tesoriere;
b) conferisce eventuali incarichi ai consiglieri, ove fosse necessario;
c) provvede alla ordinaria e straordinaria amministrazione dell'ordine, cura il patrimonio mobiliare ed immobiliare dell'ordine e provvede alla compilazione annuale dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi;
d) cura l'osservanza delle leggi e delle disposizioni concernenti la professione;
e) cura la tenuta dell'albo professionale, provvede alle iscrizioni e alle cancellazioni ed effettua la sua revisione almeno ogni due anni;
f) provvede alla trasmissione di copia dell'albo e degli aggiornamenti annuali al Ministro di grazia e giustizia, nonché al procuratore della Repubblica presso il tribunale ove ha sede il consiglio dell'ordine;
g) designa, a richiesta, i rappresentanti dell'ordine negli enti e nelle commissioni a livello regionale o provinciale, ove sono richiesti;
h) vigila per la tutela del titolo professionale e svolge le attività dirette a impedire l'esercizio abusivo della professione;
i) adotta i provvedimenti disciplinari ai sensi dell'articolo 27;
l) provvede agli adempimenti per la riscossione dei contributi in conformità alle disposizioni vigenti in materia di imposte dirette.
Articolo 13.
Attribuzioni del presidente del consiglio regionale o provinciale dell'ordine.
1. Il presidente ha la rappresentanza dell'ordine ed esercita le attribuzioni conferitegli dalla presente legge o da altre norme, ovvero dal consiglio.
2. Egli, inoltre, rilascia i certificati e le attestazioni relative agli iscritti.
Articolo 14.
Riunione del consiglio regionale o provinciale dell'ordine.
1. Il consiglio dell'ordine è convocato dal presidente almeno una volta ogni sei mesi, e comunque ogni volta che se ne presenti la necessità o quando sia richiesto da almeno quattro dei suoi membri, o da almeno un terzo degli iscritti all'albo. Il verbale della riunione non ha carattere riservato, è redatto dal segretario sotto la direzione del presidente ed è sottoscritto da entrambi.
Articolo 15.
Comunicazioni delle decisioni del consiglio regionale o provinciale dell'ordine.
1. Le decisioni del consiglio regionale o provinciale dell'ordine, sulle domande di iscrizione e in materia di cancellazione dall'albo, sono notificate entro venti giorni all'interessato e al procuratore della Repubblica competente per territorio.
2. In caso di irreperibilità, la comunicazione avviene mediante affissione del provvedimento per dieci giorni nella sede del consiglio dell'ordine ed all'albo del comune di ultima residenza dell'interessato.
Articolo 16.
Scioglimento del consiglio regionale o provinciale dell'ordine.
1. Il consiglio regionale o provinciale dell'ordine se, richiamato all'osservanza dei propri doveri, persiste nel violarli, ovvero se ricorrono altri gravi motivi, può essere sciolto. Inoltre può essere sciolto su richiesta scritta e motivata di almeno un terzo degli appartenenti all'albo.
2. In caso di scioglimento del consiglio dell'ordine, le sue funzioni sono esercitate da un commissario straordinario, il quale dispone, entro novanta giorni dalla data dello scioglimento, la convocazione dell'assemblea per l'elezione del nuovo consiglio.
3. Lo scioglimento del consiglio dell'ordine e la nomina del commissario sono disposti con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi entro trenta giorni dal verificarsi dei casi di cui al comma 1.
4. Il commissario ha la facoltà di nominare, tra gli iscritti nell'albo, un comitato di non meno di due e non più di sei membri, uno dei quali con funzioni di segretario, che lo coadiuva nell'esercizio delle sue funzioni.
Articolo 17.
Ricorsi avverso le deliberazioni del consiglio regionale o provinciale dell'ordine ed in materia elettorale.
1. Le deliberazioni del consiglio dell'ordine nonché i risultati elettorali possono essere impugnati, con ricorso al tribunale competente per territorio, dagli interessati o dal procuratore della Repubblica presso il tribunale stesso.
Articolo 18.
Termini per la presentazione dei ricorsi.
1. I ricorsi di cui all'articolo 17 sono proposti entro il termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato o dalla proclamazione degli eletti.
2. I ricorsi in materia elettorale non hanno effetto sospensivo.
Articolo 19.
Decisioni sui ricorsi.
1. Sui ricorsi avverso le deliberazioni del consiglio dell'ordine, di cui all'articolo 17, il tribunale competente per territorio provvede in camera di consiglio sentiti il pubblico ministero e l'interessato.
2. Contro la sentenza del tribunale gli interessati possono ricorrere alla corte d'appello, con l'osservanza delle medesime forme previste per il procedimento davanti al tribunale.
Articolo 20.
Elezione del consiglio regionale o provinciale dell'ordine.
1. L'elezione del consiglio regionale o provinciale dell'ordine si effettua nei trenta giorni precedenti la scadenza del consiglio in carica e la data è fissata dal presidente del consiglio uscente, sentito il consiglio.
2. Il consiglio dell'ordine uscente rimane in carica fino all'insediamento del nuovo consiglio.
3. Gli iscritti nell'albo esercitano il diritto di voto presso il seggio istituito nella sede del consiglio dell'ordine o in altra sede prescelta dal consiglio stesso.
4. L'avviso di convocazione è spedito a tutti gli iscritti per posta raccomandata o consegnata a mano con firma di ricezione, almeno quindici giorni prima della data fissata per la prima convocazione.
5. L'avviso di convocazione, che è comunicato al Consiglio nazionale dell'ordine, contiene l'indicazione del luogo, del giorno e delle ore di inizio e chiusura delle operazioni di voto in prima e in seconda convocazione.
6. La seconda convocazione è fissata a non meno di cinque giorni dalla prima.
7. L'elettore viene ammesso a votare previo accertamento della sua identità personale, mediante l'esibizione di un documento di identificazione ovvero mediante il riconoscimento da parte di un componente del seggio.
8. L'elettore ritira la scheda, la compila in segreto e la riconsegna chiusa al presidente del seggio, il quale la depone nell'urna.
9. Dell'avvenuta votazione è presa nota da parte di uno scrutatore, il quale appone la propria firma accanto al nome del votante nell'elenco degli elettori.
10. E' ammessa la votazione per corrispondenza. L'elettore chiede alla segreteria del consiglio dell'ordine la scheda all'uopo timbrata e la fa pervenire prima della chiusura delle votazioni al presidente del seggio in busta sigillata, sulla quale sono apposte la firma del votante, autenticata dal sindaco o dal notaio, e la dichiarazione che la busta contiene la scheda di votazione; il presidente del seggio, verificata e fatta constatare l'integrità, apre la busta, ne estrae la relativa scheda senza dispiegarla e, previa apposizione su di essa della firma di uno scrutatore, la depone nell'urna.
11. La votazione si svolge pubblicamente almeno per otto ore al giorno, per non più di tre giorni consecutivi. Viene chiusa, in prima convocazione, qualora abbia votato almeno un terzo degli aventi diritto.
12. In caso contrario, sigillate le schede in busta, il presidente rinvia alla seconda convocazione. In tal caso la votazione è valida qualora abbia votato almeno un sesto degli aventi diritto.
13. Il seggio, a cura del presidente del consiglio dell'ordine, è costituito in un locale idoneo ad assicurare la segretezza del voto e la visibilità dell'urna durante le operazioni elettorali.
Articolo 21.
Composizione del seggio elettorale.
1. Il presidente del consiglio regionale o provinciale dell'ordine uscente o il commissario, prima di iniziare la votazione, sceglie fra gli elettori presenti il presidente del seggio, il vice presidente e due scrutatori.
2. Il segretario del consiglio regionale o provinciale dell'ordine esercita le funzioni di segretario del seggio; in caso di impedimento è sostituito da un consigliere scelto dal presidente dello stesso consiglio dell'ordine.
3. Durante la votazione è sufficiente la presenza di tre componenti dell'ufficio elettorale.
Articolo 22.
Votazione.
1. Le schede per la prima e la seconda convocazione sono predisposte in un unico modello, predeterminato dal Consiglio nazionale con il timbro del consiglio dell'ordine regionale o provinciale degli psicologi. Esse, con l'indicazione della convocazione cui si riferiscono, immediatamente prima dell'inizio della votazione, sono firmate all'esterno da uno degli scrutatori, in un numero corrispondente a quello degli aventi diritto al voto.
2. L'elettore non può votare per un numero di candidati superiore alla metà di quelli da eleggere. Eventuali arrotondamenti sono calcolati per eccesso.
3. Risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti.
4. I componenti eletti che sono venuti a mancare per qualsiasi causa sono sostituiti dai candidati, compresi nella graduatoria, che per minor numero di voti ricevuti seguono immediatamente nell'ordine. Qualora venga a mancare la metà dei consiglieri si procede a nuove elezioni.
Articolo 23.
Comunicazioni dell'esito delle elezioni.
1.Il presidente del seggio comunica alla presidenza del consiglio dell'ordine regionale o provinciale i nominativi di tutti coloro che hanno riportato voti e provvede alla pubblicazione della graduatoria e dei nomi degli eletti mediante affissione nella sede del consiglio dell'ordine.
2. I risultati delle elezioni sono, inoltre, comunicati al Consiglio nazionale dell'ordine, al Ministro di grazia e giustizia, nonché al procuratore della Repubblica del tribunale in cui ha sede il consiglio regionale o provinciale dell'ordine.
Articolo 24.
Adunanza del consiglio regionale o provinciale dell'ordine - Cariche.
1. Il presidente del consiglio dell'ordine uscente o il commissario, entro venti giorni dalla proclamazione, ne dà comunicazione ai componenti eletti del consiglio regionale o provinciale dell'ordine e li convoca per l'insediamento. Nella riunione, presieduta dal consigliere più anziano per età, si procede all'elezione del presidente, del vice presidente, di un segretario e di un tesoriere.
2. Di tale elezione si dà comunicazione al Consiglio nazionale dell'ordine ed al Ministro di grazia e giustizia ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 25.
3. Per la validità delle adunanze del consiglio dell'ordine occorre la presenza della maggioranza dei componenti. Se il presidente e il vice presidente sono assenti o impediti, ne fa le veci il membro più anziano per età.
4. Le deliberazioni vengono prese a maggioranza assoluta di voti ed il presidente vota per ultimo.
5. In caso di parità di voti prevale, in materia disciplinare, l'opinione più favorevole all'iscritto sottoposto a procedimento disciplinare e, negli altri casi, il voto del presidente.
Articolo 25.
Rinnovo delle elezioni nel consiglio regionale o provinciale dell'ordine.
1. Il tribunale o la corte d'appello competenti per territorio, ove accolgano un ricorso che investe l'elezione di tutto un consiglio regionale o provinciale dell'ordine, provvedono a darne immediata comunicazione al consiglio stesso, al Consiglio nazionale dell'ordine ed al Ministro di grazia e giustizia, il quale nomina un commissario straordinario ai sensi dell'articolo 16.
Articolo 26.
Sanzioni disciplinari.
1. All'iscritto nell'albo che si renda colpevole di abuso o mancanza nell'esercizio della professione o che comunque si comporti in modo non conforme alla dignità o al decoro professionale, a seconda della gravità del fatto, può essere inflitta da parte del consiglio regionale o provinciale dell'ordine una delle seguenti sanzioni disciplinari:
a) avvertimento;
b) censura;
c) sospensione dall'esercizio professionale per un periodo non superiore ad un anno;
d) radiazione.
2. Oltre i casi di sospensione dall'esercizio professionale previsti dal codice penale, comporta la sospensione dall'esercizio professionale la morosità per oltre due anni nel pagamento dei contributi dovuti all'ordine. In tale ipotesi la sospensione non è soggetta a limiti di tempo ed è revocata con provvedimento del presidente del consiglio dell'ordine, quando l'iscritto dimostra di aver corrisposto le somme dovute.
3. La radiazione è pronunciata di diritto quando l'iscritto, con sentenza passata in giudicato, è stato condannato a pena detentiva non inferiore a due anni per reato non colposo.
4. Chi è stato radiato può, a domanda, essere di nuovo iscritto, nel caso di cui al comma 3, quando ha ottenuto la riabilitazione giusta le norme di procedura penale.
5. Avverso le deliberazioni del consiglio regionale o provinciale l'interessato può ricorrere a norma dell'articolo 17.
Articolo 27.
Procedimento disciplinare.
1. Il consiglio regionale o provinciale dell'ordine inizia il procedimento disciplinare d'ufficio o su istanza del procuratore della Repubblica competente per territorio.
2. Nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza la notifica all'interessato dell'accusa mossagli, con l'invito a presentarsi, in un termine che non può essere inferiore a trenta giorni, innanzi al consiglio dell'ordine per essere sentito. L'interessato può avvalersi dell'assistenza di un legale.
3. Le deliberazioni sono notificate entro venti giorni all'interessato ed al procuratore della Repubblica competente per territorio.
4. In caso di irreperibilità, le comunicazioni di cui ai commi 2 e 3 avvengono mediante affissione del provvedimento per dieci giorni nella sede del consiglio dell'ordine ed all'albo del comune dell'ultima residenza dell'interessato.
Articolo 28.
Consiglio nazionale dell'ordine.
1. Il Consiglio nazionale dell'ordine è composto dai presidenti dei consigli regionali, provinciali, limitatamente alle province di Trento e di Bolzano, e di quelli di cui al precedente articolo 6. Esso dura in carica tre anni.
2. E' convocato per la prima volta dal Ministro di grazia e giustizia.
3. Elegge al suo interno un presidente, un vice presidente, un segretario ed un tesoriere.
4. Il presidente ha la rappresentanza dell'ordine ed esercita le attribuzioni conferitegli dalla presente legge o da altre norme, ovvero dal Consiglio.
5. In caso di impedimento è sostituito dal vice presidente.
6. Il Consiglio nazionale dell'ordine esercita le seguenti attribuzioni:
a) emana il regolamento interno, destinato al funzionamento dell'ordine;
b) provvede alla ordinaria e straordinaria amministrazione dell'ordine, cura il patrimonio mobiliare e immobiliare dell'ordine e provvede alla compilazione annuale dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi;
c) predispone ed aggiorna il codice deontologico, vincolante per tutti gli iscritti, e lo sottopone all'approvazione per referendum agli stessi;
d) cura l'osservanza delle leggi e delle disposizioni concernenti la professione relativamente alle questioni di rilevanza nazionale;
e) designa, a richiesta, i rappresentanti dell'ordine negli enti e nelle commissioni a livello nazionale, ove sono richiesti;
f) esprime pareri, su richiesta degli enti pubblici ovvero di propria iniziativa, anche sulla qualificazione di istituzioni non pubbliche per la formazione professionale;
g) propone le tabelle delle tariffe professionali degli onorari minime e massime e delle indennità ed i criteri per il rimborso delle spese, da approvarsi con decreto del Ministro di grazia e giustizia di concerto con il Ministro della sanità;
h) determina i contributi annuali da corrispondere dagli iscritti nell'albo, nonché le tasse per il rilascio dei certificati e dei pareri sulla liquidazione degli onorari.
I contributi e le tasse debbono essere contenuti nei limiti necessari per coprire le spese per una regolare gestione dell'ordine.
Articolo 29.
Vigilanza del Ministro di grazia e giustizia.
1. Il Ministro di grazia e giustizia esercita l'alta vigilanza sull'ordine nazionale degli psicologi.
Articolo 30.
Equipollenza di titoli.
1. All'esame di Stato di cui agli articoli 2 e 33 della presente legge possono partecipare altresì i possessori di titoli accademici in psicologia conseguiti presso istituzioni universitarie che siano riconosciute, con decreto del Ministro della pubblica istruzione su parere del Consiglio universitario nazionale, di particolare rilevanza scientifica sul piano internazionale, anche se i possessori di tali titoli non abbiano richiesto l'equipollenza con la laurea in psicologia conseguita nelle università italiane.
Articolo 31.
Istituzione dell'albo e costituzione dei consigli regionali e provinciali dell'ordine.
1. Nella prima applicazione della presente legge il presidente del tribunale dei capoluoghi di regione o di province autonome, entro trenta giorni dalla pubblicazione della legge medesima, nomina un commissario che provvede alla formazione dell'albo professionale degli aventi diritto all'iscrizione a norma degli articoli seguenti.
2. Il commissario entro tre mesi dalla pubblicazione dei risultati della sessione speciale dell'esame di Stato per i titoli di cui all'articolo 33, comma 1, indice le elezioni per i consigli regionali o provinciali dell'ordine, attenendosi alle norme previste dalla presente legge. Provvede altresì a nominare un presidente di seggio, un vicepresidente, due scrutatori ed un segretario, scegliendoli tra funzionari della pubblica amministrazione.
Articolo 32.
Iscrizione all'albo in sede di prima applicazione della legge.
1. L'iscrizione all'albo, ferme restando le disposizioni di cui alle lettere a), b) e d) dell'articolo 7, è consentita su domanda da presentarsi entro sessanta giorni dalla nomina del commissario di cui all'articolo 31:
a) ai professori ordinari, straordinari, associati, fuori ruolo e in quiescenza che insegnino o abbiano insegnato discipline psicologiche nelle università italiane o in strutture di particolare rilevanza scientifica anche sul piano internazionale nonché ai ricercatori e assistenti universitari di ruolo in discipline psicologiche e ai laureati che ricoprano o abbiano ricoperto un posto di ruolo presso una istituzione pubblica in materia psicologica per il cui accesso sia attualmente richiesto il diploma di laurea in psicologia;
b) a coloro che ricoprano od abbiano ricoperto un posto di ruolo presso istituzioni pubbliche con un'attività di servizio attinente alla psicologia, per il cui accesso sia richiesto il diploma di laurea e che abbiano superato un pubblico concorso, ovvero che abbiano fruito delle disposizioni in materia di sanatoria;
c) ai laureati che da almeno sette anni svolgano effettivamente in maniera continuativa attività di collaborazione o consulenza attinenti alla psicologia con enti o istituzioni pubbliche o private;
d) a coloro che abbiano operato per almeno tre anni nelle discipline psicologiche ottenendo riconoscimenti nel campo specifico a livello nazionale o internazionale.
Articolo 33.
Sessione speciale di esame di Stato.
1. Nella prima applicazione della legge sarà tenuta una sessione speciale di esame di Stato per titoli alla quale saranno ammessi:
a) coloro che ricoprano o abbiano ricoperto un posto presso un'istituzione pubblica in materia psicologica per il cui accesso era richiesto il diploma di laurea;
b) coloro i quali siano laureati in psicologia da almeno due anni, ovvero i laureati in possesso di diploma universitario in psicologia o in uno dei suoi rami, conseguito dopo un corso di specializzazione almeno biennale ovvero di perfezionamento o di qualificazione almeno triennale, o quanti posseggano da almeno due anni titoli accademici in psicologia conseguiti presso istituzioni universitarie che siano riconosciute, con decreto del Ministro della pubblica istruzione su parere del Consiglio universitario nazionale, di particolare rilevanza scientifica sul piano internazionale, anche se i possessori di tali titoli non abbiano richiesto l'equipollenza con la laurea in psicologia conseguita nelle università italiane, e che documentino altresì di aver svolto per almeno due anni attività che forma oggetto della professione di psicologo;
c) i laureati in discipline diverse dalla psicologia, che abbiano svolto dopo la laurea almeno due anni di attività che forma oggetto della professione di psicologo contrattualmente riconosciuta dall'università, nonché i laureati che documentino di avere esercitato con continuità tale attività, presso enti o istituti soggett idonei a ricoprire un posto in materia psicologica presso un'istituzione pubblica per il cui accesso era richiesto il diploma di laurea.
Articolo 34.
Ammissione all'esame di Stato degli iscritti ad un corso di specializzazione.
1. In deroga a quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, sono ammessi a sostenere l'esame di Stato di cui al comma 2 di detto articolo, dopo il conseguimento del diploma di specializzazione, coloro che, al momento dell'entrata in vigore della presente legge, risultino iscritti ad un corso di specializzazione almeno triennale in psicologia o in uno dei suoi rami, e che documentino altresì di avere svolto, per almeno un anno, attività che forma oggetto della professione di psicologo. Articolo 35. Riconoscimento dell'attività psicoterapeutica. 1. In deroga a quanto previsto dall'articolo 3, l'esercizio dell'attività psicoterapeutica è consentito a coloro i quali o iscritti all'ordine degli psicologi o medici iscritti all'ordine dei medici e degli odontoiatri, laureati da almeno cinque anni, dichiarino, sotto la propria responsabilità, di aver acquisita una specifica formazione professionale in psicoterapia, documentandone il curriculum formativo con l'indicazione delle sedi, dei tempi e della durata, nonché il curriculum scientifico e professionale, documentando la preminenza e la continuità dell'esercizio della professione psicoterapeutica (2/cost).
2. E' compito degli ordini stabilire la validità di detta certificazione. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono applicabili fino al compimento del quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge. Articolo 36. Copertura finanziaria. 1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 31, 32 e 33 si fa fronte a carico degli appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia. Note (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 febbraio 1989, n. 46, S.O. (2) Con D.M. 12 ottobre 1992 (Gazz. Uff. 29 ottobre 1992, n. 255), modificato dal D.M. 17 marzo 1994 (Gazz. Uff. 22 marzo 1994, n. 67), sono state stabilite le modalità per la presentazione delle domande di riconoscimento all'esercizio dell'attività psicoterapeutica. (2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 20-27 luglio 1995, n. 412 (Gazz. Uff. 23 agosto 1995, n. 35, Serie speciale) ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 35, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 3, 35 e 32 della Costituzione.
Le 10 regole d'oro consigliate dall'Ordine Nazionale degli Psicologi per un rapporto chiaro e sereno tra professionista e paziente
- Lo psicologo non prescrive farmaci e fa psicoterapia solo se è specializzato.
- Verificate all'interno della pagina internet dell'ordine regionale se avete dubbi sulla specializzazione dello psicologo (es. https://ordinepsicologilazio.it/albo)
- Chiedetegli quale tipo di psicoterapia intende applicare con voi.
- E' vostro diritto conoscere la durata approssimativa della terapia,
costo delle sedute, regole del rapporto terapeutico. - E' vostro diritto interrompere la terapia se non da' risultati.
- Lo psicologo è obbligato al più assoluto segreto professionale.
- Con lo psicoterapeuta non si fa amicizia, non si fa psicoterapia con gli amici.
- Lo psicologo non propone al suo paziente affari economici.
- Lo psicologo non accetta compensi al di fuori di quelli pattuiti.
- Chi richiede al servizio pubblico lo psicologo può rifiutare colloqui preliminari con psichiatri o assistenti sociali
La formazione di base minima per accedere all'Albo é stabilita per legge, ed è attualmente di due tipi:
- Laurea Specialistica (“Classe universitaria 58/S”) di 5 anni, al termine della quale si accede alla sezione A dell'Albo e si è quindi “Psicologi” a tutti gli effetti;
- Laurea triennale (“Classe universitaria 34” ) al termine della quale si accede alla sezione B dell'Albo con la qualifica di “Dottore in tecniche psicologiche” e competenze ridotte rispetto a quelle dello Psicologo.
In particolare, quindi, per definirsi oggi PSICOLOGI occorrono: una laurea da conseguire in 5 anni di studio presso un Ateneo italiano, un successivo anno di tirocinio e il superamento dell'Esame di Stato.
La legge di riferimento per la Psicologia in Italia (L.56/89) prevede anche l'iscrizione all'OrdineProfessionale, che funge da garante per il corretto comportamento tecnico e deontologico del singolo Iscritto all'Albo. L'Ordine degli Psicologi é pertanto teso a difendere gli interessi dell'utenza ed a garantire la qualità del lavoro del professionista, anche attraverso il suo Codice Deontologico che si ispira ai seguenti "principi fondamentali":
• Rispetto dei diritti fondamentali della persona, della sua autonomia e della sua dignità, come sancito dalla "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" e dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia;
• Responsabilità individuale, professionale e sociale dello Psicologo;
• Integrità, onestà, probità a livello individuale e professionale;
• Autonomia ed identità professionale;
• Competenza (intesa sia come conoscenze delle tecniche sia come "consapevolezza" delle proprie capacità e dei propri limiti);
• Promozione attiva del benessere individuale e sociale (tutto ciò a tutela complessiva dell'utente, del committente, del gruppo professionale e del singolo professionista).
Lo Psicologo collabora con altre figure professionali: in particolare con
il medico di base,
il pediatra,
lo psichiatra,
il dietologo,
ma anche con altri professionisti come ad esempio
il giudice,
l'avvocato,
l'insegnante,
l'assistente sociale,
l'educatore professionale.