RICONOSCERE LE FOBIE
L’origine del termine può aiutarci a dare una definizione: in greco “phobos” significa panico, terrore, fuga. La fobia è infatti una paura intensa, sproporzionata e specifica nei confronti di un oggetto, di un animale, di una situazione, di un evento sociale e naturale il cui contatto determina un’acuta reazione d’angoscia e conseguente fuga. Chi ne soffre tende ad utilizzare strategie difensive, tra cui i comportamenti di evitamento volti ad eludere il contatto con l’oggetto fobico, e l’uso di oggetti controfobici, cui viene attribuito il potere di mandare via l’angoscia determinata dall’oggetto. Il fobico riconosce che la sua paura è sproporzionata, perché la maggior parte delle persone di fronte allo stesso stimolo prova indifferenza o al massimo un modesto grado di apprensione. Tuttavia tale analisi razionale non consente di esercitare un controllo volontario sulla fobia e sui sintomi determinati dal sistema nervoso autonomo quando si è esposti allo stimolo. Quanti tipi di fobia esistono? La risposta è: tante quanti sono gli oggetti o gli eventi che possono determinare una paura spropositata. Genericamente i contenuti riguardano il pericolo fisico e le difficoltà interpersonali in situazioni sociali, che possono presentarsi insieme o separatamente.
CARATTERISTICHE DELLE FOBIE
- Paura marcata, persistente e irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o situazione specifici.
- L’esposizione allo stimolo fobico provoca quasi invariabilmente una risposta ansiosa immediata, che può prendere forma di un attacco di panico, legato a o predisposto da una situazione.
- La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole.
- La situazione fobica è evitata oppure sopportata con ansia e disagio intensi.
- L’evitamento, l’ansia anticipatoria o il disagio nella situazione temuta interferiscono in modo significativo con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo o scolastico, con le attività sociali o le relazioni con gli altri oppure è presente un disagio marcato per il fatto di avere la fobia.
- Nei soggetti con meno di 18 anni la durata è di almeno sei mesi.
- Si esclude la presenza di un altro disturbo mentale
Il manuale invita a specificare se essa è generalizzata, cioè se riguarda la maggior parte delle situazioni sociali. Vediamo alcune delle fobie specifiche più comuni:
- Ailurofobia: fobia dei gatti
- Aracnofobia: fobia dei ragni
- Cinofobia: fobia dei cani
- Entomofobia: fobia degli insetti
- Ofidiofobia: fobia dei serpenti
- Acrofobia: fobia dell’altitudine
- Amatatofobia: fobia della polvere
- Frigofobia: fobia dell’acqua fredda
- Cheraunofobia: fobia dei tuoni
- Nottofobia: fobia della notte
- Fonofobia: fobia dei forti rumori
- Fotofobia: fobia della luce
- Pirofobia: fobia del fuoco
- Emofobia: fobia del sangue
- Odinofobia: fobia del dolore
- Poinefobia: fobia delle punizioni
- Apeirofobia: fobia dell’infinito
- Claustrofobia: fobia degli spazi chiusi
- Ginofobia: fobia delle donne
- Omofobia: fobia degli omosessuali
- Logofobia: fobia delle parole
CAUSE DELLE FOBIE
Solitamente due tipi di situazioni favoriscono l’insorgenza di fobie. Una possibile origine è traumatica: un’esperienza negativa con un determinato oggetto può influenzare l’atteggiamento successivo. La fobia insorge nei confronti dell’oggetto e di tutti quegli oggetti o situazioni che ricordano, anche solo vagamente o simbolicamente l’evento traumatico. L’altra origine è la fissazione: vi sono delle paure infantili e primordiali che si manifestano in tutti i bambini, senza essere considerati fenomeni patologici. Se però il bambino non ha modo di elaborare questi suoi timori, magari perché per propensione personale evita accuratamente determinati stimoli, o anche aiutato dai genitori in queste condotte di evitamento, rinforza il sintomo e lo mantiene, instaurando la fobia. Talvolta i genitori presentano delle eccessive reazioni di allarme rispetto a determinate situazioni, cosicché il bambino apprende ad averne paura. La situazione esce fuori dalla normalità quando il l’adattamento del bambino e la sua capacità di crescita sono compromesse. Occorre considerare qual è la probabilità di incontrare lo stimolo fobico: se è molto difficile incontrarlo di solito non ci sono grandi problemi (serpenti, ragni, topi), se però deve essere affrontato per poter svolgere le proprie attività quotidiane, allora compromette il funzionamento della persona (chi ha paura degli spazi aperti o di quelli chiusi, ha difficoltà a mantenere una normale attività lavorativa e sociale; il bambino che ha la fobia della scuola, presenta una compromissione grave della sua possibilità di crescita). Le fobie sociali spesso si sviluppano quando i genitori mettono a confronto il figlio con le presunte qualità di altri fratelli o di altri ragazzi con l’intenzione di stimolarlo a far meglio. Spesso invece si determina un senso di inadeguatezza a contatto con gli altri o per la competenza o per l’aspetto fisico. Se le situazioni di confronto vengono sistematicamente evitate, si potrà sviluppare la paura di parlare in pubblico per il timore di venire giudicato, oppure la fobia per le figure d’autorità per il timore del rimprovero, o ancora la fobia per il contatto con una persona di sesso diverso per timore del rifiuto.
COME AFFRONTARE LE FOBIE E IL DISAGIO PSICOLOGICO DERIVANTE
Per affrontare il disagio è necessario prima essere in grado di riconoscerlo. Tutti possono soffrire di paure temporanee e passeggere. Le fobie si distinguono dalle semplici paure perché sono irrazionali, incontrollabili, persistenti, non scompaiono di fronte alla verifica della realtà e sono altamente sproporzionate rispetto alla reale minaccia esterna. Non sempre una paura determina un fobia: pochissime persone giungono a consultare uno specialista. Il criterio che si consiglia di adottare è il seguente: se la fobia è nei confronti di un oggetto o una situazione che non si incontrano frequentemente nella propria vita quotidiana, non dovrebbe interferire con il proprio funzionamento e quindi è tollerabile. Nel momento in cui la fobia riguarda un oggetto o situazioni comuni che occorre necessariamente affrontare per poter condurre una vita normale, è chiaro che il funzionamento della persona risulta compromesso ed è bene rivolgersi ad uno specialista, anche perché l’evitamento prolungato conduce ad un pericoloso circolo vizioso che può provocare sintomi depressivi. Anche i familiari prestino attenzione a questa distinzione semplice ma fondamentale e non si limitino a rimproverare i loro cari per l’irrazionalità della loro paura, giacché abbiamo già sottolineato che il riconoscimento dell’irragionevolezza non è motivo sufficiente per liberarsi dalla fobia. Intanto prendere consapevolezza della fobia è già un passo importante; in secondo luogo comprendere che se non si è in grado di liberarsene da soli non è debolezza.
FOBIE E PSICOTERAPIA
Un tempo le fobie venivano affrontate con lunghe psicoterapie volte a scavare nel passato del paziente per trovare eventuali eventi traumatici o fobie infantili non elaborate adeguatamente. Questo può essere sempre utile, ma attualmente si tende a privilegiare approcci più brevi e focalizzati sul problema: in tal modo una fobia semplice viene mediamente superata in 10 sedute, mentre una fobia multipla non richiede più di 20 sedute. Il nucleo di questo tipo di terapie è il seguente: noi apprendiamo ad avere paura di certi oggetti e situazioni, e tendiamo a riproporre sempre gli stessi schemi di reazione disfunzionali (un insieme organizzato di credenze e di aspettative, comportamenti e risposte fisiologiche automatiche) ogni qualvolta dobbiamo affrontarli. E’ propria l’associazione prolungata di questi schemi con lo stimolo fobico che determina il loro consolidamento e quindi l’evitamento dello stimolo in un circolo che si autoalimenta. Ciò che si evita non è tanto l’oggetto, quanto invece quelle reazioni così sgradevoli: è la classica paura della paura. La psicoterapia interviene sui processi psico-fisiologici che mantengono la fobia nel qui ed ora, cercando di interrompere il circolo vizioso che alimenta il problema e che tende a cronicizzarlo, ristrutturando quegli schemi disfunzionali, ovvero modificando le credenze e le aspettative negative, sostituendole con altre più positive ed agendo conseguentemente anche sul piano delle risposte comportamentali e fisiologiche associate allo stimolo fobico.
TERAPIA FARMACOLOGICA A SUPPORTO DELLE FOBIE
Accanto ad un percorso psicoterapeutico lo specialista medico può ritenere opportuno affiancare un trattamento farmacologico. Appaiono efficaci diverse classi di farmaci. I vecchi antidepressivi IMAO, gli antidepressivi di nuova generazione e le benzodiazepine (ansiolitici). In questo momento si preferiscono gli antidepressivi di nuova generazione perché più sicuri; tra questi l’unico farmaco su cui si abbiano risultati certi è la paroxetina (Seroxat), anche se altri studi testimonierebbero anche l’efficacia di sertralina (Zoloft) e fluvoxamina (Dumirox, Maveral). Molto efficaci sembrano essere due farmaci appartenenti alla categoria degli antidepressivi IMAO: la tranilcipromina (Parnate, Parmodalin) e la fenelzina (Nardil). Questo ultimo tipo di farmaci hanno però delle interazioni pericolose con alcuni alimenti e possono provocare ipertensione, quindi si tende a non prescriverli. A prescindere dal tipo prescelto, in questi casi il farmaco ha effetti sul breve periodo rispetto alla psicoterapia, più efficace nel lungo periodo; inoltre la sospensione del farmaco determina nuovamente la comparsa di sintomi, mentre la psicoterapia si è mostrata efficace nel prevenire le ricadute. In conclusione, nel caso delle fobie il farmaco può essere un aiuto in alcuni casi, ma deve essere sempre accompagnato da una psicoterapia.
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